Il diritto di cambiare opinione ogni volta che è necessario

Il diritto di cambiare opinione ogni volta che è necessario

Il diritto di cambiare opinione ogni volta che è necessario

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martedì 28 Gennaio 2014 - 07:56

Per fortuna cambiamo sempre, un pezzetto alla volta, le nostre teorie sul mondo, a volte accomodandole, a volte abbandonandole del tutto, sostituendole con altre più utili, in grado di spiegarci meglio la complessità della realtà. Questo è il motivo per cui abbiamo il dovere, non solo il diritto, di cambiare idea ed è anche il motivo per cui anche le nuove teorie che ci sembrano funzionare meglio, devono essere abbracciate con cautela: anche esse saranno accomodate e poi sostituite, via via che diventiamo più capaci di leggere la realtà nella sua complessità. Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it.

Errare è umano. Non solo è lecito, ma è pure utile. Ci fa scoprire nuovi punti di vista, nuovi elementi della realtà che non avevamo considerato prima.
Se siamo capaci di far tesoro di quello che la vita ci insegna, soprattutto attraverso i nostri errori, cambieremo il modo che abbiamo di guardare al mondo.
Piaget descrive l’apprendimento come basato su due processi, assimilazione ed accomodamento: i nuovi elementi di conoscenza che man mano acquisiamo, se coerenti, vengono assimilati alla nostra teoria su quel particolare fenomeno. Quando questi elementi sono troppi e troppo significativi, ma discordano con la nostra teoria, questa non è più in grado di contenerli, di spiegarli, allora “aggiustiamo” la teoria, la modifichiamo quel tanto che basta a spiegare le nuove cose che sappiamo sul mondo.
Quando però la nostra teoria fa acqua da tutte le parti, non ci convince più, non ci è più utile a capire come va quel pezzetto di mondo che dovrebbe spiegare, quando genera più dubbi di quelli che dissipa, allora la abbandoniamo e ne cerchiamo una più utile. Cambiamo idea, appunto.
Facciamo un esempio , il nostro nipotino seienne ha una sua, solidissima, teoria natalizia: la settimana prima di Natale scrive la letterina a Babbo Natale e aspetta la sera della vigilia, quando un omone vestito di rosso scende dal camino portandogli proprio i regali richiesti.
A sette anni, scopre che Babbo Natale, andando a casa del suo amichetto, ha la barba nera e non ha la pancia. Assimila questi dati e accomoda la sua teoria: Babbo Natale è magico, quindi si fa più magro, e si sporca la barba perché il camino di casa del suo amichetto è troppo piccolo.
A otto anni nota che il nonno, casualmente, non c’è mai per condividere lo stupore dell’arrivo di Babbo Natale, allora assimila il dato e pensa che il nonno è proprio distratto per allontanarsi sempre proprio in quel momento.
A dieci nota che Babbo Natale ha un accento un po’ troppo siciliano per venire dal Polo Nord, ma non sa spiegarsi bene questo dato, non sa assimilarlo alle conoscenze che possiede. Inizia a dubitare della sua teoria. A undici, finalmente, nota che Babbo Natale ha un neo sulla guancia che è proprio uguale a quello del nonno, anche il timbro della voce è uguale. Gli tira giù la barba e scopre che chi gli porta i regali ogni anno non è Babbo Natale, ma suo nonno! La sua vecchia teoria Natalizia riceve il colpo di grazia: non è Babbo Natale a portargli i regali, ma il suo distratto nonnino. Quello originale ha troppo da fare, i regali li fa, ma per consegnarli si fa aiutare da nonni volenterosi. La “teoria natalizia” originaria è così accomodata in modo da accogliere tutti i vari pezzetti di informazione accumulati negli anni. Sarà così per sempre? Certo che no! Arriverà il momento in cui scoprirà che i regali li comprano i genitori e li danno al nonno, allora la teoria sarà del tutto abbandonata.
Per rimanere coerente con se stesso il nostro nipotino dovrebbe invecchiare, divenendo nonno a sua volta, credendo che Babbo Natale ogni anno fa il giro del mondo con la sua slitta elargendo i suoi doni.
Per fortuna cambiamo sempre, un pezzetto alla volta, le nostre teorie sul mondo, a volte accomodandole, a volte abbandonandole del tutto, sostituendole con altre più utili, in grado di spiegarci meglio la complessità della realtà.
Questo è il motivo per cui abbiamo il dovere, non solo il diritto, di cambiare idea ed è anche il motivo per cui anche le nuove teorie che ci sembrano funzionare meglio, devono essere abbracciate con cautela: anche esse saranno accomodate e poi sostituite, via via che diventiamo più capaci di leggere la realtà nella sua complessità.
Cambiamo idea ogni volta che è necessario e teniamoci pronti a cambiarla ancora e ancora: noi esseri umani funzioniamo così, cambiamo idea sulle cose e sulle persone, in continuazione.
L’unica cosa che possiamo fare è accettare la cosa e trarne il meglio di cui siamo capaci, con l’umile consapevolezza dell’utilità imperfetta e provvisoria di ogni idea.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

3 commenti

  1. Cosa ne pensano i Professori Cacciola, …Accorinti e Signorino?

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  2. Troppo facile e banale fare riferimento solo agli aspetti cognitivi validi per i bimbi, i nostri punti di vista ed opinioni e la difficolta’ a modificarli sopratutto se ci fanno avere problemi dipendono da fattori inconsci, i cosidetti complessi, ed hanno un grande peso le dinamiche sempre inconsce legate all’infanzia, ai traumi, ai meccanismi di difesa. Questo vale per la scelta del partner, dello studio, delle idee politiche e religiose o comunque valoriali. Non e’ importante cambiare idea ma decidere in modo consapevole, soppesando le motivazioni inconsce dietro ad ogni scelta o cambiamento di opinione, non siamoun p.c. Che aggiungendo parametri o vincoli modifica il risultato o utilizza la statistica per decidere. Basta conoscere un poco la coazione a ripetere di Freud o la teoria dei complessi di Jung per convincersene, se non si hanno troppe resistenze ad analizzarsi!!!!! Ritengo che il cambiamento sia piu’ legato alle teorie di Kuhn sul cambiamento per salti, o catastrofico come direbbe Bion, che di tipo popperiano quindi per implementazione e falsificazione.
    Rischiamo di pretendere che l’altro la pensi come noi perche’ i dati a disposizione soo uguali quindi il risultato cognitivo e’ uguale, o convincendosi che il cambiamento dipenda dalla convinzione razionale, una sorta di lavaggio del cervello.
    Non dimentichiamo che Beck, uno dei piu’ grandi psicologi cognitivi da’ sempre piu’ peso all’inconscio come riferito da Gabard un grande psichiatra americano

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  3. Caro Mario, mi dispiace tu abbia trovato facili e banali le mia parole, se però avrai avuto l’umiltà di leggerti qualche altro articolo, avrai visto che in queste settimane sto parlando di assertività, non sto cioè discutendo sulla maggiore o minore difficoltà o sull’opportunità di cambiare idea, ma semplicemente ribadendo che tutti abbiamo diritto a farlo, se lo vogliamo.
    Mi dispiace poi che tu abbia letto il tutto alla luce di preconcetti che vedono la psicologia cognitiva come era negli anni ’70, trascurando l’enorme strada fatta, soprattutto nel campo della psicoterapia: hai usato parole che io non ho usato per contraddire concetti che io non ho espresso e nemmeno condivido. Se poi vogliamo parlare di infanzia, traumi e processi non consapevoli, ti invito ad approfondire come il cognitivismo di terza generazione abbia fatto da terreno fertile per lo sviluppo della Schema Therapy e dell’EMDR, nonché della terapia sensomotoria: essi approcciano il dolore e la difficoltà a cambiare non solo prendendo in considerazione l’infanzia ed i traumi, ma anche considerando il correlato somatico di tutto ciò. Soprattutto la terapia sensomotoria riprende e corrobora con evidenze scientifiche intuizioni Janetiane preziosissime capaci di gettare luce chiarificatrice sulle dinamiche del trauma e della “coazione a ripetere”, tanto più preziose in quanto forniscono spunti di riflessione in grado in informare un efficace agire terapeutico, volto al cambiamento.
    Caro Mario, nella speranza di farti cambiare idea sul cognitivismo, vorrei poi farti notare che le terapie cognitive su citate sono, tra l’altro, le più efficaci sulla scorta di studi di efficacia evidence-based.
    La cosa bella delle terapie di matrice cognitiva, ed uno dei motivi per cui ho scelto di diventare una psicoterapeuta cognitivista, è l’umiltà del cognitivismo di riconoscere l’intrinseca fallibilità di ogni teoria umana, ma anche la sua utilità. L’umiltà intellettuale di riconoscere le fonti e gli autori dai quali si attinge per procedere nel sapere e nell’agire psicologico. Il coraggio di esplorare, corroborare ed utilizzare teorie che non necessariamente nascono nella propria “parrocchia”. Il continuo sforzo di migliorare.
    Non voglio farti cambiare idea, ma solo invitarti a considerare che il cognitivismo va ben oltre i luoghi comuni sullo Human Information Processing, e sperare che tu voglia prendere spunto da questa nostra discussione per considerare che se sempre più terapeuti e sempre più pazienti scelgono la terapia cognitiva, dei motivi ci saranno.
    Ti auguro di fare belle scoperte e che poi vorrai tornare qui a condividerle con noi: io sono sempre pronta a cambiare idea!

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