Una patologia da curare. Celebrata la giornata internazionale contro l’omofobia

Una patologia da curare. Celebrata la giornata internazionale contro l’omofobia

Una patologia da curare. Celebrata la giornata internazionale contro l’omofobia

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lunedì 20 Maggio 2013 - 09:51

Il 17 maggio non è la giornata a favore dell’omosessualità: l’omosessualità esiste e ciò è sufficiente a legittimarla. Il problema, la “patologia da curare” è l’atteggiamento di avversione che molti uomini e molte istituzioni religiose e culturali alimentano. Non L’omosessualità, ma l’omofobia. Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it

Il 17 Maggio 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità elimina l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Da allora, il 17 Maggio è il giorno in cui, in varie parti del mondo, si organizzano attività volte a favorire la riflessione sull’omofobia e sugli effetti da essa provocati: le discriminazioni e i pregiudizi che subiscono omosessuali e transessuali, i diritti che vengono loro negati.

Ad iniziare questo percorso, furono le ricerche della psicologa Evelyn Hooker. La Hooker ha somministrato dei test a gruppi di uomini omosessuali ed eterosessuali, chiedendo poi a esperti di discernere chi appartenesse all’uno o all’altro orientamento senza conoscere i soggetti. L’esperimento dimostrò inequivocabilmente che gli omosessuali non sono psicologicamente diversi rispetto al resto della popolazione: la cosiddetta scelta omosessuale, dunque, non andava considerata come derivante da una patologia, guarita la quale gli omosessuali avrebbero scelto l’eterosessualità. L’omosessualità non è una scelta, né una patologia. Si nasce omosessuali o eterosessuali o bisessuali. Come si nasce coi capelli biondi o castani. Punto e basta. Su questo non c’è altro da dire.
Il 17 Maggio, difatti non è la giornata a favore dell’omosessualità: l’omosessualità esiste e ciò è sufficiente a legittimarla. Il problema, la “patologia da curare” è l’atteggiamento di avversione che molti uomini e molte istituzioni religiose e culturali alimentano. Non L’omosessualità, ma l’omofobia.

Con il termine ‘omofobia’ si definisce l’avversione per gli omosessuali e l’omosessualità. Come il razzismo essa si manifesta con atteggiamenti negativi, insultanti e discriminatori che possono essere più o meno sottili e velati, ma possono anche arrivare alla violenza vera e propria. Omofobi non si nasce, si diventa. A causa dei condizionamenti culturali deleteri cui siamo sottoposti. I bambini non nascono omofobi. Ma possono diventarlo ben presto ed il pregiudizio può radicarsi con tale forza che persino alcune persone omosessuali divengono omofobe. Il dramma esistenziale che ne deriva è facilmente immaginabile.

L’omofobia è una scelta, per quanto inconsapevole. L’omofobia è irrispettosa della vita e dell’uomo. L’omofobia è una minaccia alla libertà ed alla felicità. Per questo l’omofobia può e deve essere combattuta. Come tutte le fobie, essa porta ad evitare e temere in maniera eccessiva qualcosa. L’evitare porta al non conoscere, all’ignoranza, che è la madre di tutte le intolleranze. La Storia ci insegna fin troppo bene a che punto possono condurre tali premesse.

Come si combatte l’omofobia? Attraverso la conoscenza, delle nozioni scientifiche necessarie, ma soprattutto delle persone omosessuali. E’ comprovato che i livelli di omofobia si riducono enormemente quando le persone omofobe conoscono una lesbica, un gay o un trans.

Apriamo le orecchie, ma soprattutto il cuore, usiamo l’ascolto empatico: ci vuole poco per scoprire che pregiudizi e stereotipi negativi non hanno nulla a che vedere con la realtà. Se per nostra fortuna non siamo omofobi, aiutiamo chi ancora lo è a guarire.

L’omofobia, come ogni paura, è una gabbia che ci costruiamo intorno coi mattoni dell’ignoranza. Apriamoci alla conoscenza della realtà per quella che è, in tutta la sua bellezza e complessità. Smetterà ben presto di farci paura. E saremo liberi, guariti.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

4 commenti

  1. “Il 17 maggio non è la giornata a favore dell’omosessualità: l’omosessualità esiste e ciò è sufficiente a legittimarla.”
    Esistono anche lo spaccio di droga, lo sfruttamento sessuale dei minori, la prostituzione, la delinquenza, il malaffare, la amministrazione truffaldina della cosa pubblica.
    Perchè non legittimiamo anche questi aspetti della nostra società, visto che nessuno può mettere in dubbio la loro esistenza?
    Giuseppe Vallèra

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  2. Alessandro Grussu 20 Maggio 2013 15:23

    E che c’entra? L’omosessualità non è mica un reato!

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  3. Fabio Costantino 20 Maggio 2013 20:46

    Cara collega, ho letto con interesse il tuo articolo e le tue osservazioni. Nelle tue parole ho letto una grande onesta’ intellettuale e il sincero tentativo di spiegare ai lettori il punto di vista della psicologia sulla questione. Dire pero’ che “l’omosessualità esiste e ciò e’ sufficiente a legittimarla” significa inserire l’omosessualità tra le cose o “buone”o “cattive”; l’omosessualità non e’ ne’ buona ne’ cattiva, ne’ malata ne’ sana, ne’ bella ne’ brutta. L’omosessualità e’ l’omosessualità e’ l’omosessualità e’ l’omosessualita’: punto e basta! Come l’amore e’ amore e’ amore:punto e basta!
    La nostra disciplina non ha una risposta per tutto e’ solo modo di vedere il mondo; la nostra prospettiva, talvolta, distorce i fenomeni, li sgualcisce, li consuma.
    Hillman scrive che ” la psicologia e’ un mito che non dovrebbe mai diventare un dogma”. Io credo che tutti dovremmo ritrovarci nelle sue parole. Cosa ne pensi?
    Con stima
    Fabio Costantino

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  4. Carissimi lettori, vi ringrazio per l’attenzione con la quale avete letto il mio articolo. Vedo che tutti i commenti si focalizzano sullo stesso punto e ciò mi fa comprendere che forse non ho saputo ben tradurre in parole il mio pensiero: ciò che intendevo dire è che l’intento della Giornata contro l’omofobia non è quello di legittimare l’omosessualità, la quale è legittimata già di per sè, essendo una di quelle caratteristiche naturali attraverso le quale si realizza la diversità che tanto rende prezioso il nostro mondo. L’omosessualità non è una scelta che si può cambiare e non lede i diritti e la dignità di nessuno (a differenza dello spaccio di droga o della violenza sui minori).Volevo essere provocatoria, non fare l’ennesima arringa in difesa dei diritti degli “omosessuali bistrattati” vittimizzandoli, poiché dal mio punto di vista, fare pietismo è subdola discriminazione. Volevo porre l’attenzione, anche in maniera un po’ enfatica, sull’omofobia che sì, è una scelta e lede la libertà e la dignità umane.
    Caro collega, hai ragione: la psicologia non dovrebbe essere mitizzata, usandola come scienza che tutto spiega e tutto risolve, non l’ho usata in questo senso e se ne ho dato l’impressione chiedo scusa. Nello scrivere questa rubrica, così come nell’esercitare la mia professione, ho il mio personale punto di vista sul mondo e trovo non solo legittimo, ma anche utile esplicitarlo. Come non esiste un giornalismo “oggettivo”, non esiste la pratica psicologica scevra dalla visione del mondo di chi la esercita. Penso che ci voglia il coraggio delle proprie azioni e dei propri pensieri: condanno l’omofobia e gli atteggiamenti discriminatori di ogni genere consapevoli e volontariamente praticati, ma soprattutto quotidianamente faccio notare a chi mi sta intorno (ed a me stessa) i piccoli atteggiamneti di ogni giorno che non hanno affatto l’aria di essere discriminatori, ma nei fatti lo sono. Affermando i miei valori ed il mio punto di vista, mi distacco da quel “relativismo psicologico” che vorrebbe noi professionisti della psiche sempre super partes. Credo invece nell’estrema importanza di incarnare anche nel nostro umile operato i valori più squisitamente umani del rispetto e della collaborazione reciproca. Credo nell’importanza di prendere posizioni decise contro tutto quello che tali valori minaccia. Sono preparata a riceve appunti per questo, ma sono grata a coloro che li muovono perché alimentano una discussione che è, a mio avviso, utilissima.

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