640 dipendenti, 50 mila euro in cassa: l’Atm è sull’orlo del baratro e rischia di trascinare con sé il Comune

640 dipendenti, 50 mila euro in cassa: l’Atm è sull’orlo del baratro e rischia di trascinare con sé il Comune

640 dipendenti, 50 mila euro in cassa: l’Atm è sull’orlo del baratro e rischia di trascinare con sé il Comune

mercoledì 19 Maggio 2010 - 08:55

Lo “sfogo” del commissario La Corte in commissione Bilancio: a ruota libera sulle difficoltà economiche, sull’organizzazione interna («il direttore generale sa di essere ormai al capolinea»), sugli ausiliari del traffico, sulla contabilità “ballerina”. Il dato: senza il risanamento dell’azienda, il bilancio del Comune non potrà essere approvato

«Ad oggi, l’azienda dispone di appena 50 mila euro». L’affermazione rilasciata da Cristofaro La Corte, commissario dell’Atm, alla commissione Bilancio del Comune una settimana fa, è disarmante. E sintetizza lo stato agonizzante delle casse dell’Atm. Un’agonia che potrebbe trascinare nel baratro l’intero bilancio comunale, che passa inevitabilmente dal risanamento economico dell’elefantiaca azienda di via La Farina. Durante la seduta della commissione dedicata all’Atm il commissario ha parlato a ruota libera, lanciando messaggi e chiarendo punti oscuri. Sul documento contabile ha spiegato:«non abbiamo ancora chiuso il bilancio, ma posso già affermare che si è proceduto a contenere, senza aggiungere ulteriori debiti». Secondo La Corte a pesare come un macigno sullo stato di salute dell’azienda è il mancato riconoscimento del chilometraggio del tram, circa 11 milioni di euro dal 2003 al 2009. Somma che, ha assicurato nei giorni scorsi il sindaco Giuseppe Buzzanca, la Regione si è impegnata a corrispondere, seppur gradualmente. «In concreto a tutt’oggi – ha però ribadito il commissario – non abbiamo ricevuto un euro dalla Regione per le percorrenze chilometriche. E nel frattempo i pignoramenti continuano ad arrivare e con i soldi dati dal Comune non è stato possibile portare avanti neanche una gestione corrente corretta». L’Atm ha chiesto perciò a Palazzo Zanca un contributo aggiunto nel bilancio di previsione del 2010 di 3 milioni e mezzo di euro, con l’avvertenza che se ciò non sarà possibile «nel bilancio 2010 sicuramente vi sarà una perdita di esercizio».

I DEBITI, SPADA DI DAMOCLE SUL CONSIGLIO COMUNALE

Il problema vero riguarda la situazione pregressa: dallo stato del patrimonio al 31 dicembre 2007 risulterebbe una perdita di più di 19 milioni di euro, compensata da crediti vantati dall’azienda ma non riconosciuti dal Comune perché non sono stati mai approvati i bilanci. Con le perdite del 2008 e del 2009, si arriva a quota 25 milioni di euro. «Non so quantificare esattamente il debito – ha tagliato corto il commissario dell’Atm – ma il Comune deve farsi compartecipe di ripianare nel tempo il debito pregresso. Finora è stato difficile trovare un istituto di credito che, rispetto alle possibilità offerte dall’azienda e dal Comune, si facesse garante di risanare il pregresso e di compartecipare negli investimenti. Si tenga presente, ad esempio, che non c’è ancora un contratto di servizio per quanto riguarda il tram». Il ragioniere generale del Comune Ferdinando Coglitore è estremamente chiaro: «I debiti purtroppo ci sono ed occorre che il consiglio comunale li avalli. La commissione dovrà esitare le delibere con le quali vengono riconosciuti i debiti, perché solo quando si avrà la certezza sull’ammontare degli stessi si potrà parlare di risanamento. Non si deve pensare a manovre a lungo termine, occorre trovare al più presto una soluzione approvando i consuntivi (dal 2004 ad oggi, ndr), elaborando un piano di rilancio che deve essere approvato dal consiglio comunale e provvedendo alla trasformazione in Spa».

UN’AZIENDA, UNA GIUNGLA

La Corte sintetizza così i problemi dell’Atm: «640 dipendenti, mancanza di professionalità, di organizzazione del lavoro e di investimenti, debito pregresso. Da anni è in carica lo stesso direttore generale? E’ vero, ma è pur vera la carenza di altre valide figure apicali. Certamente il direttore generale è consapevole di essere al capolinea della sua esperienza in azienda, perché ad un cambiamento radicale di gestione non potrà non accompagnarsi la sua sostituzione». L’Atm sta lavorando ad un piano industriale, «che non licenzi ma dia stabilità», ma in queste condizioni assomiglierebbe più al canto del cigno. Così si sfoga La Corte: «L’uscita degli autobus è stata sistematicamente boicottata adducendo la scusa della loro vetustà, l’officina non è masi stata in grado di ripararli e si è dovuto fare ricorso a ditte esterne. Per anni si è consentita un’organizzazione del lavoro assolutamente inefficiente ed oggi è in corso un contenzioso enorme, con 200 cause di lavoro di persone che da bigliettai sono diventati dirigenti, ma anche per errori commessi dai precedenti consigli di amministrazione». Ha rincarato la dose l’assessore alle Finanze Orazio Miloro: «All’Atm si è registrata una non indifferente “confusione contabile”, determinata ance da un cattivo dialogo tra la contabilità economia e quella finanziaria. Oggi ci troviamo a valutare l’Atm con gli stessi parametri di riferimento con i quali è stato immaginato il risanamento dell’Alitalia. La trasformazione in Spa va avviata ma contestualmente ad un piano di rilancio che dia certezze per il futuro».

«BISOGNA FAR LAVORARE QUESTI AUSILIARI DEL TRAFFICO»

Sono in molti a pensare che il vero declino dell’Atm sia coinciso con un passaggio: l’assunzione degli ausiliari del traffico. Una problematica, ha detto La Corte, «che non è stata sufficientemente approfondita. E quando si è pensato di utilizzarli come autisti per far fronte alle carenze di organico, il comandante della Polizia municipale ha detto che non possono essere toccati perché dipendono funzionalmente da lui». Ma i numeri sono numeri: secondo recenti analisi, per il servizio di verifica nella Ztl sarebbero sufficienti 30 persone, «e comunque – afferma La Corte – l’istituzione della zona a traffico limitato non ha portato niente all’Atm, perché non è stato mai dato il previsto 40 per cento e quello che si ricava non è sufficiente a coprire il costo del personale». Il commissario va oltre: «A titolo sperimentale avrei voluto mettere i distributori automatici dei biglietti ma è stato contestato fortemente dai sindacati, il quali sostengono che “bisogna far lavorare questi ausiliari del traffico”. E’ incivile – sostiene La Corte – che Messina non abbia i distributori dei titoli di viaggio, che incrementerebbero gli incassi almeno del 30 per cento». «Certamente – ha ribadito il ragioniere generale di Palazzo Zanca Coglitore – oggi non si possono mandare a casa gli ausiliari del traffico, ma si deve riconoscere che costituiscono un problema ed il Comune non può addossarsi l’onere di tutte le unità di personale attualmente in servizio nell’azienda, perché è già in difficoltà funzionarie».

“SOSPESI DI CASSA”

Uno dei punti più controversi di quella che Miloro ha definito «gestione allegra» dell’Atm riguarda la contabilità dell’azienda. Un punto che ha visto su posizioni diverse il commissario La Corte e il consulente interno, il ragioniere Gaetano Saia. Il quale, ha spiegato il commissario ai consiglieri comunali, sosterrebbe che la contabilità che applica l’Atm è illegittima, dovendosi applicare una contabilità finanziaria e non una contabilità economico-patrimoniale, quella che invece oggi l’Atm adotta e, ha detto chiaro e tondo La Corte, «continuerà ad adottare, come previsto espressamente dallo Statuto». Ci sono poi piccole “chicche”. Prima dell’arrivo di La Corte all’Atm era aperto un conto alla Banca Antonello da Messina che serviva da “scarico” per le spese correnti: un conto legittimo, ciò che non era legittimo era il fatto che le partite di giro non passassero da una contabilizzazione unica attraverso la tesoreria. Insomma, circolava contante in gran quantità, i cosiddetti “sospesi di cassa”, uscite già avvenute ma non registrate. Venendo con queste modalità effettuati pagamenti verso l’esterno, è diventato difficile, una volta chiuso da La Corte il conto alla Banca Antonello, contabilizzare tutti gli importi. «Non ci sono ammanchi – ha chiarito il commissario – ma solo “sospesi di cassa” da regolarizzare». Il punto è uno, La Corte l’ha ribadito ma già il direttore generale, in altre occasioni, lo aveva potuto “confessare”: «La ragioneria dell’azienda fa acqua da tutte le parti».

INTERNALIZZARE, MA COME?

«I guasti maggiori per l’azienda sono derivati da una volontà esclusiva di internalizzazione». La Corte ne è convinto e lo ha ripetuto alla commissione Bilancio. «Bisogna internalizzare, ma bisogna farlo se ci sono i presupposti per farlo». Vedi la manutenzione del tram: l’Atm ha disposto una delibera per internalizzare il servizio, mai applicata, prevedendo che la ditta Ventura si impegnasse allo svolgimento di una serie di corsi per formare il personale interno dell’azienda: in questo modo, calcoli alla mano, dal 1. luglio 2010 si sarebbe potuta alleggerire del 50 per cento la spesa che l’Atm sostiene per la manutenzione ordinaria del tram. «La ditta Ventura – ha confessato prosaico La Corte – alla quale non abbiamo dato una lira, si è tenuta a distanza». Il commissario ha spiegato che «non tutto si può internalizzare quando si parla di tram e di linea tranviaria, per la presenza di componenti perlopiù elettronici e per la manutenzione straordinaria, che richiedono personale altamente specializzato di cui l’azienda non è provvista». Il sunto di questa lunga analisi è una sensazione, ormai ampiamente diffusa a Palazzo Zanca e “concisa” in poche parole da Giorgio Muscolino dell’Udc: «Se l’Atm affonderà, sicuramente si porterà dietro il Comune di Messina».

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