Quella vocazione mariana dello Stretto

Quella vocazione mariana dello Stretto

Quella vocazione mariana dello Stretto

sabato 12 Settembre 2009 - 12:20

Messina e Reggio festeggiano insieme la Beata Vergine

E’ noto ai più che le due sponde dello Stretto possiedono caratteristiche proprie che le contraddistinguono, sotto certi aspetti, dalle rispettive regioni di appartenenza. Forse non a sproposito, dunque, si parla di regione dello Stretto per indicare una più vasta superficie con specifiche peculiarità – non solo dal punto di vista geologico, florofaunistico o climatico – ma anche da quello antropologico, culturale e religioso.

Proprio in questi giorni i festeggiamenti per la Madonna della Consolazione, a Reggio, vanno idealmente a ravvivare quel patrimonio comune fatto di quotidiani rapporti frontalieri, bellezze paesaggistiche, miti e tradizioni, anche religiose.

Su questi lidi, d’altra parte, agli albori del cristianesimo, sbarca S. Paolo per divulgare la Buona Novella e gettare le basi per la forte devozione delle due città. In età medioevale S. Francesco da Paola attraversa lo Stretto trasportato miracolosamente sul suo mantello. Curiosando poi nelle tradizioni popolari, si scopre che gli abitanti di Ganzirri, sulla riviera messinese, conservano da tempo immemore un particolare culto per la Madonna di Polsi, il cui santuario si trova in una verdeggiante vallata dell’Aspromonte. L’origine di tale adorazione và probabilmente rinvenuta nell’antica solidarietà tra i marinai dello Stretto, che trovava motivo di consolidamento nella vicinanza delle due terre e nella pericolosità che un tempo non lontano caratterizzava la navigazione in questo tratto di mare.

A Messina, città mariana per eccellenza, è la Madonna delle Lettera ad essere la Celeste Patrona. Tradizione vuole che verso l’anno 42 San Paolo, allorquando si trovava nella vicina Reggio, venne a Messina sbarcando sulla costa di Giampilieri in un luogo tuttora noto come “Cala S. Paolo” o “S. Paolo di Briga” e dove, ancor oggi, si conserva la pietra sulla quale egli si alzò per predicare. A Messina restò per breve tempo convertendo molte persone e nominando il primo Vescovo della chiesa peloritana, tale Bacchilo, uomo colto e pio che viveva già in fama di santo. I messinesi tuttavia, mossi dalla fede, chiesero a S. Paolo di poter tornare con lui in Palestina per visitare così i luoghi santi e poter conoscere la Madre di Gesù, all’epoca ancora in vita. San Paolo acconsentì alla richiesta e una delegazione della città dello Stretto partì alla volta dell’oriente. La memoria popolare ci ha tramandato i nomi di alcuni dei componenti della spedizione: Geronimo Origgiano, Marcello Benefacite, Centurione Mulè e Brizio Ottavia. L’ambasceria raggiunse presto la Madonna in terra santa, ove Ella la omaggiò di un chirografo legato con un suo capello. La lettera terminava con quei versi che, riportati alla base delle stele votiva del porto, ne sancivano l’eterno legame con la città: “…avendo voi conosciuta la via della verità per mezzo della predicazione di Paolo apostolo eletto, per la qual cosa benediciamo voi e la vostra stessa città, della quale noi vogliamo essere perpetua protettrice”.

A Reggio il culto della Madonna della Consolazione affianca quello altrettanto sentito del Patrono S. Giorgio. Il secondo sabato di settembre, con una coinvolgente processione che parte dalla Basilica dell’Eremo nella parte alta della città e giunge fino al Duomo, viene portata a spalla dai fedeli una “Vara” sulla quale è posto un quadro della Madonna dipinto nel 1547 da Nicolò Andrea Capriolo. Il quadro raffigura la Vergine in trono che sorregge Gesù Bambino tra S. Francesco da un lato, con in mano la croce e il libro delle Regole, e S. Antonio di Padova con in mano il giglio e il libro della Scienza Teologica, in alto due angeli incoronano la Madonna con in mano una palma. La “Vara” su cui è posto il quadro è un’opera in argento sbalzato su anima di legno eseguita tra il 1824 e il 1831.

Durante tutto l’anno la “Vara” è custodita nella sopracitata Basilica dell’Eremo, custodita dai frati cappuccini, mentre il quadro è inserito in una pala d’altare in bronzo dorato eseguita dallo scultore Alessandro Monteleone nel 1964. L’antico tempio, crollato nel disastroso terremoto del 1908, è stato ricostruito nell’attuale forma in epoca moderna e inaugurato il 30 luglio del 1965.

Secondo la tradizione, nel 1577, il dipinto parlò ad un fraticello all’Eremo per annunciargli la fine della pestilenza che in quel periodo affliggeva Reggio. L’opera fu dunque portata in Cattedrale, ma poco dopo riapparve nuovamente all’Eremo. I reggini interpretarono questo fatto come la volontà ineluttabile della Madonna di avere in quel luogo la sua dimora e ivi costruirono il suo tempio.

Sono tramandati altri interventi della Madonna a protezione di Reggio Calabria: durante l’assedio dei Turchi nel 1594; durante la pestilenza del 1636, anno in cui ebbe luogo la prima processione; durante il terremoto del 1638, del 1693 e durante la carestia del 1672. Il 24 maggio del 1657, in particolare, la città di Reggio si impegnò solennemente ad offrire ogni anno un cero votivo il primo sabato successivo all’otto settembre di ogni anno. La notte prima della processione, inoltre, i fedeli si riuniscono all’Eremo per una veglia, mentre in piazza i portatori della “Vara” si intrattengono suonando e ballando la caratteristica tarantella in attesa del corteo che porterà la Sacra effige fino al Duomo. Il martedì seguente, dopo un’ulteriore processione per il centro cittadino, i festeggiamenti della “Festa i’ Marònna” vengono chiusi dai giochi pirotecnici.

E così, se il 15 agosto Messina ha gridato forte “Viva Maria!”, in questi giorni Reggio risponde con altrettanta passione con un unico grande coro che si alza dallo Stretto.

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Diego Buda e Carlo Ziino

Photo by Saverio Autellitano

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