La testimonianza. “La mia vita per una corsa in moto-

La testimonianza. “La mia vita per una corsa in moto-

Redazione

La testimonianza. “La mia vita per una corsa in moto-

giovedì 08 Maggio 2008 - 10:23

Un toccante commento lasciato al nostro sito diventa spunto di riflessione per chi si interroga sul perché delle morti sulla strada

La città è ancora sotto choc per la morte di Pietro Caprì, 18 anni appena, e del marocchino Hassan Ech Charqaouy, età diversa (45) ma medesima sorte.

Due incidenti stradali che si sommano ai già troppi avvenuti e che, come sempre accade in questi casi, lasciano sgomenti familiari ed amici, mentre la comunità intera si domanda il perché di simili tragedie.

Ce lo ha spiegato Fabio che, all’indomani della morte del diciottenne ha voluto lasciare una toccante testimonianza sul nostro sito. Abbiamo pensato di riproporla con tutta la forza e la drammaticità che trapelano da un pezzo di vita vissuta da chi, giovane tra i giovani, sa che troppo spesso il gusto per le sfide si paga a caro prezzo.

“E’ veramente crudele ed ingiusto morire nel fiore degli anni per una banale corsa. E ci risiamo, la causa è sempre la velocità.

Ai genitori di questo giovane scomparso e strappato loro da un destino crudele, mando le mie più sincere condoglianze associandomi al loro dolore.

Chi scrive è uno che ha vissuto tale tragedia all’età di 19 anni. Ero seduto dietro, in sella ad una moto coinvolta in un incidente nel quale rimase vittima il mio amico di 24 anni. Io mi sono ritrovato tra la vita e la morte, ero in coma, e se oggi sono qua debbo ringraziare Iddio, il destino, la vita.

Si dice che il peggio ce l’ha sempre quello seduto dietro; questa volta il destino è stato diverso. Ricordo quel giorno come se fosse ieri, ricordo che dicevo al mio amico di non correre, ed avevo la sensazione che quel giorno non sarei tornato a casa ma sarei finito in ospedale.

Ma la cosa che mi faceva ancor più rabbrividire quel giorno è, che avevo una seconda terribile sensazione, ovvero che l’amico mio quel giorno sarebbe morto.

Vedevo le auto che sorpassavamo come se stessero andando all’indietro, e continuavo a ripetere ad Antonio di non correre.

Giunti a Cumia superiore ci siamo fermati e gli dissi che non avesse smesso di guidare in quel modo non sarei più salito sulla moto. Ero attanagliato da quella sensazione che si faceva sempre più forte.

Rimasi impietrito ed agghiacciato, quando Antonio mi disse che aveva un brutto presentimento, ossia quello che sarebbe morto quel giorno. Mi raccontò un episodio avvenuto pochi giorni prima, quando una ragazza, leggendogli la mano, gli disse che lui sarebbe morto a 24 anni a causa di un incidente stradale.

Sulla via del ritorno Antonio smise di correre e finalmente, mentre ci avvicinavamo a casa, potei gustare la nostra passeggiata in moto.

Ed ecco che ad un certo punto, a pochi chilometri da casa, Antonio disse “aspetta, vado al tabacchino per comprare le sigarette e poi giriamo di nuovo verso casa-.

Ed ecco ritornare la sensazione, quell’orribile sensazione che mi faceva stare in ansia.

Antonio tornò dal tabacchino e salì sulla moto, mentre io, considerata questa sensazione, guardavo sempre la strada e mi tenevo forte al sellino della moto Suzuki 550.

Antonio si rivolse a me dicendomi che la moto era in grado di raggiungere i 90 km orari con la prima marcia e, proseguendo, mi spiegò che gliela aveva prestata un amico per provarla. Stava, infatti, pensando di acquistarla anche lui.

Detto questo accelerò e, considerata la velocità, mi tenni forte ai passamani del sellino della moto. Osservai il contachilometri che indicava 140: eravamo sulla Via Cesare Battisti!

Alzai gli occhi dal contachilometri e davanti a noi c’era una lambretta (porta bombole) al centro della carreggiata che guardava dal lato contrario rispetto al punto da dove noi stavamo arrivando, direzione sud-nord.

In quell’attimo o decimi di secondo pensai a cosa avrebbe potuto fare costui nel vederci arrivare. L’impatto era ormai inevitabile, perché la Lambretta si trovava al centro della carreggiata ed Antonio andava troppo veloce per potere sterzare oppure frenare.

A quel punto capii subito che era inevitabile l’ incidente, tolsi la mano sinistra dal ferro della moto con cui mi tenevo, e con il braccio e con tutta la forza che potei mettere strinsi il giro vita di Antonio, mentre con la mano destra feci ancora più forza per tenermi dal sellino della motocicletta.

Questo, ovviamente, è successo tutto in una frazione di secondo. A quel punto vidi il viso del conducente della lambretta porta/bombole, girarsi e con l’espressione che tutti possiamo immaginare.

Poi l’impatto: vidi il buio più totale non udii più niente, era come un sogno. Mi vedevo trascinato dietro e non potevo fermarmi e non capivo come mai strisciavo all’indietro. Così con i palmi delle mani cercavo di arrestare questa corsa ma senza riuscirci.

Poi mi vidi passare davanti le due ore di moto fatte con Antonio, fotogramma per fotogramma come se le stessi rivivendo, attimo per attimo, ben chiare e nitide.

Finito questo, mi trovai a terra e pensai subito che stavo per morire; la prima cosa che pensai (lo ricordo con assoluta certezza) fu: non è giusto morire a questa età, che peccato!

Poi pensai subito a mia madre a casa che mi aspettava ed alla quale sarebbe arrivata la notizia della mia morte. La immaginavo davanti ai fornelli intenta come al solito a cucinare, ed ho proseguito dicendo poverina mia madre, poverina mia madre.

Della mia morte non mi interessava più perché mi resi conto che non c’era più niente da fare e la accettai subito.

E fu così che vidi fuori dal corpo e successivamente mi accorsi delle persone disposte a cerchio che brontolavano e guardavano qualcosa.

Dissi fra me e me, cosa fanno quelle persone messe là? Cosa è successo? Così andai a vedere.

Qualcosa di strano mi attrasse verso il corpo, ed ecco che avvertii la testa, che non riuscivo a sollevare dall’asfalto, tutta bagnata.

Aprì gli occhi e mi resi conto che la persona in questione ero io. Sentì le voci, ed in particolare quella della mia professoressa che si trovava lì e che mi chiamava per nome dicendomi di non alzarmi in attesa dell’ambulanza. Poi le sirene e l’ospedale.

Per Antonio, purtroppo, non ci fu niente da fare. Spirò in ambulanza.

Della sua morte venni a conoscenza solo dopo un mese e mezzo; me lo avevano nascosto tutti perché si riteneva che una emozione così forte avrebbe potuto compromettere le mie già critiche condizioni di salute.

Sempre successivamente scoprì anche che il giorno dell’incidente, una volta informata del fatto che solo un miracolo avrebbe potuto salvarmi, mia madre svenne al pronto soccorso

I genitori di Antonio erano affranti dal dolore, non ci sono parole che possano colmare il vuoto lasciato da un ragazzo come lui.

Antonio nell’impatto schizzò via dal sellino della moto battendo violentemente la testa contro un palo di luce posto a 50 metri. Quando si dice il destino…

E pensare che i testimoni hanno riferito che Antonio, dopo l’impatto, riuscì pure a rialzarsi. Ma poi si accasciò…per sempre.

Un signore, che quel giorno era fermo in una traversa, sentì un forte boato, ed a seguito di questo grande rumore si girò vedendo Antonio schizzare dal sellino e battere la testa.

Lo stesso signore, mi raccontò dopo, che ringrazia Iddio per avergli dato l’altezza di 1.65, perché la bombola che era dietro la lambretta contro la quale abbiamo impattato gli ha sfiorato i capelli; pertanto, se fosse stato appena un poco più alto, quel giorno ci sarebbe stato un morto in più.

Con quest’ultimo episodio non voglio affatto ironizzare, ma evidenziare che si può credere al destino, ma la causa di tali tragedie è sempre la velocità.

Un abbraccio di conforto ai genitori di questo ragazzo che improvvisamente è venuto a mancare. Posso dirvi che la vita oltre la vita esiste.

Vostro figlio vi è accanto. Potrei raccontare altri episodi del fatidico mio incidente. La vita oltre la morte c’è, ed esiste anche Dio-.

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