I fatti del 2014 e "quell'insostenibile leggerezza dell'essere" che li tiene sospesi

I fatti del 2014 e “quell’insostenibile leggerezza dell’essere” che li tiene sospesi

Rosaria Brancato

I fatti del 2014 e “quell’insostenibile leggerezza dell’essere” che li tiene sospesi

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mercoledì 31 Dicembre 2014 - 13:50

Nel 2014 ogni evento, ogni fatto ha avuto un inizio e mai una fine. Solo vicende "sospese" senza una conclusione vicina, dai ricorsi per le amministrative all'attracco di Tremestieri passando per Metromare.

Avrei dovuto scrivere gli eventi politici del 2014, quello che in gergo strettissimo chiamiamo “polpettone di fine anno” ma mentre cercavo di ripassare i fatti più significativi un dato è emerso chiaro: la precarietà degli avvenimenti. E’ come se gli eventi di questo 2014 siano rimasti, per usare un simbolismo, “tra parentesi”, nel senso che non sono bastati 365 giorni per scrivere la parola fine e saremo invece costretti a parlarne per tutto il 2015. I tempi in riva allo Stretto sono biblici e anche le cose più semplici si aggrovigliano. Non c’è qualcosa che si sia conclusa nel giro dei 12 mesi, un fatto compiuto, un fatto al quale mettere un punto, un capitolo chiuso, tranne, ovviamente le Europee di maggio che non sono comunque fatti che riguardano strettamente la nostra città.

Prendiamo ad esempio la vicenda ricorsi alle amministrative 2013, quella spada di Damocle che interessa sia chi le ha vinte sia chi le ha perse, perché l’incertezza, il non sapere come finirà comunque influenza ogni decisione. A gennaio il Tar ha rigettato i due ricorsi dichiarandoli inammissibili. I ricorrenti a febbraio presentano appello. L’udienza si è tenuta a fine maggio, ma il Cga se la prende comodissima e solo 6 mesi dopo arriva una sentenza che però, per motivi inspiegabili, riguarda solo uno dei due ricorsi che fino a quel momento avevano camminato insieme. Così il Cga rigetta uno dei due ricorsi gemelli, confermando la tesi del Tar e lasciando quindi Accorinti saldo nella poltrona di sindaco, ma trattiene in decisione il secondo ricorso. A fine dicembre il secondo ricorso, quello presentato da Eleonora Falduto e uguale nei contenuti e nel percorso seguito dal primo non è andato ancora a sentenza. Questa vicenda in 365 giorni non ha visto la parola fine, è un caso sospeso “tra parentesi” e che, comunque la si voglia vedere, lascia tra parentesi anche la gestione amministrativa della città che non merita un tale comportamento da parte di un organo giuridico le cui decisioni avranno ripercussioni e conseguenze sul destino del territorio.

Stessa “precarietà” per ex Metromare, il servizio di collegamento veloce tra le due sponde che nel gennaio 2014 è in regime di proroga ed oggi, un anno dopo è ancora in proroga, sebbene non sia la stessa identica proroga, ma semplicemente l’ennesima. Anche per Metromare vale il principio della “precarietà” dei fatti per i quali non riusciamo a dare una conclusione, un evento certo e definitivo. Anzi da gennaio a dicembre si è pure registrato un peggioramento delle condizioni di lavoro e di servizio, soppresso nei week end e la sera, così che in certe fasce lo Stretto diventa “Immenso” per chi vuol attraversarlo. Forse nel 2015 avremo un nuovo bando, forse Rfi presenterà quel progetto che avrebbe dovuto illustrare a fine novembre per garantire la continuità territoriale. L’unica buona notizia è che dal 1 gennaio 2015 per Bluferries ed Ustica Lines ci sarà una nuova proroga, esattamente come accaduto un anno prima. Passeggeri e pendolari precari eravamo l’1 gennaio 2014, altrettanto precari siamo il 1 gennaio 2015, in attesa di mettere un punto e di non restare sempre “sospesi” in vista di qualcosa, di qualcuno….

“Tra parentesi” resta anche il destino dell’Autorità portuale. Il sistematico smantellamento dei nostri “pezzi pregiati” va avanti con il passare degli anni e nel 2014 il bersaglio è diventata l’Authority, vero gioiello all’occhiello nonché unica realtà pubblica a Messina che funziona ed ha un bilancio attivo. Tutto troppo bello per essere vero, così il Governo Renzi, armato di forbici e colla decide di unirci a qualcuno, non per rendere giustizia e onore ai nostri numeri, ma per declassarci a vassalli di altri. La scelta dello “sposo” cade su Catania, ma la protesta della deputazione porta ad agosto al “Patto di Palazzo Zanca” e ad una posizione unitaria che vede insieme Udc, Ncd, giunta Accorinti e Consiglio comunale e che prevede l’accorpamento delle Authority Messina-Gioia Tauro. Di diverso avviso l’attuale presidente dell’Autorità portuale De Simone che punta invece a mantenere l’autonomia dell’ente messinese ed ha scritto al ministro una proposta alternativa per lasciare Messina regina dello Stretto, accorpandovi Reggio e Villa e creando le basi di un’area integrata dello Stretto che abbia le radici nel mare. Dopo mesi e mesi di discussioni però, il governo accantona la riforma e ancora non sappiamo come andrà a finire e se abbiamo perso tempo a parlare, studiare e polemizzare. Anche in questo caso non possiamo raccontarvi come è finita, perché non è finita.

Tra parentesi quadre, tonde, graffe anche il futuro dell’ospedale Piemonte. Dopo anni ed anni di tentativi per chiudere l’ospedale a raggiungere l’obiettivo sembrava esserci arrivata l’assessore regionale Lucia Borsellino attraverso un piano di riordino della rete ospedaliera che passava come un trita erba su una serie di presidi, compreso quello di Viale Europa. Mano armata della Borsellino diventa il neo Dg dell’azienda sanitaria Papardo-Piemonte Michele Vullo che predispone una serie di ordinanze tali da scatenare una bufera fuori stagione, in piena estate. Mentre a Palermo la Commissione Ars riesce a congelare il piano di riordino per 3 anni, a salvare il Piemonte ci pensa il ministro Lorenzin in seguito ad una trasferta romana dei deputati Picciolo, Formica, Garofalo, Mancuso e Germanà che mettono sul tavolo la stessa proposta ignorata dall’assessorato, ovvero la fusione Piemonte-Ircss Neurolesi. Nel frattempo i mesi precedenti sono stati scanditi dallo strano caso del punto nascita che in base alle ordinanze del Dg fa avanti e indietro come un pendolo tra le due strutture Papardo-Piemonte, una serie di manifestazioni di protesta, le contestazioni al sindaco che sul Piemonte non ha mai assunto una posizione netta ed i lunghissimi silenzi della Borsellino. Anche questa storia però non ha la parola fine, perché il ministro ha dato indicazioni alla Regione ma finora non sappiamo se siano state recepite perché non si è mossa foglia.

Incompiuta è anche la vicenda Tremestieri- Nel gennaio 2014 la seconda invasatura era insabbiata da lunga data. Nel gennaio 2015 è insabbiata sì, ma da data più recente. Ad agosto dopo una serie di ordinanze anti-tir il secondo attracco è stato consegnato dopo tre anni di lavori ma alla prima ondata di maltempo c’è stato un deja vu. Frattanto neanche la vicenda mezzi pesanti è stata risolta, perché i vari provvedimenti presi dalla giunta Accorinti, oltre a rafforzare il monopolio dei privati con l’addio di Rfi dal porto storico ad ottobre (poi tramutatosi in un ritorno quando la seconda invasatura si è insabbiata), non hanno comportato alcuna radicale soluzione. Anzi sul Boccetta non ci sono più neanche le fasce orarie. Quanto ai provvedimenti estivi sono stati affondati dai ricorsi al Tar. Insomma tanto rumore per nulla. E Tremestieri, vuoi per la “maledizione della prima luna”, vuoi per la mala sorte, vuoi perché è stato progettato nel luogo meno adatto, a gennaio 2014 insabbiato era ed a gennaio 2015 insabbiato resta. Morale della favola, anche per questo capitolo non possiamo raccontarvi la parola fine. Pensavamo d’averla scritta ad agosto, ma ci siamo sbagliati. Pazienza.

Altra storia infinita quella relativa all’isola pedonale, capitolo ancora aperto e che ha diviso la città per un anno e la dividerà per il prossimo. Una vera e propria guerra tra Guelfi e Ghibellini a suon di manifestazioni, flash mob, petizioni, ricorsi al Tar, magliette con stampe a favore o contro, senza che si sia trovata né una soluzione condivisa né una tregua. Impossibile peraltro fare una sintesi della contesa perché è talmente aggrovigliata che persino i contendenti non riescono più a ricordarsi le singole giornate di battaglia.

A superare i confini dell’impossibile è la vicenda Province. Gennaio 2014 è iniziato con la deputazione Ars armata fino ai denti per impedire a Crocetta di mettere i suoi uomini a vita negli Enti come commissari-potestà in virtù di simpatiche proroghe in attesa di una finta riforma. Il 2014 finisce con la vittoria del governatore e dei suoi alleati Pd-Udc, che nella piena consapevolezza di non voler varare alcuna riforma delle Province (mentre Delrio frattanto l’ha fatta e applicata nel resto dell’Italia) lasciano gli Enti intermedi saldamente in mano ai loro uomini senza che vi siano più né controlli né opposizioni a vigilare. Per eliminare gli sprechi è stata eliminata la democrazia rappresentativa. In ogni caso in 365 giorni non è cambiata una virgola su questo fronte. Potrei riprendere un articolo di gennaio 2014 e nessuno se ne accorgerebbe.

Stessa precarietà infinita per altri argomenti a piacere: Palagiustizia, nessuno sa come è finita perché non c’è mai una parola fine, anzi si aggiungono sempre nuove ipotesi perché le tremila partorite negli anni scorsi potrebbero non bastare e quando si raggiunge un accordo o un punto di convergenza si mescolano di nuovo le carte perché è questo il vero divertimento. Ex Margherita, non ricordo neanche più quanto tempo è passato da quando è stato chiuso come ospedale per diventare “luogo del nulla”, nonostante migliaia di proposte. Nessuna ultima puntata per zona falcata (le prime furono scritte ai primordi di Cuffaro presidente della Regione), water front, via Don Blasco, Tirone, risanamento, mercato Zaera (il cui progetto definitivo viene presentato ormai a scadenza periodica), risanamento, mentre per quel che riguarda il viadotto Ritiro, che per la verità potremmo quasi definire vicenda “giovane” rispetto alle sorelle ventennali, sappiamo che abbiamo di fronte a noi almeno 4-5 anni di disagi dopo i 3 appena trascorsi, quindi, tutto sommato, possiamo lamentarci di meno. In fondo restare in fila per ore incolonnati per km è diventata quasi una piacevole abitudine che ci ricorda che siamo siciliani.

Precari siamo stati anche nel governo Crocetta, che nel 2014 ha cambiato ben tre assessori messinesi. Si va da Nino Bartolotta, sacrificato sull’altare del Pd e della lotta per le poltrone senza che né Lupo né la sua stessa corrente muovesse un dito per l’unico assessore che in tanti anni ha portato in tempi rapidi fatti concreti e che rimpiangeremo a lungo, all’assessore Giusy Furnari, rimasta nel cuore di Crocetta sin da quando la voleva sindaco di Messina e sul finire dell’anno l’assessore Maurizio Croce, in quota PdR che ha avuto un ottimo inizio.

Se dovessimo restare in ambito politico il libro più incompiuto di tutti è quello del Pd dello Stretto che ha trascorso un anno in piena crisi di identità dalla quale non è uscito. A gennaio Renzi non aveva ancora detto staiserenoanessuno ma di lì a poco l’epidemia di staiserenite avrebbe attraversato il Paese cambiando molte cose anche a Messina. Nel gennaio 2014 i partiti tradizionali non si erano ancora ripresi dalle batoste degli anni precedenti, con riferimento sia alle amministrative 2013 che all’avvento di Grillo sin dalle regionali 2012. Ma in questa “precarietà” degli accadimenti il 2014 è stato l’anno che ha visto nascere un nuovo amore dalle ceneri di un divorzio, così gli ex azzurri che hanno lasciato la casa di Papi si sono ritrovati tra le braccia di D’Alia. E’ fiorita infatti per le Europee la coppia di fatto Ncd-Udc che, proprio in virtù dei protagonisti ufficialmente allergici a tutto ciò che non è benedetto dalla Chiesa come appunto le unioni civili, o sfocerà in un matrimonio in piena regola oppure ognuno se ne andrà a casa sua per evitare scomuniche. Anche in Sicilia il fidanzamento è stato annunciato in primavera ed ha, in base ai numeri, “salvato” la percentuale nazionale ottenuta dalla nuova coppia. I superstiti siciliani di Forza Italia, dopo la dipartita degli alfaniani, hanno impegnato tempo per riprendersi ma le Europee hanno ricordato a tutti che l’isola è sempre quella del 61 a 0 e hanno fatto registrare il 20, 05% (percentuale per la quale Berlusconi avrebbe messo la firma se fosse stata nazionale…). L’ultima assise della nuova Forza Italia al Royal nei giorni scorsi ha fatto capire che a Messina il fuoco cova sotto la cenere.

Passiamo quindi ai dati delle Europee che hanno visto Renzi avanzare con il vento il poppa pronto a mettere sull’altare sacrificale del Pd l’autorizzazione a procedere nei confronti di Francantonio Genovese, con un sì all’arresto da parte della Camera avvenuto in tempi record, a 7 giorni dalle Europee e con voto palese per evitare scherzetti. L’obiettivo non era dimostrare un Pd nuovo ma colpire frontalmente Beppe Grillo nel corso di una campagna elettorale senza esclusione di colpi.

A Messina per le Europee ci si aspettava la “tomba del Pd” dopo il caso Genovese, invece in città la percentuale è stata del 32,37% e in provincia 32,88% (la regionale ha superato il 34% facendo del Pd il partito più votato). Inaspettatamente quindi il Pd dello Stretto azzoppato e malconcio dopo la sconfitta alle amministrative e l’inchiesta sulla formazione, è stato il primo partito sia in città che in provincia.

Il M5S ha mantenuto salde le redini ed in città si è attestato sul 23,45% scendendo al 19,58% in provincia. I primi squilli di tromba di una Forza Italia che ha deciso di dare filo da torcere agli ex fratelli azzurri hanno fatto registrare un 18,68% a Messina ed un 20,42% in provincia, sorpassando in provincia i 5stelle e piazzandosi come secondo partito. Un risultato che distingue Messina dal resto dei forzisti del Paese che quel 20% lo hanno potuto vedere solo da lontano. Gli alfaniani del Ncd uniti con l’Udc di D’Alia, hanno registrato un 10,94% a Messina e 12,42% come dato provinciale. Nino Germanà, deputato regionale Ncd,è stato il messinese più votato con 4.221 voti.

I partiti tradizionali nel 2014 hanno viaggiato “sotto coperta”, vuoi per il clima di antipolitica vuoi perché alle prese con divisioni, vuoi perché alle prese con nuovi esperimenti, vuoi infine perché stanno preparando la rimonta dopo la sconfitta del 2013. In linea di massima quindi nessuna convention vecchio stile, nessuna assise, nessun congresso. Discorso a parte merita il Pd dello Stretto ormai quasi un caso da manuale per psicoterapia di gruppo. Il Pd di Messina infatti è l’unico caso al mondo che ha visto un segretario provinciale, Basilio Ridolfo, eletto a ottobre 2013 e subito contestato, ad aprile congelato per sei mesi, scongelato in autunno, senza che si siano viste differenze sia rispetto alle fasi in cui era stato 1) nominato a tavolino 2) messo nel surgelatore dal Pd regionale 3) uscito dal congelatore (anche questa decisione presa a tavolino). I 365 giorni sono trascorsi in attesa della sentenza del Cga e seguendo l’evolversi della vicenda corsi d’oro senza che ci sia stato un solo tentativo serio di ricostruire il partito. Gli unici a provarci sono stati i Giovani Dem che ad ottobre hanno organizzato, in totale solitudine, la prima Festa del Pd. Nel frattempo il popolo degli orfani di Genovese si è trovato “smarrito”, incapace di costruire senza il leader. Così tutti, dal primo all’ultimo si sono auto convinti di essere adatti per la “successione al trono” scatenando una guerra ormai “porta a porta”. Quanto ai renziani ci sono componenti renziane per ogni ora dell’orologio, tanto che possiamo parlare di renziani H24, una nuova corrente che sicuramente nascerà quanto prima. Quanto ai temi della città non c’è un solo argomento che abbia visto unanimità di vedute, dall’isola pedonale ai tir passando per la scomparsa delle mezze stagioni. Chi non ha lavorato “sottocoperta” sono stati gli ex Dr, diventati PdR, la squadra Picciolo-Greco che ora ha un assessore regionale (Croce) ed ha seminato il panico all’Ars tra i deputati Pd Rinaldi-Laccoto-Panarello, un insolito triunvirato che preferirebbe congelare per sempre il partito e Ridolfo pur di evitare un congresso e il tesseramento con rischi dell’Opa di Picciolo & C. Chi non sta sonnecchiando come qualcuno potrebbe pensare è l’Udc di D’Alia, che, quando serve, mantiene in vita con l’ossigeno la giunta Accorinti-Signorino per arrivare alla scadenza naturale del mandato e sistemare nel Palazzo un centrista con l’appoggio generale. Del Megafono si sono perse le tracce da tempo, quanto a Cambiamo Messina dal basso non è un partito e pertanto non è possibile applicare al movimento lo stesso tipo di analisi, sebbene, ad esempio, per la sostituzione dell’assessore Cucinotta CMdb abbia sottolineato come il successore debba essere scelto in modo condiviso e abbia detto no ad Elio Conti Nibali di Indietrononsitorna (posizione questa corretta e comprensibile ma che è identica a quella che ogni partito, giustamente, adotta in ogni giunta del Paese al momento del rimpasto). Oltretutto, dovessi muovere qualche rilievo non vorrei incorrere nelle ire dei CMdb che spesso e volentieri contestano a noi giornalisti quanto scriviamo ignorando il fatto che dal giorno in cui hanno iniziato ad amministrare la città, vincendo le elezioni, sono entrati a pieno titolo nel “gruppone” delle Istituzioni e quindi può capitare di dover fare qualche critica o esprimere un’opinione al riguardo. Il M5S ha perso un po’ di terreno alle Europee rispetto ai risultati di regionali e Politiche ed alle amministrative non ha ottenuto consiglieri, ma continua ad operare nel territorio con attenzione e soprattutto la Zafarana e D’Uva sono presenti sulle varie vicende. Certo, ormai ci stiamo approssimando ad un “nuovo ventennio” con un solo uomo al comando, Renzi, quindi parlare della pluralità dei partiti può sembrare superfluo, perché diventeremo tutti renziani h24 ma questa è un’altra storia e speriamo che il 2015 ci restituisca un po’ di quella democrazia rappresentativa e partecipativa che pezzo per pezzo ci è stato tolto mentre eravamo troppo impegnati a morire di fame.

Quanto a noi in riva allo Stretto probabilmente avremo altri 365 giorni di “insostenibile leggerezza dell’essere”, con quei fatti “sospesi” che ci terranno impegnati a parlare e scrivere per 12 mesi senza riuscire a mettere un punto, una conclusione, un lieto fine o cattivo che sia. Scommettiamo?

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. lasciamo perdere ” u strazzatu resta strazzatu ” perchè quelli che hanno gridato contro “quelli di prima” ,sono peggio di quelli di prima

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  2. lasciamo perdere ” u strazzatu resta strazzatu ” perchè quelli che hanno gridato contro “quelli di prima” ,sono peggio di quelli di prima

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