Messina: concesso lo status di rifugiato politico a un camerunense perseguitato per omosessualità

Messina: concesso lo status di rifugiato politico a un camerunense perseguitato per omosessualità

Alessandra Serio

Messina: concesso lo status di rifugiato politico a un camerunense perseguitato per omosessualità

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sabato 06 Aprile 2019 - 07:00

I giudici hanno accolto il ricorso di un giovane del Camerun, scappato dopo essere stato arrestato e picchiato perché aveva una relazione con un coetaneo

Il Tribunale di Messina ha riconosciuto la protezione internazionale ad un richiedente asilo proveniente dal Camerun, dove era perseguitato perché omosessuale.

Il provvedimento è della sezione specializzata in materia di immigrazione ed è stata adottata dal collegio presieduto dalla dottoressa Caterina Mangano, che ha accolto il ricorso dell’avvocato Carmelo Picciotto, difensore del ragazzo al quale la Commissione Territoriale di Palermo lo aveva negato, nel febbraio 2018.

Per il Tribunale di Messina, quindi, il Camerun è un paese omofobo e il diritto dei perseguitati per discriminazione sessuale allo status di rifugiato è indubbia. Non è la prima volta che un Tribunale italiano si pronuncia in questo senso, ma il provvedimento del Tribunale di Messina arriva dopo una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione a sezioni unite che chiarisce alcuni aspetti procedurali, “allargando” lo spettro dei soggetti che possono così ottenere la protezione internazionale. La sentenza messinese farà perciò da apri pista per agevolare altre richieste, prima negate.

Il giovane ha alle spalle una storia di persecuzioni che lo ha segnato, raccontata ai giudici, che si sono tolti ogni dubbio sul fatto che il paese da cui proviene non accetta l’omosessualità, che è invece considerata reato. Tanto che il ragazzo, diventato calciatore professionista dopo il diploma, era stato arrestato e condannato a due anni.

Soltanto l’intervento di un avvocato che opera in quel paese per la difesa dei diritti LGBT gli ha consentito di uscire dal carcere. Dietro le sbarre ci era finito perché era stato denunciato. Aveva ormai accettato la sua omosessualità e aveva una relazione stabile con un coetaneo. Un giorno, i taxi, i due si sono scambiati un bacio e l’autista, dopo averli insultati e fatti scendere, li ha pestati in malo modo insieme ad altre persone.

Ancora prima, il ragazzo aveva lasciato casa sua e il suo villaggio perché la sua prima fidanzatina, alla quale si era legata scoprendo proprio in quella occasione di non essere attratto dalle donne ma dagli uomini, aveva messo in giro la voce della sua omosessualità.

La reazione dei suoi compaesani era stata feroce: era stato picchiato e umiliato, e minacciato che gli avrebbero bruciato casa se fosse tornato in paese. Così è stato, malgrado lui se ne fosse già andato. “Ho scoperto che mia madre era morta nell’incendio”, ha raccontato al Tribunale.

Leggi qui la sentenza integrale

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