Come si curava il colera in Sicilia un secolo fa
All’interno del cartellone teatrale “Espressione Teatro 2011” tracciato dal suo direttore artistico Pietro Barbaro, Massimo Mollica è ritornato in Teatro mettendo in scena al Teatro Annibale Maria di Francia ‘U contra di Nino Martoglio interpretando pure il personaggio centrale di Don Procopiu Ballaccheri. Rappresentato la prima volta nel 1918 al Teatro Nazionale di Roma dalla Compagnia Angelo Musco,’U contra è un piccolo capolavoro di drammaturgia teatrale che rimane indelebile nella mente dello spettatore almeno per due motivi. Il primo è di ordine storico e riguarda la fantasiosa idea dei siciliani, e dei catanesi in particolare, su come il colera poteva propagarsi (il gruppo dei “baddisti” pensava che il morbo si diffondesse attraverso gli untori, mentre i “culunnisti” ritenevano che il colera venisse importato attraverso il vento di Scirocco). Il secondo motivo lo si individua nel personaggio di Don Procopiu, al quale ci si affeziona subito, sin da quando storpiando le parole nel suo linguaggio “allitterato”, comincia a spiegare alle tante donnette della Civita ( caratteristico quartiere di Catania abitato da pescatori) cos’è l’igiene. Illustrando con esempi arguti come il microbo “che si trova accuvacciato nell’interstizio della strata” possa essere smosso col solo sbattimento delle vesti femminili e attaccarsi per chi, in particolare, non porta i “fondi” ( le mutande) “nel punto più debole…producendo così malattie pusitive”. E se ne potrebbero trovare altri di motivi che rendono ancora oggi godibilissima l’opera di Martoglio. Dalla fame che attanaglia Don Procopiu, alla gigantesca diarrea che lo colpisce, causata da una scorpacciata di “triaca” (fagioli) e curata da un mediconzolo ( Federico Pandolfino) con una bottiglietta di laudano (che tutti credono possa trattarsi d’un miracoloso antidoto anticolera, ’U contra, appunto ), agli sproloqui intellettuali dello stesso Don Procopiu con il “baddista” Don Cosimu Binanti ( Nino Scardina), ai litigi delle comari del popolare quartiere, sino ad arrivare alla miracolosa guarigione della Zà Petra la Bazzicusa ( Carla Luvarà). Bene dunque ha fatto Mollica a riproporre questo lavoro, siglato dalla regia di Andrea Camilleri, per tenere viva una lingua che va sempre più scomparendo e per ricordare un grande drammaturgo che finì i suoi giorni anzitempo in una tromba d’ascensore di un ospedale. Con Mollica in gran forma e a lungo applaudito, questa volta da un pubblico numeroso, spicca la colorita popolana Vanna Battaglia e poi uno stuolo di giovani interpreti (Ilenia D’Avenia, Romana Cardillo, Mari Romano).- Gigi Giacobbe
