Tomas Kubinek, il peso di un applauso

Tomas Kubinek, il peso di un applauso

Domenico Colosi

Tomas Kubinek, il peso di un applauso

Tag:

venerdì 05 Febbraio 2016 - 08:23

Convince solo in parte la “Follia orchestrale” dell’artista di origini cecoslovacche nonostante l’ottima intesa con l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele diretta da Marco Alibrando

Una lettiga conduce il prof. dott. Kubinek sul palcoscenico mentre incalza l’Ouverture della Gazza Ladra di Gioachino Rossini. Un saluto benedicente tra lo stupore del pubblico, una rapida presentazione, un brindisi beneaugurante con un numero da contorsionista. In precedenza le note dall’Ouverture di “Ruslan e Ludmilla” di Mikhail Glinka per quello che appare in un primo momento il più classico dei concerti. L’ukulele, dunque, l’armonica, la compita risposta dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele diretta dal Maestro Marco Alibrando alle trovate di Tomas Kubinek, un folletto sul palco alla continua ricerca di una trovata geniale per infrangere il consueto cerimoniale. Sfilano così Otto (il direttore d’Orchestra automatico), il prodigio delle sei scarpe e un prolungato ritorno all’infanzia, sottolineato dal “Caro nome” di Giuseppe Verdi e dalla ninnananna a una marionetta con il concerto in D minore per Due Violini di Johann Sebastian Bach. Follie estemporanee, battute ripetute più volte per favorire un dialogo con un pubblico rinserrato nel più gelido dei mutismi. Dopo l’intervallo, tra lotte senza esclusioni di colpi con il direttore per la supremazia del palcoscenico, lo struzzo umano, un improvvisato barbecue ed il finale sulle note di “I Love the Mountains” di Brian Chapman. Nient’altro, conclusione dello spettacolo con l’ultimo pezzo originariamente in programma.

Nato a Praga ma trasferitosi in Canada con la propria famiglia all’età di tre anni, Tomas Kubinek è uno dei più apprezzati performer teatrali al mondo, un artista in grado di coniugare sin dagli esordi abilità circensi, illusionismo, poliedricità musicale e doti recitative: noto a Broadway e nei teatri di tutta Europa, il performer di origine cecoslovacche allievo di venerati maestri come Boleslav Polivka e Frank van Keeken, si considera probabilmente vittima di un’eccessiva diffidenza nella sua tappa siciliana, con la freddezza della platea tradotta sul palco in eccessive lungaggini e passaggi troppo lenti e scontati. L’ostacolo della lingua, d’altronde, non può costituire un alibi plausibile per un lavoro sviluppato principalmente sulla mimica. Funziona l’interazione con l’ottimo Alibrando, ma l’impressione resta per l’intera serata quella di un lavoro espresso solo in parte, con un pubblico troppo algido per lasciarsi trasportare nella direzione onirica più volte evocata da Kubinek. Un’occasione persa, al di là del valore delle performance eseguite: sviluppata appena la metà del potenziale, il resto è lettera morta.

Sotto il profilo strettamente musicale, si rivela impeccabile la prova dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, esaltata da una scaletta libera di volteggiare da Dvorak a Bizet passando per la Cucaracha e Nacio Herb Brown; ottima anche l’intesa con Kubinek per un’osmosi apparsa più volte pienamente raggiunta. Spunti che non sono sufficienti, tuttavia, per promuovere un lavoro spesso apatico e lacunoso. L’applauso, più volte richiesto a gran voce dallo stesso Kubinek, resta una chimera. L’oblio ha già preso il sopravvento.

Domenico Colosi

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007