Un cavallo per il viceré

Un cavallo per il viceré

Vittorio Tumeo

Un cavallo per il viceré

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giovedì 08 Ottobre 2020 - 08:00

La tradizione, costosissima, di fare omaggio di un pregiato equino

Un costume diffuso presso le nobili città siciliane tra cui figurava anche Messina era quello di offrire in dono per l’ingresso dei Viceré spagnoli un cavallo, ornato di tutto punto e pronto per essere da questi montato prima di entrare trionfalmente in città e prendervi possesso. La scena che dobbiamo provare a immaginare è quella di un ricchissimo e fastoso corteo con alla testa il viceré in groppa al magnifico cavallo, seguito da una folla di alti ufficiali dello Stato. Il senato messinese, che ben conosceva le altissime mire dei viceré, cercava di rendere il dono il più ricco possibile in nome di quell’orgoglio campanilistico secondo cui si doveva far brillare la città dello Stretto. Un importante storico messinese, Virgilio Saccà, era riuscito a trovare e a pubblicare la nota spese di uno di questi cavalli e precisamente quello che Messina donò nel 1607 al Viceré Marchese di Vigliena, il quale tuttavia, nonostante tutti gli onori ricevuti dalla città dello Stretto, si dimostrò a questa ostile.

Giunto a Messina il 21 luglio, il marchese prese alloggio nel villino Marullo, che si affacciava sulla riviera. Quattro giorni dopo, come riportano gli Annales di Caio Domenico Gallo, si svolse la cerimonia del pubblico ingresso in pompa magna e con i consueti fasti. Ma tornando al cavallo, nei giorni precedenti i commissari delegati al compito, di cui conosciamo anche i nomi, Don Lorenzo De Gregorio e Giovan Pietro De Arena, si occuparono delle spese. È così che pagarono 43 onze e 14 tarì il velluto per fare la sella, il manto del cavallo e il raso turchino per foderarli, 6 onze per i bottoni e 7 per la seta nera bolognese. Di giorno in giorno in giorno le spese aumentavano vertiginosamente: 8 onze per le rifiniture, 10 per pagare il ricamatore, 12 per le guarnizioni d’oro e d’argento e 25 onze al maestro argentiere Colamaria Donia per i vari lavori di cesello. E infine, la spesa più grossa, il cavallo: uno stornello senese che fu comprato personalmente da Giovan Pietro Cariddi, tesoriere del comune, a 400 onze. Queste e molte altre ancora sono state le somme stanziate per il cavallo del viceré, che alla fine ammontarono complessivamente alla cifra, astronomica per l’epoca, di 640 onze, corrispondente approssimativamente a 50.000 € oggi. Spesa notevole per i valori che correvano allora e che ebbe, ironia della sorte, l’effetto opposto a quello auspicato dal senato, al punto che dopo appena un mese il viceré, che nel frattempo aveva tentato di manomettere i privilegi della città, lasciò stizzito Messina.

Vittorio Tumeo

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