Un naturalista messinese dimenticato: Giuseppe Di Natale

Un naturalista messinese dimenticato: Giuseppe Di Natale

Vittorio Tumeo

Un naturalista messinese dimenticato: Giuseppe Di Natale

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venerdì 25 Settembre 2020 - 07:47

A lui si devono importanti scoperte soprattutto sulle formazioni geologiche e le specie marine dello Stretto

Un tempo Messina poteva vantarsi di ospitare un’eletta schiera di naturalisti quali Cocco, i Prestandrea, Arrosto, Giamboi, Benoit, Cuppari, Di Natale. Proprio quest’ultimo, che ha trovato la morte nel curare i colerosi nel 1854, si può considerare per certo un naturalista fuori dal comune, che gli studiosi che ne hanno scritto hanno definito come dotato di una mente “galileiana più che linneiana; propensa più all’esperimento, che alla semplice osservazione(Nicotra). Prova ne è l’uso che egli fa, nel compiere i suoi studi di morfologia biologica, del metodo induttivo-comparativo.

Una gioventù in seminario per volontà paterna, in cui la filosofia ha senz’altro contribuito a sagomare in lui una mente speculativa, poi lo studio della medicina a Napoli, ove ebbe la fortuna di trovare maestri che seppero mantenerlo nel solco dello studio delle scienze naturali, vero campo della sua attività intellettiva. Il successo non tardò ad arrivare, come testimoniano numerosi riconoscimenti soprattutto dall’estero, da Tolosa e Cambrai. Con l’umiltà propria dell’autentico studioso, per poter comprendere meglio le opere scientifiche straniere, si applicò nello studio del francese, dell’inglese, quindi del tedesco, divenendo anche fine traduttore. Come ci si sarebbe dovuto attendere, le pubblicazioni del Di Natale sono comprensibilmente poche e svariate: poche, perché visse appena ventinove anni; svariate, perché molteplice era la direzione della sua attività scientifica. Il suo primo scritto lo pubblicò nel 1847, all’età di ventidue anni. I suoi studi toccano geologia, zoologia, anatomia comparata, biologia.

Tre sono di tema zoologico, tre di tema anatomico. I primi trattano delle formazioni del terreno nei dintorni di Messina, mentre quello di tema biologico generale studia le produzioni epidermiche, rilevando le leggi costanti che ne governano la comparsa nei due regni di esseri viventi. “Ricerche geognostiche sui terreni del distretto di Messina” (Messina, stamperia D’Amico-Arena, 1852) è il primo, come si è detto, dei suoi contributi, e fornisce interessanti notizie sulle concrezioni terziarie di Gravitelli, sull’esistenza in loco di un lago pontico e dell’accumulo di depositi di lignite; vi è adombrata più volte la parentela della formazione cristallina calabrese con quella locale, si dimostra l’esistenza di notevoli falde terziarie, si nota il sincronismo dei depositi subappenninici nei due lati della catena gneisica del Peloro e si presentano interessanti ritrovamenti di fossili, come un dente di rinoceronte che lo stesso autore presentò all’Accademia Peloritana dei Pericolanti. É del 1850, stampata per i tipi “Fiumara” la sua seconda opera “Descrizione zoologica d’una nuova specie di Plojara”, in cui offre una descrizione sia in latino che in volgare di un nuovo insetto di sua scoperta della famiglia degli emitteri geocorsi, la Ployara ambigua, appunto. L’opera si correda di due opuscoli minori “Su pochi crostacei del porto di Messina” tra cui il Sergestes Arachnipodus, cui Di Natale scorge nella chela, “una metamorfosi graduata dalle spine rigide e immobili superiori alle mobili”.

Pagine interessanti sono quelle che il naturalista messinese dimenticato scrisse per il concorso al diploma d’onore dell’Accademia di Storia Naturale, poi vinto a Napoli nel 1847; il tema era: “descrivere le modificazioni nell’apparecchio respiratore degli animali articolati”. Già affermato, pubblica nello stesso anno il saggio “Sulle più notevoli differenze anatomiche fra Rana e Bufo”, in cui espone lo studio di muscoli ancora mai studiati dell’animale e riscontra una maggiore vascolarizzazione nel rospo. In “Ricerche anatomiche sullo Stinco variegato rapporto ai principali tipi d’organizzazione dei rettili”, stampato presso la Reale Accademia delle Scienze di Torino nel 1852 dimostra di seguire l’indirizzo darwiniano, così come anche nell’ultima opera “Considerazioni generali sulle produzioni epidermiche degli animali”. Chissà quante altre opere avrebbero ispirato i suoi studi di matematica, di chimica, di medicina e chissà ancora quali documenti sarebbero a noi pervenuti se le sue carte non fossero andate disperse. Ciò che rimane è una, seppur esigua, testimonianza luminosa dell’attività multiforme e felice dell’ingegno di questo giovane figlio di Messina, poco noto ai suoi concittadini.

Vittorio Tumeo

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