Università. Nella guerra tra ricercatori ‘rottamati’ ed Ateneo il Consiglio di Stato ‘fa la differenza’

Università. Nella guerra tra ricercatori ‘rottamati’ ed Ateneo il Consiglio di Stato ‘fa la differenza’

Università. Nella guerra tra ricercatori ‘rottamati’ ed Ateneo il Consiglio di Stato ‘fa la differenza’

venerdì 03 Settembre 2010 - 07:58

A luglio aveva accolto l’appello proposto dall’Universita' degli Studi di Messina, annullando la sospensiva del provvedimento di risoluzione del contratto disposta dal Tar in primo grado e segnando un punto a favore dell’Ateneo . Ma con una nuova ordinanza emessa ieri dà ragione agli studiosi, anzi ad uno studioso

«Insussistenza di profili di danno grave ed irreparabile in capo all’appellante amministrazione». E’ questa la motivazione che sta alla base dell’ordinanza n. 4072, con la quale il Consiglio di Stato ha respinto l’appello cautelare proposto dall’Università contro l’ordinanza del Tar del Lazio. Lo scorso giugno, l’organo di giustizia amministrativa aveva, infatti, sospeso gli effetti del provvedimento di risoluzione del contratto per sopraggiunti limiti contributivi (40 anni) nei confronti di un ricercatore universitario.

La decisione di ieri del Consiglio di Stato è in netta controtendenza con quella che lo stesso organo d’appello aveva assunto solo due mesi fa nei confronti di altri 30 ricercatori.

Nella camera di consiglio dello scorso 13 luglio , il Consiglio di Stato aveva, infatti, accolto l’appello proposto dall’Università degli Studi di Messina e respinto l’istanza cautelare proposta in primo grado dal Tar che, con sentenza del 14 Aprile, si era espresso a favore degli studiosi, accogliendo la domanda cautelare presentata dai 30 ricercatori e concedendo la sospensiva del provvedimento adottato nel dicembre 2009 dal Senato accademico e dal Consiglio di amministrazione dell’Università . Ricordiamo che i due organi di governo ,in pieno periodo natalizio, avevano approvato un -provvedimento di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ai sensi della L. n. 102/2009, con decorrenza dal 1 luglio p.v., in relazione al raggiungimento dell’anzianità massima contributiva” .

In quella circostanza il Consiglio di Stato aveva ritenuto che, nell’emanare il provvedimento, i vertici accademici avessero rispettato tutte le procedure previste dalla legge. “L’Università – si leggeva testualmente nel dispositivo dell’ordinanza – si era dotata di criteri di massima (in sé non irragionevoli) al fine di individuare in concreto i dipendenti nei cui confronti non sarebbe stata esercitata la facoltà di risoluzione e che tali criteri sembrano essere stati coerentemente applicati nel caso di specie”-. Il Consiglio di Stato aveva così accolto “l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’ordinanza impugnata, respinge l’istanza cautelare proposta in primo grado”.

Trascorsi due mesi, il Consiglio di Stato cambia idea e questa volta dà ragione al ricercatore. Perplessi gli studiosi che a luglio avevano incassato la sconfitta, i quali – per bocca del presidente della F.I.R.U ( Federazione italiana ricercatori universitari) Nicola Belnome – si domandano: «La legge è uguale per tutti ?»

La partita rimane, comunque, aperta perché il set decisivo si giocherà il prossimo 24 novembre, quando il Tar sarà chiamato a pronunciare il giudizio di merito.

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