Il presidente del Consiglio universitario nazionale ospite ieri dell'Ateneo Peloritano: «A Messina svolta un'ottima attività di programmazione per far fronte alla crisi». Tomasello intanto annuncia la prossima mossa: «Ridurremo i dipartimenti da 52 a 30»
Il Cun, Consiglio universitario nazionale, è l’organo che si occupa di formulare pareri e proposte al ministero dell’Università e della Ricerca rispetto a tematiche di varia natura. Facile dunque immaginare come nell’ultimo periodo, all’indomani soprattutto dei tagli previsti dalla legge Tremonti-Gelmini e dell’introduzione di più rigidi criteri di valutazione per giudicare la maggiore o minore “virtuosità” degli Atenei italiani, il Cun abbia portato avanti un’intensa mediazione tra il governo nazionale e le realtà accademiche del nostro Paese.
Le università infatti sono state protagoniste di un’attività di autoriforma che, con non poche polemiche, ha pian piano determinato un’opera di “svecchiamento” della struttura universitaria per riuscire a stare al passo con i cambiamenti previsti. Di questo e di molto altro ha discusso Andrea Lenzi, presidente del Cun, ospite di un incontro “informale” con la realtà accademica messinese, così come ha amato definire l’appuntamento di ieri il rettore Franco Tomasello. Quest’ultimo ha illustrato al collega, professore alla Sapienza di Roma, come l’Università di Messina abbia cercato di affrontare la radicale trasformazione che sta interessando gli atenei italiani, tracciando i punti salienti di quel manifesto di “autoriforma” dell’Ateneo Peloritano «che – sottolinea ancora una volta Tomasello – non può più pensare di vivere della gloria o della grandezza del passato ma deve tenere conto della fase di svolta a cui si è giunti».
Lenzi, che ha assistito all’alternarsi di sei diversi ministri dell’istruzione, che ha “vissuto” la cosìdetta riforma del 3+2, -causa- del moltiplicarsi dei corsi di laurea, fino ad un totale di 5500, evidenzia come Messina sia riuscita ad affrontare in modo del tutto positivo «attraverso un’attività di programmazione superiore a quella di molti altri atenei italiani» l’attuale rivoluzione accademica. Particolarmente interessante per il presidente del Consiglio universitario nazionale, la proposta di Tomasello di riservare le cariche elettive ai professori scientificamente più attivi: «È un’ottima iniziativa per cercare di mantenere un alto standard di qualità e controllo». Per il presidente del Cun la parola chiave è soprattutto una, valutazione: «Ci vogliono imporre nuovi e più rigidi criteri di valutazione pensando di metterci paura – sottolinea Lenzi riferendosi ad alcuni dei criteri introdotti dalla legge di riforma in relazione alla possibilità di ottenere finanziamenti solo in relazione al raggiungimento de determinati livelli – e invece dobbiamo dimostrare di non aspettare altro se non di essere “valutati”:a preoccuparci, al contrario, è la mancanza di valutazione».
Importante capitolo “scritto” nel pomeriggio di ieri, grazie anche agli interventi di alcuni docenti presenti in aula Magna, quello relativo al problema del reclutamento del corpo docente, un reclutamento che Tomasello, con il benestare dello stesso Lenzi, ha definito “stop&go”. Gli esponenti della comunità accademica hanno infatti ribadito quanto complicato sia il problema dei concorsi per professori e ricercatori che troppo spesso, con l’arrivo di un nuovi governi, leggi di riforma o provvedimenti, vengono bloccati impedendo, soprattutto ai giovani, la possibilità di fare carriera in tempi brevi. In tal senso Lenzi ha però cercato di dare qualche rassicurazione ai presenti, dichiarando che a settembre verranno sorteggiate le commissioni chiamate a valutare i candidati per i concorsi di professore (ordinari e associati) e che, salvo improvvisi colpi di scena, dovrebbero tenersi entro il prossimo dicembre. Un po’ più di pazienza dovranno invece averla i ricercatori ma anche in questo caso la situazione sembra prossima allo “sblocco”.
Tornando invece ai numeri, quelli che gli Atenei saranno costretti a raggiungere contando esclusivamente sulle proprie forze e in considerazione soprattutto dei 700 milioni di euro di tagli previsti entro il 2010 per il comparto università, Tomasello pensa già alla prossima mossa: «È necessario perseguire una politica di risparmio, ecco perché il passo successivo sarà quello di ridurre il numero dei dipartimenti che dagli attuali 52 arriveranno a 30».
