Pd, D'Arrigo: "L'attesa delle tavole della legge sta diventando un alibi"

Pd, D’Arrigo: “L’attesa delle tavole della legge sta diventando un alibi”

Rosaria Brancato

Pd, D’Arrigo: “L’attesa delle tavole della legge sta diventando un alibi”

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mercoledì 21 Agosto 2013 - 11:34

Con la scusa che non esistono ancora regole nuove per il Congresso nel Pd l'atmosfera è quella dell'attendismo. Un comodo alibi per quanti sperano di "riposizionarsi". Tutto questo, scrive il messinese Giacomo D'Arrigo su Europa quotidiano, avviene a prescindere dalle idee e dai contenuti che sono invece l'unica cosa che interessa ai cittadini.

Mentre l’elettorato del Pd spera che finalmente il partito “faccia qualcosa di sinistra”, l’apparato prende tempo, trovando un’ancora di salvezza nell’attesa delle “tavole della legge”, ovvero le regole di un Congresso che sta diventando un alibi.

Su questi temi si basa la riflessione che il renziano Giacomo D’Arrigo ha fatto sul giornale Europa quotidiano, soffermandosi proprio sul comportamento dell’apparato che rinvia ogni presa di posizione ufficiale con la scusa di regole che non sono state ancora varate, piuttosto che pensare ai contenuti.

“E comunque io aspetto le regole, poi se ne parla- scrive l’esponente del Pd- E’ questa la frase più ripetuta nell’estate 2013 dal personale politico del Pd. Non da militanti, iscritti, volontari delle feste ed aderenti, tutti soggetti questi che aspettano le nuove “tavole della legge” con ansia crescente e curiosità morbosa, come la panacea del male oscuro che avvolge il centrosinistra. Non loro quindi, che vorrebbero soltanto che il Pd vincesse con nettezza un’elezione nazionale per poter andare al bar e dire: «Ho vinto! Adesso tocca a noi!», ma i dirigenti. Aspettiamo le regole. Poi si decide cosa fare, con chi stare e trattare, è l’espressione che deputati, segretari, consiglieri, quadri, dirigenti e aspiranti tali, mettono all’inizio e alla fine di una qualsiasi discussione. Poche parole che indicano una linea, ma anche un rifugio: un luogo dove aspettare sicuri di non essere divorati nella giungla di correnti, gruppi e scontri che oggi è il Pd. Un riparo provvisorio in attesa che accordi, posizionamenti e cordate siano chiari e prendere quindi, poi, posizione ufficiale e pubblica”.

E questo rifugio, questo riparo vale da Torino a Palermo, un sistema ottimo per congelare qualsiasi posizionamento definitivo e qualsiasi dichiarazione sui contenuti, paradossalmente proprio nel momento in cui alla base, interessano molto più i nuovi contenuti del Pd piuttosto che le regole per il Congresso. L’attesa sembra essere diventata un alibi fin troppo facile per non tracciare strade e spiegazioni politiche su quello che dovrà essere il percorso del Pd e dello stesso governo.

“C’è cioè come la paura di pensare e offrire un disegno, un orizzonte largo e coinvolgente. Una proposta concreta- scrive Giacomo D’Arrigo- L’ultima tornata nazionale brucia ancora, la granitica certezza di una vittoria si è trasformata in un incubo dal quale il Pd e soprattutto il suo personale politico intermedio non sembra ancora essersi ripreso e per questo non capace di programmare il futuro. Una stasi che la formuletta delle regole aiuta a mascherare. Aspettiamo, poi si vede. Bene o male tutti i candidati alla segreteria nazionale hanno detto chiaramente con quali regole votare: quelle che permettano la più ampia e inclusiva partecipazione. Nonostante ciò il corpaccione del partito aspetta la certezza delle regole per decidere il da farsi. Vuoi mettere “il rischio” di dire a viso aperto quale idea di Italia e di centrosinistra si ha e quali proposte si sostengono prima che le regole possano darti la certezza che il tuo posizionamento sia tra i vincenti sicuri?”

Nel crogiolarsi in attesa persino di decidere le date l’apparato pensa che rinviando le decisioni possa risolvere il problema, che non è solo quello delle regole, ma del messaggio politico che il partito vuol lanciare ad un elettorato sempre più distante dalle stanze dei bottoni. Il dibattito sulle regole rischia di essere solo fumo negli occhi per celare l’inconsistenza delle proposte e soprattutto la profonda confusione che sta attraversando il partito, dalle larghe intese in poi.

La classe dirigente del Pd sta quindi ferma in attesa anche di capire “da che lato soffierà il vento delle nuove regole” in modo da sistemare il proprio personale timone e non rischiare il naufragio della propria piccola nave o gommone che sia.

Matteo Renzi, torto o ragione che sia, è ed è percepito come l’outsider – conclude D’Arrigo nella sua analisi- Il sindaco di Firenze è oggi per una grandissima parte dell’elettorato di centrosinistra “il campione” da schierare e far giocare, colui che può farci (finalmente!) vincere ma, si preferisce aspettare che tutto questo venga regolato. E nei territori, il personale politico del Pd aspetta. Aspetta di vedere se possano venire fuori regole che, indipendentemente da idee, programmi e candidati, siano utili alla propria “agibilità politica”. Non si sa mai: vuoi mettere che vengano fuori regole che mi siano convenienti? Meglio stare fermi.Intanto aspetto le regole, poi decido con chi stare, che fare e pure cosa dire”.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. ..Un comodo alibi per quanti sperano di “riposizionarsi”.
    Stanno parlando di D’Arrigo e dei Renziani oltre che degli ex-comunisti, presumo.

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  2. bonanno giuseppe 21 Agosto 2013 15:52

    ……..minchia……………ma si “ai tempi” non ti raccumannava …………tu astura eri nuddu mmiscatu cu nenti

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