L'architetto Principato esprime soddisfazione per la realizzazione di un suo progetto nel segno della memoria storica e culturale di Messina
MESSINA – “Il teatro ritrovato a Messina con il ripristino della cancellata carrozzatoio del teatro Vittorio Emanuele. La realizzazione e collocazione in ferro battuto, nelle cinque aperture, tre frontali e due laterali, del carrozzatoio, sul fronte principale, arriva finalmente in porto. Sono passati oltre quattro anni da quella data e quel mio progetto che redassi con tanto amore da sempre avuto per Messina, e soprattutto a titolo gratuito, grazieall’impegno del soprintendente Gianfranco Scoglio e del presidente Orazio Miloro dell’Ente teatro vede finalmente la sua realizzazione”. Così l’architetto Nino Principato, ex componente del Consiglio d’amministrazione del Vittorio Emanuele.

Spiega l’architetto: “Con lettera del 28 maggio 2021, la Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Messina, diretta dall’architetta e soprintendente Mirella Vinci, esprimeva parere favorevole al mio progetto di ripristino, ritenendo che fosse meritevole di approvazione e ne autorizzava l’esecuzione.Tale esigenza era nata, quando facevo parte del Cda del Teatro, nell’ottica del recupero dell’originario assetto precedente al sisma del 28 dicembre 1908. In origine denominato “Real Teatro”, nel primo progetto redatto dall’architetto napoletano Pietro Valente (1796-1859) firmato e datato 26 luglio 1827, prese successivamente il nome di “S. Elisabetta” in onore della madre di re Ferdinando II di Borbone e venne inaugurato, anche se ancora non ultimato, il 12 gennaio 1852. Debellati i Borbone da Messina, il 13 settembre 1860 cambiò nome in “Vittorio Emanuele II”, a seguito dell’annessione di Messina al Regno d’Italia. Nel progettarlo, Pietro Valente si rifece al “Neoclassicismo storico”, nel senso di aspirazione ad un’architettura perfetta ma con una tensione che attinge dal romantico”.
Il teatro a Messina e la sua tradizione storica
Continua Principato: “In Sicilia, Messina, col “S. Elisabetta”, fu la prima città a costruire un teatro; seguirono, dopo il 1873, il Bellini di Catania (architetti Scala e Sada) e, per concorso, il “Massimo” di Palermo dell’architetto Giovanni Battista Filippo Basile. Il secondo classificato al concorso, l’architetto capuano Giuseppe Damiani de Almeyda progetterà, sempre per Palermo, il “Politeama Garibaldi”. Esternamente, la facciata principale del Vittorio Emanuele si caratterizza per il corpo di fabbrica avanzato a portici, a due elevazioni e scandito da arcate a tutto sesto, all’interno del quale si trova il “carrozzatoio” coperto e dove si aprono le tre porte principali d’ingresso. Tutte queste aperture erano chiuse da cancellate metalliche a due ante che si conservarono anche dopo il sisma del 1908. fino alla fine degli anni ’30 del Novecento. In quell’epoca vennero asportate dal regime fascista per donarle alla patria insieme a tutto il metallo raccolto in Italia, per essere fuso, per la produzione bellica”.
“Come per il teatro “Bellini” di Catania, che presenta e conserva ancora oggi analogo carrozzatoio chiuso da cancelli, e per il “Massimo” e “Politeama Garibaldi” di Palermo, anche il Vittorio Emanuele II era quindi dotato di cancellate metalliche le cui decorazioni erano ispirate e tratte dal repertorio decorativo del neoclassicismo attardato con richiami al liberty. Nel rispetto delle Carte del Restauro (Venezia, 1964; Atene, 1931; Carta Italiana del restauro, 1932 e 1972) le cancellate da me progettate hanno evocato, senza copiarne integralmente le linee, la conformazione e i decori originali e sono state realizzate in ferro battuto. I cancelli a due ante apribili verso l’interno del carrozzatoio, hanno diverse larghezze, in base alle larghezze nette delle aperture ad arco: mt. 2,53 nelle tre frontali in via Garibaldi e mt. 3,25 nelle due laterali in via Pozzoleone e in via Laudamo. Sono alti, come quelli originali, mt. 1,90 (mt. 1,95 da terra) e sono incernierati in pilastrini in ferro battuto larghi cm. 25 e fissati, solo nella parte alta e bassa, alle murature laterali. Ecco, questo è quello che ho fatto per la mia città, senza pretendere nulla e senza avere nulla in cambio. E ne vado orgoglioso”, conclude Nino Principato
Foto dalla pagina Fb dell’architetto.

La città, se mai capirà quanto realizzato, dovrebbe intitolarLe qualcosa. La storia, sebbene qualcuno creda che non sia utile e stia facendo perdere il nostro patrimonio storico consentendo il trasferimento dell’Archivio di Stato dalla città, aiuta a mantenere vivo il Cuore e la Messinesità tanto sbandierata da tutti.
Se ascoltassimo di più gente come l’architetto Principato potremmo avere una città che sa fare memoria della sua millenaria storia, che non è nostalgia del passato ma conoscere le radici di cui siamo figli e testimoni oggi.
L’architetto Nino Principato è un’ottima persona sia dal punto di vista professionale, sia dalla sua cultura storica di Messina, sia dal suo comportamento di rispetto e di amicizia con tutti.
4 anni per fare un paio di cancelli. A sta ura, si c’era l’ “I-Hub”, ll’aviunu fatti ca stampanti 3D !