Paola Bignardi: l’emergenza educativa è un problema che va oltre la scuola

Paola Bignardi: l’emergenza educativa è un problema che va oltre la scuola

Paola Bignardi: l’emergenza educativa è un problema che va oltre la scuola

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lunedì 31 Maggio 2010 - 09:34

Intervista esclusiva di Tempostretto all'ex presidente nazionale di Azione cattolica italiana

Ha riscosso un notevole successo di pubblico la presentazione del libro di don Giussani “Vivere intensamente il reale. Scritti sull’educazione” organizzato dalle associazioni Diesse Messina e Portofranco Messina. Per quasi due ore nella chiesa di Santa Maria Alemanna circa centocinquanta persone anno ascoltato la prof.ssa Paola Bignardi che si è rivolta alla platea richiamandola a quel compito educativo che ogni società evoluta ha il dovere di non abdicare. Non mancando di sottolineare come l’Italia sia attraversata da una grande emergenza che non è principalmente di natura politica ed economica, ma è qualcosa da cui dipendono anche la politica e l’economia: si chiama “educazione”. E l’educazione riguarda ciascuno di noi, ad ogni età, perché attraverso l’educazione si costruisce la persona e quindi la società. Noi di Tempostretto eravamo presenti e abbiamo intervistato in esclusiva la prof.ssa Bignardi.

Prof.ssa Bignardi tra le tante emergenze che interessano il nostro Paese una, forse, è quella che desta maggiori preoccupazioni: l’«emergenza educativa». Ultimamente, a causa dei frequenti episodi di violenza giovanile e di bullismo, il problema dell’«emergenza educativa» sembra riguardare solo i giovani e la scuola. Davvero l’educazione è un fenomeno che attiene solo la scuola?

-L’emergenza educativa è un fenomeno che riguarda non solo la scuola, ma la famiglia, la società, i diversi luoghi che contribuiscono all’educazione delle nuove generazioni. In effetti l’emergenza educativa mostra i suoi effetti nei più giovani e nei luoghi della loro vita, ma la sua origine è nella generazione adulta, in tutti coloro che hanno delle responsabilità, nella società tutta.

La crisi dell’educazione è mancanza di punti di riferimento, è difficoltà per gli adulti di offrire ai più giovani delle ragioni di vita e una lettura della realtà che abbia un senso e sia capace di orientare, impegnare e affascinare i ragazzi e i giovani. Una generazione adulta svuotata dal consumismo, povera di valori, superficiale nel suo rapporto con la realtà, affaticata da un ritmo di vita in cui c’è poco posto per la persona stenta a gettarsi in quella splendida avventura che è trasmettere ai giovani ragioni di vita e di speranza. Certo non tutti gli adulti rispondono a questo ritratto pessimista, ma il clima diffuso è di questo tenore. I giovani si affacciano più con spavento e noia che con interesse al mondo nel quale domani saranno i protagonisti, e crescono in una grande solitudine-.

Per tanto tempo si è pensato che fosse sufficiente insegnare ai ragazzi la matematica o l’italiano e si è tralasciato di trasmettere loro un metodo per comprendere la realtà che li circonda, ciò ha generato indifferenza e incapacità di interessarsi a qualunque cosa: c’è la possibilità di recuperare tale situazione e come? Non è facile rispondere a questa domanda, che equivale a chiedersi: come si esce dall’emergenza educativa?

-Penso che ogni istituzione che ha tra i suoi compiti quello dell’educazione debba interrogarsi sul modo di affrontare la propria responsabilità, sapendo che oggi è più facile ma anche più appassionante che in passato educare; l’educazione non si basa più su ciò che si poteva acquisire nel contesto sociale di vita: oggi è frutto solo di un’azione intenzionale, cioè di una scelta che gli adulti fanno di dedicarsi da educatori ai più giovani. Ed è tanto più difficile educare in questa forma, ma al tempo stesso anche tanto più ricco e appassionante: l’educazione manifesta tutta la sua natura di grande esperienza umana, è una comunicazione di vita, è un investimento consapevole sul futuro, è esercizio di speranza… un percorso tutt’altro che scontato, ma di grande arricchimento per chi vi si dedica. La personalità di un adulto si costruisce in questo modo: nel generare al senso della vita attraverso l’educazione. Scuola, famiglia, parrocchia, gruppi giovanili, movimenti ecclesiali… : ciascuno è chiamato a fare la propria parte a modo proprio, ma puntando in alto, senza sconti, senza pigrizie e senza paura-.

Nel libro “Vivere intensamente il reale” don Giussani, nel capitolo dedicato al rischio educativo, sostiene che il grande problema della società è innanzitutto educare i giovani perché attraverso di essi si ricostruisce la società. Come il metodo di don Giussani ha contribuito ad affrontare il problema educativo e quindi quello della costruzione di una società più umana?

-Don Giussani è un prete che ha creduto fortemente nell’educazione e per essa ha speso molte delle sue energie sacerdotali. Il modo con cui d. Giussani ha impegnato i giovani mi pare che abbia avuto un carattere globale, cioè che abbia riguardato tutte le dimensioni della vita e dell’impegno personale e che abbia fatto maturare nelle persone il senso della loro responsabilità nella società, nella professione, nei luoghi della vita. Si tratta di un metodo oggi quanto mai importante, dal momento che la testimonianza cristiana si gioca nel mondo, ed è anche impegno a costruire una società più a misura della dignità e del valore di ogni persona. La ricostruzione della società, oggi più che mai, può avvenire a partire dall’interno, dal cuore e dalla coscienza delle persone, da atteggiamenti e scelte che si lasciano ispirare e improntare dal Vangelo-.

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