Sinistra contro destra? No, messinesi contro anti-messinesi

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lunedì 30 Agosto 2010 - 11:40

Considerazioni di un comune libero cittadino dopo il corteo del 28 agosto

Abitanti di Faro, Granatari, Ganzirri e zone vicine; comitati delle zone alluvionate; lavoratori marittimi (ed ex, ormai licenziati) movimenti di sinistra; associazioni apartitiche e antimafia (Rita Atria ed Energia Messinese, per nominarne qualcuna), anarchici; indipendentisti con le bandiere siciliane; ex-berlusconiani (alcuni pentiti, altri no); neofascisti in incognito e persino un questore in borghese… I partecipanti dei cortei no ponte hanno tutti qualcosa in comune che esula dalle appartenenze politiche: l’appartenenza territoriale.

La cosa sorprendente, a tratti commovente, è stata la calorosissima accoglienza da parte degli abitanti. Le persone di una certa età hanno elargito ai manifestanti bottiglie d’acqua per combattere il fastidioso caldo di quel giorno. Accolti quasi come i tiratori della Vara, o addirittura come “eroi”.

Messinesi, siciliani, calabresi. Il minimo comune denominatore che univa persone figli di diverse esperienze.

D’altronde, se così non fosse, chi dovrebbe difendere i nostri diritti e diffondere la realtà della nostra città che abbiamo la (s)fortuna di conoscere così bene? Bersani, azionista della Cmc? Calderoli (schieratosi a favore del Ponte, dopo aver ricevuto l’invito da Raffaele Lombardo)? La mafia (che tanto ci ha fatto vergognare in tutto il mondo, rendendoci vittime di razzismo)? Calarco (presidente della Gazzetta del Sud che a Sciuscià su Rai2 disse “Ben venga la mafia se costruisce il Ponte”)? Gli azionisti Impregilo? Non di certo. L’ingrato compito spetta a noi messinesi che giochiamo in casa.

E poiché i miracoli accadono, anche Messina ha avuto il suo momento simil-Scanzano Ionico o Comiso: quando il ministro Matteoli ha fatto dietrofront prima di firmare la convenzione Eurolink-Università. E’ verosimile, infatti, pensare che il vero motivo fosse l’illegittimità dell’accordo, piuttosto che “sopraggiunti impegni inderogabili” (per quanto siano importanti tali impegni appare strano un rinvio di mesi). Un piccolo risultato, ma pur sempre un risultato. La prova che stare a guardare è solo peggio. Un episodio che dovrebbe servire da stimolo, non solo ai no-ponte, ma a qualsiasi movimento sociale che possa contribuire a risvegliare questa città. L’importante è prendere una posizione chiara e decisa ed abbattere l’indifferenza, spesso creata ad hoc da chi sta sopra.

Il Comitato Capo Peloro, ad esempio, è una realtà interessante, innovativa e importante. In una città in cui l’apatia e il menefreghismo predominano e in cui il massimo sforzo del giovane tipo è andare al Flexus o raccogliere firme per chiedere al sindaco di portare Marco Carta a Messina (sic!), è sempre più difficile costituire associazioni apartitiche con attività no-profit e riuscire a coinvolgere le persone per svolgere al meglio le proprie attività. A prescindere dalle posizioni che ognuno di noi può avere nei confronti del Ponte, a questo Comitato neoformato vanno solo fatti i complimenti. Le opinioni sono discutibili, l’impegno no.

Certo, l’unica critica che si potrebbe muovere al Comitato è quello di non essersi costituito ufficialmente prima, essendo consci della spada di Damocle che da anni pende sulle loro teste (tra l’altro senza un briciolo di informazione e di garanzia, che qualsiasi istituzione dovrebbe conferire a ogni singolo cittadino), vittime della Legge Obiettivo, una delle più antidemocratiche della nostra nazione. Per di più in balia di rappresentanti locali che probabilmente non sono neppure informati sul da farsi. Nessuno che abbia spiegato dove dovrebbe essere spostato il cimitero (un tirante del ponte dovrebbe finire proprio lì) o dove dovrebbe essere smaltito il materiale di risulta dagli scavi (stimati otto milioni di metri cubi). Rappresentati da un Presidente della Provincia che soltanto ora si pone il problema della concessione delle strade all’Eurolink. Intendiamoci, chiudere mezza Panoramica è effettivamente una follia. Ma dov’era il Presidente quando a denunciarlo erano i cittadini che si opponevano?

Ma si sa, le trivelle hanno fatto sparire parte dell’apatia di cui sopra. Le disgrazie a volte aiutano.

Un errore che però il movimento non deve compiere è identificare il Ponte solo ed esclusivamente con Berlusconi. Non che il nostro premier sia esente da colpe, anzi. Ma per il semplice fatto che l’iter della grande opera potrebbe continuare benissimo anche senza di lui, in considerazione del fatto degli interessi (più o meno leciti) che ci sono in ballo. A maggior ragione ora che il berlusconismo è ormai sul viale del tramonto.

Di contro, va invece ricordato – indipendentemente dalla sua assenza ai cortei – che il Partito Democratico continua la sua celata (ma neppure troppo) campagna pro-Berlusconi anche per ciò che riguarda l’affare Ponte. Non dobbiamo dimenticare che l’iter fu inizialmente avviato dal governo D’Alema nel 1999. Non dobbiamo dimenticare che la Commissione Ponte al Comune è presieduta proprio da uomini del Partito Democratico. E, cosa molto importante, non dobbiamo dimenticare che una cooperativa rossa di Ravenna, la CMC (Consorzio Muratori e Cementisti) risulta tra i finanziatori della grande opera in questione (già versati 600 milioni, secondo il sito ufficiale www.cmc.coop). La Cmc è stata inaugurata in pompa magna proprio da Bersani (di cui è ex-amministratore) e D’Alema.

Questa è una delle motivazioni per la quale Berlusconi riesce a trovare consenso anche nei confronti di chi il ponte non lo vuole. Molti messinesi preferiscono all’ipocrisia di una finta opposizione, la sfacciataggine e il senso di impunità di Berlusconi. A questo poi va aggiunto che tale consenso spesso è direttamente proporzionale al livello di qualunquismo e/o di clientelismo.

La domanda più giusta da fare al messinese, infatti, non è “ponte si o ponte no”, ma “quanto ci credi alla costruzione del Ponte?”. Ciò che è stato chiesto in un sondaggio effettuato da Tremedia: solo il 15% dei cittadini crede che il Ponte verrà costruito in 6 anni. E d’altronde, se rivolgiamo il pensiero a opere come la Salerno-Reggio Calabria (in cui c’è lo zampino dell’Impregilo), la Messina-Palermo, lo stadio S.Filippo, ecc. il Ponte in 6 anni sembra più una barzelletta che non fa ridere.

Dicevamo, il compito di denunciare e diffondere la verità spetta a noi messinesi. E ce ne sarebbero. Si potrebbe ad esempio dire che, dopo averci ammorbato con la retorica dell’occupazione per i messinesi, i lavori preliminari sono stati affidati a ditte esterne dall’Eurolink (precisamente ad una ditta della provincia di Padova). Così come è una certezza che sarà la Fenice spa, di Torino, ad occuparsi del monitoraggio ambientale nelle aree interessate dai cantieri.

Ma una cosa che noi messinesi abbiamo il dovere di denunciare sono gli interessi dei signori della Caronte & Tourist (Franza-Matacena) nei confronti del Ponte: fuori Messina, infatti, non sanno che l’aumento del prezzo dei biglietti è strettamente legato all’affare Ponte. Apparirebbe, infatti, strano che Caronte & Tourist e Stretto di Messina Spa creino un consorzio per eseguire una singolare ricerca sulle “modalità di trasporto nello Stretto” (in teoria dovrebbero essere concorrenti tra loro). Così come apparirebbe strano che i Franza possiedano il 28% delle quote Engineering Tourinternet (al cui interno ci sono le banche che finanziano il Ponte, come Intesa-Sanpaolo, Monte dei Paschi, Unipol, ecc.). Così come apparirebbe strano che nel 2002 la signora Franza abbia fatto da anfitrione prima a Lunardi e Cuffaro, poi a Zamberletti (presidente della Stretto di Messina Spa, a cui fu addirittura conferito dai Franza un mezzo navale) per visitare i luoghi dei lavori del ponte. E anche in diverse interviste, i Franza hanno effettivamente dichiarato il proprio interesse nella costruzione dell’opera. La famiglia Matacena (ai tempi deputato forzista), inoltre, brevettò il progetto di un ponte sommerso (idea però scartata dalla Stretto di Messina).

In verità, non c’è nulla di così strano: i Franza hanno promosso un’intesa con le maggiori società edili locali, fondando il Consorzio Costruttori Messinesi – strumento più idoneo per accrescere il peso dell’imprenditoria peloritana nella contrattazione diretta degli appalti e dei subappalti per il manufatto. Attorno al Ponte dovrebbero, inoltre, sorgere infrastrutture turistico-immobiliari e “culturali”, settori dove il gruppo Franza non conosce rivali nell’area dello Stretto.

Se poi a questo aggiungiamo la mancata concorrenza da parte dell’Rfi (dovuta alla dismissione con la scusa Ponte) e il mancato potenziamento del porto di Tremestieri, il quadro si chiude. E basterebbe davvero così poco per risolvere le emergenze traffico che hanno interessato gli ultimi due weekend, facendo felici sia i turisti, sia i pendolari dello Stretto ai quali il Ponte non servirebbe mai (considerando che l’uscita, secondo il progetto, sarebbe addirittura a Villafranca!). Soluzioni a breve termine, insomma. Quelle che ci vengono negate da tanti anni perché siamo solo in grado di aspettare il ponte.

Per questo il no-ponte non è una questione di essere di parte. Basterebbe semplicemente vivere a Messina e guardare in faccia la realtà. Basterebbe essere messinesi, siciliani, calabresi. Basterebbe rendersi semplicemente conto che il Ponte è un parafulmine inventato dalla classe dirigente per giustificare i loro fallimenti. Come la Fata Morgana, che fa apparire vicino ciò che vicino non è.

Ricordo quando tanti anni fa a Bergamo i leghisti mi guardavano male: “Terroni, ma perché non volete il Ponte? Ve lo facciamo noi padani.” Io rispondevo: “Perché sono messinese. A me importa, a voi no. A voi gli onori, a me gli oneri”. Silenzio. Anzi, “stutati”.

Ridimensionare solo ed esclusivamente dal punto di vista politico/fazioso un movimento così variegato e multicolore è ingiusto, qualunquista o peggio ancora strumentale nei confronti delle diverse realtà che vi partecipano semplicemente perché ci credono. La realtà è questa, ed è incontrovertibile. Il resto sono giudizi sintetici a priori, per dirla alla Kant.

Facciamolo dunque capire ai detrattori, che lo dicano in buona o in cattiva fede.

L’importante è qualcuno che continui a tirare questa colorata Vara ci sia sempre.

E’ la democrazia. Godiamocela adesso prima che sia troppo tardi.

La democrazia è quando il governo si rassegna al suo popolo e non quando il popolo si rassegna al suo governo (Flavio Oreglio)

Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia. Ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente. (Voltaire)

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