René Abu Rub, palestinese a Messina da 40 anni, impegnata nella cooperazione internazionale: "Pace duratura, e ricostruzione, no al giogo inglese e Marwan Barghouti libero subito, il popolo palestinese deve contare".
Messina – Con la tregua tra Israele e Hamas anche i palestinesi trapiantati in Europa hanno finalmente tirato un sospiro di sollievo. Tra loro anche René Abu Rub, messinese ormai a tutti gli effetti ma che non dimentica le sue origini e anzi è impegnata a livello internazionale per la sicurezza del popolo palestinese. “Siamo colmi di gioia – racconta René – la mia famiglia è in Cisgiordania ma ogni singolo giorno non abbiamo fatto che pensare ai nostri fratelli a Gaza, il nostro cuore è sempre stato lì con loro, sotto le bombe. Adesso ci raccontano e ci arrivano le immagini di un vero e proprio pellegrinaggio di quel che resta delle loro case”.
Messinese e palestinese per sempre
René è molto amata in riva allo Stretto. Attivista impegnata, suo marito è ormai una figura storica della città, lei opera col circolo Arci Thomas Sankara e nel Coordinamento Messina-Palestina nato nel 2020 che vede impegnati tanti cittadini ed esponenti della società civile cittadina. “I mie figli sono nati e cresciuti qui ma hanno la doppia cittadinanza e anche loro si sentono palestinesi, sono attivisti anche loro e si sentono profondamente legati al nostro popolo. E lo è anche il mio nipotino piccolissimo! – dice con gli occhi finalmente sorridenti- un anno fa ha preso parte alla sua prima manifestazione pro Palestina nella carrozzina spinta dalla madre, il mio primo regalo per lui è stata una bandiera palestinese, è palestinese anche lui”.
L’angoscia per la famiglia in Cisgiordania
René è rimasta vicina alla famiglia in Cisgiordania: “Sono tutti lì, io sono in Italia dall’89 ma fino al 2023 tornavo spesso, poi non è stato più possibile. Con la tregua sono tornata a sperare e a liberarmi un poco dall’angoscia. In questi mesi tutti i giorni ho sentito le mie sorelle. Ogni volta che mi rispondevano al telefono mi raccontavano quello che sentivano e vedevano fuori dalla porta: “In questo momento stanno arrestando qualcuno in strada”, “Ecco, si sentono degli spari”, “No, non posso farti avere quel certificato che mi chiedi, gli uffici sono tutti chiusi”. Sono stati giorni di angoscia continua. Adesso torniamo a sperare”.
Verso la conferenza nazionale per la Palestina
A 62 anni Rene è una colonna dell’attivismo internazionale pro Palestina e adesso contribuisce al dopo cessare il fuoco. “Ottimo il cessate il fuoco ma Gaza deve essere sicura. I palestinesi stanno tornando a casa ma hanno ancora paura che ricominceranno a bombardare. Se così fosse, per loro sarebbe la fine definitiva. Io però credo nella possibilità di una conciliazione”. Insieme a profughi palestinesi e rappresentanti dei partiti politici, René Abu Rub ha contribuito, nel 2024, alla fondazione della National Conferenze for Palestine, che ha l’obiettivo principale è riformare e riattivare l’OLP, l’unità del popolo palestinese in tutte le sue direzioni e sfumature. Nel 2020 è nata la European Palestinians Initiative for National Action( EPINA), ha gli stessi obiettivi ma i membri sono solo palestinesi di Europa.
La storia non deve ripetersi e uno Stato palestinese libero è possibile
“Io credo nella possibilità che arrivi una conciliazione. Ho sempre lavorato e lavoro ancora di più per questo adesso. In questi giorni è sul tavolo della trattativa per il rilascio dei quattro più importanti ostaggi palestinesi, ovvero i capi delle principali organizzazioni palestinesi. Tra loro c’è Marwan Barghouti, una sorta di Nelson Mandela per i palestinesi. Lo vogliamo libero e vogliamo che sia il prossimo capo dello Stato. Uno stato che non deve essere sotto il controllo inglese diretto. I palestinesi non vogliono gli inglesi, è una esperienza che hanno già fatto e che ha portato alla guerra del ’48. In Cisgiordania sta accadendo quello che accadde in quegli anni e dobbiamo scongiurarlo in tutti i modi. Aspettiamo il momento in cui i palestinesi riacquistino i loro diritti. Gaza deve essere libera e deve essere ricostruita a spese degli israeliani, loro hanno distrutto e a loro tocca il costo della ricostruzione”, spiega René, delineando i punti che saranno alla base delle richieste dei palestinesi.

Va ricordato che una pace duratura puo’ esserci solo e soltanto se Palestinesi ed Ebrei (nati/e e cresciuti/e in quella terra) possono vivere in quei luoghi in pace ed in armonia. Ma devono essere queste stesse popolazioni a volerlo, mettendo fuori gioco ogni altra influenza contraria (e ci siamo capiti) . Ma questo, attualmente, purtroppo, non è realizzabile. Ci vorrà tempo.