Barcellona, terzo suicidio in 6 mesi. Verzera al Ministero: "Quello non è un carcere"

Barcellona, terzo suicidio in 6 mesi. Verzera al Ministero: “Quello non è un carcere”

Alessandra Serio

Barcellona, terzo suicidio in 6 mesi. Verzera al Ministero: “Quello non è un carcere”

giovedì 28 Agosto 2025 - 09:00

Nuovo appello del procuratore capo dopo il suicidio in cella di un detenuto 48enne

Barcellona – Tre suicidi in sei mesi sono troppi. Ma sono i quotidiani episodi di violenza tra detenuti, tra carcerati e guardie, i gesti di autolesionismo e le clamorose evasioni ad alzare il livello d’allarme sulle condizioni del carcere di Barcellona ospitato nei locali dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario Vittorio Madia.

Da Opg a carcere la strada è ancora lunga

Proprio la “conversione” rende l’istituto inadeguato alle finalità carcerarie. Il penitenziario non è mai stato adeguato e sotto organico e sovraffollamento carcerario fanno il resto.

Adeguare il Madia

Ecco perché il procuratore capo Giuseppe Verzera è tornato a sollecitare il Ministero della Giustizia perché metta fine a quello che è diventato un vero e proprio “calderone”, prima che la situazione degeneri ulteriormente. Il capo della Procura di Barcellona aveva già chiesto interventi al Guardasigilli per migliorare le condizioni del Madia, sia dal punto di vista strutturale che organizzativo.

E lo ha fatto di nuovo dopo l’ultimo episodio, ovvero il suicidio del detenuto di 48 anni, trovato impiccato nella sua cella. L’uomo era in carcere per maltrattamenti.

Ugl

Sul tema anche Tonino Sciotto, segretario di Ugl Messina. “Questo ennesimo suicidio, il terzo negli ultimi tre mesi in quell’istituto, non è solo una statistica, ma il segno tangibile di un dolore e di una disperazione che il sistema penitenziario non riesce a contenere. La morte di una persona, in qualsiasi contesto, è una sconfitta per tutti. Quando avviene in un luogo di reclusione, in cui lo Stato ha il dovere di tutelare la vita, è una sconfitta ancora più pesante. Questo non è il momento per sterili polemiche, ma per un urgente e serio appello a tutte le istituzioni. Non si può più far finta che il problema non esista. Il sovraffollamento, la carenza di personale e la mancanza di risorse sono fattori che, uniti, creano un ambiente insostenibile sia per i detenuti che per gli operatori. Misure come lo “svuota-carceri” o la riduzione della pena (e della sua certezza) non fanno altro che spostare il problema senza risolverlo alla radice. Si deve agire invece per cambiare l’esperienza detentiva stessa, perché il carcere non può e non deve essere un luogo di pura punizione, ma un luogo di rieducazione e recupero. E per raggiungere questo obiettivo, senza fare concessioni illogiche, dalle parole si deve passare ai fatti”.

Da qui le proposte del sindacato:

“Assunzioni immediate: serve un massiccio piano di assunzioni nella Polizia Penitenziaria per colmare i vuoti d’organico, garantendo turni sostenibili e maggiore sicurezza per tutti.

Migliori condizioni di lavoro: stipendi dignitosi e percorsi di formazione per gli agenti, che ogni giorno affrontano un compito delicato e logorante.

Un carcere più umano: un ambiente equilibrato che offra non solo la possibilità di scontare la pena, ma anche di meditare e prepararsi al reinserimento nella società”.

L’Ugl Messina lancia un grido di allarme e un invito a un cambiamento “prima che si debba piangere la prossima vittima”.

Un commento

  1. Non riesco a capire quale sia il problema carcere sulla vivibilita’ dignitosa del detenuto,
    Il detenuto e’ colui che per un motivo ha commesso un delitto o contro il patrimonio ( bene di tutti i cittadini) o contro un essere umano quindi deve stare in prigione senza discussione, se non delinqui vivi da cittadino libero, come la stragrande maggioranza degli italiani onesti.

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