Turbativa d’asta, violenza privata e minacce. Queste le accuse che hanno portato dietro le sbarre un imprenditore nebroideo e due presunti affiliati al clan dei Bontempo Scavo e dei Batanesi. Su richiesta della Procura della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia, il gip Massimiliano Micali ha disposto tre ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di dell’imprenditore di Capo d’Orlando, Giuseppe Letizia, 43 anni, più conosciuto come Pippo, Salvatore Giglia, 30 anni, di Sinagra e Vincenzo Armeli, 28 anni di San Salvatore di Fitalia. Le ordinanze custodiali sono state notificate dai carabinieri di Sant’Agata Militello ai destinatari ad eccezione di Vincenzo Armeli che si trovava già ristretto presso il carcere di Torino. I provvedimenti scaturiscono da un’attività investigativa avviata dai carabinieri nel 2005.
Al centro dell’indagine l’attività legata allo smaltimento dei reflui e dell’utilizzo degli impianti di depurazione, in 7 comuni nebroidei. Come accertato dai militari nei mesi d’indagine in almeno 5 casi documentati, Armeli e Giglia avrebbero imposto ad alcuni sindaci e amministratori locali il ricorso, in via esclusiva, alla ditta di autoespurgo di Giuseppe Letizia. In presenza di amministratori recalcitranti, che non gradivano l’imposizione della ditta dell’imprenditore di Capo d’Orlando, i carabinieri hanno accertato che Letizia per imporre il ricorso alla sua azienda, si rivolgeva proprio agli altri due coindagati, perché al corrente della loro appartenenza a consorterie mafiose dei “Bontempo – Scavo- e dei “Batanesi-.
