I media e il caso al Policlinico di Messina: una riflessione

I media e il caso al Policlinico di Messina: una riflessione

I media e il caso al Policlinico di Messina: una riflessione

giovedì 02 Settembre 2010 - 08:36

Messina condannata da un verdetto mediatico senza appello: “medici pugili”, “sala parto da far-west”. Ecco come l’intera Italia ha guardato la terra al di là dello Stretto

Di seguito pubblichiamo il contributo di Federico Alagna, redattore del mensile di Bologna -Le mani sulla città-, originario di Messina, che dopo aver seguito con attenzione la vicenda del Policlinico, ha deciso di mettere nero su bianco una rifessione su come il caso sia stato gestito dai media nazionali.

Premetto: conosco Vincenzo Benedetto, il medico di guardia (non l’invasore di campo, per intenderci) al centro dello scandalo della rissa al Policlinico di Messina. Lo conosco per ragioni personali, non professionali. E lo stimo molto come persona. Se adesso mi avventurassi, quindi, in giudizi di merito sulla vicenda, sarebbe oltremodo scorretto, oltre che stupido, dato che il lettore attento non si farebbe ingannare e smaschererebbe subito la mia evidente parzialità. Mi limiterò, allora, a condividere alcune semplici impressioni sul modo in cui questa vicenda è stata raccontata dai media.

Purtroppo, da quando i berluscones sono diventati i legittimi proprietari ed esclusivi titolari dell'(ab)uso della parola <>, sbandierata a destra e a manca nel maldestro tentativo di difendersi da accuse precise, faccio un po’ fatica ad utilizzarla anche io. Ma in questo caso credo proprio che non ci sia alternativa. Non è stata, forse, una improvvisa sindrome giustizialista quella da cui noi, Italia, siamo stati colpiti, scossi, come forse è normale che sia, dal dramma di una incolpevole mamma e di un ancor più innocente figlio?

Fin dal lancio della notizia, gli appellativi, più o meno gentili, nei confronti dei medici coinvolti si sono sprecati: “medici-pugili”, “imbecilli”. E ancora l’immagine di una “sala parto da far-west” e via discorrendo.

E va bene, diciamo che se la notizia la riportiamo nei termini di “due medici si prendono a botte e nel frattempo non si accorgono delle complicazioni sopraggiunte durante il parto della pazientee basta” , la cosa ci sta pure. Ma se nei giorni successivi la notizia rimane sulle prime pagine, continua a fare scalpore e suscita l’interesse del pubblico (oggi La Stampa rende noto che è stata la notizia più letta della settimana), un certo grado di approfondimento e di serietà da parte dei giornalisti che se ne occupano probabilmente non farebbe male. E invece sembra che non sia necessario capire chi siano realmente i medici coinvolti, indagare per vedere se si sono resi protagonisti di episodi simili in passato, ricostruire la storia, ascoltare testimonianze, fare riscontri, insomma un po’ di quel sano giornalismo di inchiesta che tanto ci manca nell’Italia di oggi.

No, il verdetto (almeno quello mediatico) è già scritto dall’inizio: colpevoli, tutti. Se poi oggi il dottor Benedetto (si, scusate, sono davvero di parte) viene ascoltato, su sua richiesta, dalla Procura e fornisce, per comprovare la propria dichiarazione dei fatti, le testimonianze di altri medici e i tabulati telefonici che dimostrano la sua pronta reazione all’emergenza (come riportato da un solo organo di informazione, Tempostretto.it) beh, no, questo non importa. Tanto i colpevoli ci sono già.

Che poi, magari, Vincenzo Benedetto in questa vicenda colpevole lo è per davvero. Però sarebbe meglio, forse, che tali conclusioni, esplicitate o lasciate intendere, fossero in ogni caso il risultato di una indagine giudiziaria o, quanto meno, giornalistica. Non il semplice accomodarsi degli organi di informazione sul comune sentire del popolo. Forse abbiamo problemi troppo seri in Italia per poterci permettere il lusso di pensare anche a questo. E se non mi sentissi colpito da questa vicenda per la stima che nutro verso uno dei protagonisti probabilmente ora non sarei qui a proporre questa riflessione.

Ma penso anche a quante altre persone è stato riservato, negli anni, un trattamento del genere. Colpevoli, perchè così la gente vuole. Colpevoli, per la pigrizia dei media. Colpevoli, perchè tanto chi se ne frega?

Con in più la beffa di quella sorta di schizofrenia scientificamente sviluppata: giustizialismo verso i più deboli, garantismo verso i più forti. Anzi, quale garantismo? Sovvertimento della verità tout court, “assoluzione” di Andreotti docet.

Sapete, il mio sogno è quello di diventare, un domani, giornalista. E allora, forse, quando scivolerò nella tentazione di seguire gli umori della gente, di accontentarmi di articoli comodi, di abdicare al ruolo di narratore dei fatti proprio del giornalista, anche nella più stupida, banale e insignificante delle situazioni, rileggerò quanto scritto finora e cercherò di riprendere il mio ruolo. Ma questo è il domani. Cosa facciamo oggi?

Federico Alagna

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