Omicido Bottari: dieci anni di nulla. Sconosciuti mandanti ed esecutori ma c'è ancora una speranza...

Omicido Bottari: dieci anni di nulla. Sconosciuti mandanti ed esecutori ma c’è ancora una speranza…

Omicido Bottari: dieci anni di nulla. Sconosciuti mandanti ed esecutori ma c’è ancora una speranza…

lunedì 14 Gennaio 2008 - 23:22

Dieci anni di silenzio, dieci anni di nulla. Messina -la città nascosta-, nel cui sottobosco proliferano inquietanti personaggi che intrecciano relazioni con ambienti giudiziari, accademici, politici, sembra aver dimenticato. Un perverso meccanismo di rimozione collettiva. E così passa quasi totalmente sotto silenzio il decimo anniversario dell’omicidio del professor Matteo Bottari, l’endoscopista del Policlinico assassinato sul viale Regina Elena il 15 gennaio 1998. L’uomo dei due rettori, oggi entrambi scomparsi. Genero di Guglielmo Stagno d’Alcontres e delfino fidato di Diego Cuzzocrea.

Alcune associazioni studentesche hanno organizzato per oggi una fiaccolata che attraverserà l’ultimo tratto di strada percorso dal professor Bottari prima di essere ucciso. Poi più niente. Neanche l’Università lo ricorderà, nessuna cerimonia ufficiale e nessuna celebrazione. Il suo ricordo azzerato come l’esito delle indagini condotte in tutti questi anni. Oggi tutte le speranze sono riposte in un nastro, un’audiocassetta che secondo i giudici potrebbe svelare qualcosa. Ma servono altre perizie ed il momento della verità sembra ancora molto lontano. Eppure nei giorni successivi al delitto Messina sembrò attraversata da un brivido freddo. Cosa stava accadendo se anche un uomo come Bottari poteva essere ucciso in quel modo spietato? Quali affari, quali logiche, quali poteri occulti decidevano dall’alto i destini della città e la indirizzavano su una via senza ritorno? In questi ultimi anni alcune inchieste giudiziarie qualche risposta l’hanno fornita. -Panta Rei-, -Caso Messina-, -Aula Magna-, -Gioco d’azzardo-, -Appalti al Policlinico- hanno svelato in parte il malaffare che ammorba la città nei suoi gangli più reconditi ed insospettabili. Ma non l’inchiesta sull’omicidio di Matteo Bottari.

L’OMICIDIO- Sono da poco trascorse le 21 quando il professore Bottari lascia la clinica Cappellani, all’epoca di proprietà dei Cuzzocrea. Sale in auto diretto verso casa e telefona con il cellulare alla moglie Alfonsetta Stagno d’Alcontres per avvisarla del suo imminente arrivo. L’auto si ferma al semaforo all’incrocio fra viale Regina Elena e viale Annunziata. Quando riparte la vita di Bottari è giunta al capolinea. Due persone affiancano con uno scooter la vettura. Il killer esplode un solo colpo, sufficiente ad ammazzare il docente universitario. La moglie dall’altro capo del telefono sente la detonazione e poi l’impatto della macchina contro la saracinesca di un negozio. Capisce tutto. Bottari è morto, ucciso con un metodo che non lascia adito a dubbi. Chi ha sparato era un professionista che non doveva assolutamente sbagliare. Perchè l’endoscopista scomodo doveva finire quella sera i suoi giorni. In quello stesso momento si apre una vicenda giudiziaria fra le più controverse della storia messinese. Una vicenda che non ha mai neanche sfiorato la verità. Un’altra macchia nella città in cui, per la capacità investigativa di magistrati e forze dell’ordine e per il contributo dei pentiti, si sono risolti decine di casi di omicidi. Dietro ai quali però non si è mai nascosto il coacervo di interessi che sembra celi questo delitto. Un caso unico nel suo genere.

L’INCHIESTA GIUDIZIARIA- Eppure qualcuno pensò che l’omicidio Bottari si potesse risolvere rapidamente. La soluzione al caso si doveva cercare all’interno del Policlinico. La Procura, ed in particolare il sostituto Carmelo Marino, spinsero subito in un’unica direzione: la ristrutturazione del Padiglione A e l’unificazione di due reparti. Sorsero dei profondi dissidi fra il professor Giuseppe Longo, gastroenterologo, e Bottari che non accettavano questo accorpamento. In particolare Longo puntava a diventare il responsabile del nuovo megareparto e così la frattura fra i due diventò insanabile. La Squadra Mobile iniziò ad indagare ricorrendo ad intercettazioni telefoniche ed ambientali. Ne venne fuori un quadro non del tutto esauriente. Il professore Longo, che molti anni prima era stato vittima di un rapimento, pur non essendo accusato formalmente fu sospettato di essere il mandante dell’omicidio. Un’accusa grave ed infamante sempre respinta dal medico calabrese. Dopo anni di battaglie giudiziarie la posizione di Longo fu archiviata. Non era stato lui ad ordinare l’omicidio del professor Bottari. E nel dicembre 2006 si è chiuso anche l’ultimo capitolo relativo ad un altro filone d’inchiesta. I giudici del tribunale, applicando la legge ex Cirelli, hanno disposto la prescrizione per quattro indagati del reato di favoreggiamento. Si tratta dell’ex prorettore dell’Università Giacomo Ferraù, dell’ex segretario amministrativo dell’Ateneo Eugenio Capodicasa (arrestato a luglio con la moglie per la gestione dei fondi Lipin), per l’infermiera Adriana Laganà e per l’agente penitenziario Giuseppe Romano. Con varie condotte avrebbero tentato di depistare le indagini della Squadra Mobile, soprattutto omettendo di raccontare negli interrogatori la verità su alcuni episodi. E questo rimane l’ultimo brandello d’inchiesta sull’omicidio Bottari approdato in un’aula di giustizia.

L’AUDIOCASSETTA- Negli anni qua e là più volte si è riacceso qualche barlume di speranza sempre frustrato. Oggi tutto è affidato ad un’audiocassetta spuntata all’improvviso nelle indagini dell’operazione Gioco d’azzardo. In un bar vicino al Palazzo di Giustizia di Messina nel 2001 viene intercettata una discussione fra il giudice Giuseppe Savoca, il costruttore Salvatore Siracusano e l’avvocato Letterio Arena che comunque non interviene quasi mai. Fra rumori di fondo e mezze frasi viene fuori il nome di Matteo Bottari. Nel colloquio l’imprenditore si soffermerebbe su alcuni particolari riguardanti il killer e racconterebbe addirittura che lo stesso sicario avrebbe chiesto ai mandanti: -Non credete di avere sbagliato vittima?- Sembra un colpo di scena in piena regola. -Allora qualcuno sa?- si sono chiesti in molti. Ma non è così semplice. Savoca e Siracusano sostengono che il contenuto della conversazione sarebbe completamente diverso da quello ricostruito dalle trascrizioni dei periti. E la Procura di Lecco, attualmente competente per quest’inchiesta, ha affidato una nuova perizia per tentare di capirci qualcosa. Stesso discorso per i giudici di Messina Rosa Raffa ed Antonino Nastasi, titolari del fascicolo sull’omicidio. Adesso sarà il superperito Gioacchino Genchi a cercare di scoprire cosa sia impresso su quel nastro. Ma è difficile che dalla bobina possa venire fuori qualche verità davvero utile alle indagini. La speranza è invece che dalle tante inchieste imbastite negli ultimi anni sul mondo dell’Università e degli appalti possa scaturire qualcosa. Un indizio che possa dare nuovo impulso alle indagini, un pentito che decida di parlare o qualcuno che sa e che finora ha preferito percorrere la via del silenzio. Speranze solo speranze. Davvero troppo poco dopo dieci anni di nulla assoluto.

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