Carte alla mano, i docenti Nicola Impollonia (Università Siracusa) e Giuseppe Aronica (Università di Messina), affermano: -Inviduare le aree dove costruire tenendo conto della natura orografica del territorio-
Il primo diktat è la prevenzione. E dunque la consapevolezza del rischio come primo tassello verso un nuovo processo culturale necessario per coloro che vivono in zone a pericolo idraulico, geomorfologico e sismico come quelle aretusee. Ne sono convinti gli esperti che all’indomani della tragedia di Giampilieri e Scaletta Zanclea lanciano un appello agli amministratori per una serie programmazione degli interventi.
“Occorre individuare il rischio idrogeologico – spiega Nicola Impollonia, docente di Scienze delle costruzioni alla facoltà di Architettura di Siracusa – e ciò attraverso le carte orografiche che tratteggiano i rilievi di un territorio e ne disegnano la realtà. Per questo ritengo opportuno oggi che le varie commissioni per i Prg verificassero attraverso queste mappe dove costruire: una prassi che si segue già ma che alla luce di quanto accaduto a Messina svela la necessità di eseguirla con maggiore rigore”.
Impollonia, che è messinese, fa cenno al disastro di Giampilieri sottolineando come sia difficile mettere in sicurezza le costruzioni già esistenti per i costi elevati. “Sanare intere aree abitate – dice – è molto costoso, l’aumento della sicurezza dipende dal contesto e non dalla singola abitazione. A questo occorre pensare adesso”. Convinto che il “piano casa” non diminuisce i rischi ma potrebbe invece esser sfruttato per sovvenzionare la sicurezza degli edifici, il docente sottolinea che un livello di sicurezza più elevato deve essere vero indice maggioritario del valore di una costruzione.
Della necessità di rispettare cartografie e studi parla, Giuseppe Aronica, ordinario di Costruzioni idrauliche e protezione idraulica del territorio all’Università di Messina. “Il Pai (Piano assetto idrogeologico, stilato dalla Regione nel 2002) classifica le varie aree a rischio – prosegue il docente – e quindi sottoposte a vincolo. Costruire in queste zone è impossibile a meno che non si dimostri che le edificazioni sono compatibili con il rischio”.
Isabella Di Bartolo
(foto Dino Sturiale)
