Ergastolo ostativo, studenti e docenti a confronto

Ergastolo ostativo, studenti e docenti a confronto

Vittorio Tumeo

Ergastolo ostativo, studenti e docenti a confronto

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giovedì 31 Ottobre 2019 - 08:03

Gli universitari allievi del corso di diritto internazionale ne hanno parlato con i professori Panella e La Rosa

L’ergastolo ostativo davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo e alla Corte Costituzionale” è stato il tema protagonista di un seminario-dibattito che ha coinvolto alcuni studenti del corso di diritto internazionale del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Messina. L’incontro è stato organizzato dalla Prof.ssa Lina Panella, ordinario di diritto internazionale nei dipartimenti di Giurisprudenza e Scienze politiche e giuridiche, congiuntamente con il Prof. Emanuele La Rosa, ricercatore di diritto penale.

Il Prof. La Rosa e la Prof.ssa Panella

L’incontro, nel corso del quale sono intervenuti anche la Prof.ssa Francesca Perrini, ricercatore di diritto internazionale e il Dott. Giuseppe Romeo, dottorando in scienze giuridiche, ha registrato una interessata e attiva partecipazione degli studenti, che hanno esposto dopo attente riflessioni e approfondimenti anche in sede di lezione, le motivazioni a sostegno o a sfavore della decisione della Grande Camera, che il 13 giugno 2019 ha stabilito che l’ergastolo ostativo, cioè il c.d. «fine pena mai», non sia compatibile con l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani.

La Corte Costituzionale

Tuttavia, l’evento che ha particolarmente suscitato l’interesse degli studenti ad affrontare l’argomento in questione confrontandosi con i docenti è stata la pronuncia della Consulta, che lo scorso 22 ottobre, albo signanda lapillo, ha dichiarato incostituzionale l’ergastolo ostativo previsto dall’art. 4-bis della L.345/1975 nella parte in cui si subordina la previsione di permessi premio soltanto nel caso in cui ci sia stata collaborazione con la giustizia.

Strasburgo

Ma andiamo per ordine. Il tribunale di Strasburgo si era espresso contro l’esclusione di suddetti benefici per i detenuti condannati alla pena dell’ergastolo per i reati di mafia e terrorismo che, nell’ordinamento italiano, non avevano diritto alla liberazione condizionale, al lavoro esterno o ai già citati permessi premio.

La ratio

Da qui il ricorso dello Stato italiano e la richiesta di una pronuncia da parte della Grande Camera della Corte EDU. Si era fatto riferimento in particolare, al concetto di divieto-preclusione come baluardo della legislazione contro il crimine organizzato proprio per evitare la ripresa o il rinvigorimento degli antichi legami dell’ergastolano con l’organizzazione criminale di riferimento, già di per sé difficili da recidere. Questa, in buona sostanza, la ratio che sta alla base dell’istituto dell’ergastolo ostativo.

Il caso

Ad ottobre, la Grande Camera della Corte europea ha ritenuto il ricorso inammissibile. La pronuncia deriva dal ricorso presentato da Marcello Viola, condannato all’ergastolo per associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona, omicidio e possesso illegale di armi. Dopo anni di carcere duro in regime di  41 bis, Viola ha chiesto di ottenere un permesso premio e la possibilità di accedere alla liberazione condizionale. Unico ostacolo proprio l’art. 4-bis, che prevede quale requisito per poter usufruire di detti benefici la necessità che il detenuto collabori con la giustizia, in primo luogo confessando ai magistrati le proprie responsabilità e contribuendo alle indagini fornendo informazioni utili agli inquirenti.

Dal canto proprio, la Corte EDU ha riscontrato una violazione dell’art.3 della Convenzione stabilendo che “è inammissibile privare le persone della libertà personale senza impegnarsi per la loro riabilitazione e senza fornire la possibilità di riconquistare quella libertà in una data futura”.

Da sinistra: i professori La Rosa e Panella e gli studenti Scarcella e Mazzeo

Se gli studenti che si sono schierati per il fronte del “NO” hanno per lo più fatto riferimento a indici di carattere sociologico offerti all’attenzione dell’opinione pubblica dal notevole riscontro mediatico che la notizia della sentenza ha suscitato, gli studenti favorevoli hanno innestato la propria tesi su alcuni punti che non è possibile ignorare. Uno su tutti, di carattere normativo, riguarda la lesione dell’art.27 comma 3 Cost., ai sensi del quale “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Come si può parlare infatti di reinserimento se il soggetto non ha una legittima aspettativa di risocializzare?

Vittorio Tumeo

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