"Il Covid ha portato il vuoto nelle città: nel silenzio il vagito di Gesù che nasce alimenta la speranza"

“Il Covid ha portato il vuoto nelle città: nel silenzio il vagito di Gesù che nasce alimenta la speranza”

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“Il Covid ha portato il vuoto nelle città: nel silenzio il vagito di Gesù che nasce alimenta la speranza”

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venerdì 25 Dicembre 2020 - 09:20

La riflessione del professor Raffaele Manduca. "Dio era stato cancellato dal consumismo, ma il covid ci ha ricordato il silenzio della notte"

Caro Gesù bambino, da più di 2000 anni vieni al mondo. Oltre venti secoli che la tua nascita, ci si creda o no, ha avuto conseguenze importanti per il nostro pianeta, per la vita di moltissime donne e uomini: all’inizio senza che quasi nessuno se ne accorgesse, poi in maniera sempre più evidente e significativa. Sei passato dalla mangiatoia alle regge, a basiliche sfarzose e magnifiche, diventando oggetto e fonte di arte, musica, letteratura, poesia. Ogni giorno i tuoi seguaci aumentavano e con essi anche i falsi profeti che nel tuo nome violentavano l’umano generando tragedie.

Così sei stato usato dai forti per conquistare e giustificare il loro potere, dagli oppressori per soffocare i miti, dai colonizzatori per assoggettare e spogliare interi popoli, dagli intolleranti per imporre una visione esclusiva, la loro verità interessata, magari usando il rogo per incenerire la fantasia, la diversità, la libertà: da perseguitati i cristiani sono allora diventati, a lungo, persecutori. Intanto, però, la tua nascita plasmava pure il tempo, diventava l’alfa del calendario e della storia, generando un inedito orizzonte di umanità, un nuovo umanesimo da cui sono sbocciati germogli fecondi; esperienze ed esistenze non solo a magnificare l’antropologia cristiana ma che l’hanno anche contestata e avversata, indicando orizzonti di vita completamente altri e diversi. Venti secoli, anno più anno meno, lo sai, pure gli storici come i virologi sul covid non riescono ad essere tanto precisi, in cui la fede ha prodotto una  infinita teoria di bellezza, emozioni, atti di amore, passioni e riflessioni profonde sulla vita e il suo senso.

            Molti hanno creduto che tu fossi stato capace persino di farti beffe della morte. Un miracolo? Probabilmente una pazza illusione mai nemmeno immaginata prima: dilemma che a volte, ti confesso, consuma anche le mie notti. Però, so per certo che hai compiuto un prodigio senza pari muovendo il cuore di tanti esseri umani verso il bene, la comprensione e l’accoglienza dei propri simili. Ho visto diventare cristiane persone che non avrei mai pensato potessero: da Paolo di Tarso ad Agostino di Tagaste, scrittori come Jorge Luis Borges e il “perverso” Oscar Wilde, donne di una profondità di pensiero assoluto come Edith Stein, altre ricche di bellezza e femminilità ma guardate prima con disprezzo in una società maschilista, come Pelagia di Antiochia, star planetarie come Bob Dylan.

Soprattutto, sono state molte centinaia di milioni le persone vissute e morte affidandosi a te; ad una fede di cui già Paolo di Tarso sottolineava la stoltezza ed Erasmo da Rotterdam la follia. Anime che hanno sentito e patito il tuo invito ad amare il prossimo come se stessi, ad avere più gioia nel dare che nel ricevere; hanno creduto che la vera forza dell’uomo non stia nella spada ma nel suo cuore. Tantissimi altri ti hanno seguito sulla montagna facendo proprio quello scandaloso adagio: beati i poveri, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace i perseguitati. Parole certo ostiche per chi ha la responsabilità di guidare gli stati, gestire le aziende, disegnare un futuro migliore tutto tecnologico e competitivo.

Ma questo ancora non bastava, per cui dopo avere ammonito i moralisti a non scagliare la prima pietra e ricordato che l’uomo non vive di solo pane, hai sostenuto, lo manifesti apertamente ancora oggi, lo dici ai poveri in tempi in cui aspettiamo la salvezza da un vaccino che si dovrà comunque pagare, che il regno di Dio, invece, è loro proprietà: un diritto gratuito, senza compenso alcuno. Non mi stupisco allora dei tuoi molti nemici, dei colpi sopportati che avrebbero annientato chiunque; fendenti menati da campioni  come  Marx, Nietzsche o Darwin. Eppure adesso, in questi ultimi anni, sei diventato solo un affare di slitte e regali, addobbi, cenoni e settimane bianche; films holliwoodiani, conditi di superficiale buonismo e panettoni dove l’unico a mancare sei tu.

Dove dura solo l’impostura silenziosa tesa a svuotare il tuo Natale, proclamandone la “magia” ma togliendo di mezzo te e la mangiatoia, per esaltarne solo la maschera; un involucro secco che ne mistifica, col consumo, i lustrini, lo stordimento e la pubblicità della signorina dei pacchetti perfetti, la semplicità e la povertà: la scandalosa verità della fragilità del figlio dell’Uomo, di una famiglia in pericolo, debole e migrante, che non fa acquisti, nemmeno on line nei black friday a prezzi di supposto saldo. Cosi ti hanno bloccato caro bambino, come su WA, su Instagram o FB, tutte diavolerie della rete: un idolo di cui forse nemmeno immagini la forza e il potere, capace di alterare e distorcere con la tua nascita, quella umanità gratuita di cui sei portatore: oggi sempre più sconveniente, sempre più fuori mercato.

Poi, col covid, è arrivato il vuoto nelle nostre città e il silenzio è tornato ad impadronirsi della notte; un silenzio che può aiutarci a ri-cordare, a fare passare dal cuore, con i milioni di morti della pandemia l’ansia, che è la nostra, per un parto senza alcun sostegno come per una malattia senza cura. Un silenzio dove, forse, il tuo pianto, il tuo primo vagito, quella sana follia a fondamento dell’umano di cui sei portatore, potrà essere utile non solo ai credenti per compredere e mettere a frutto, interamente, la sete di divino cui ci sentiamo chiamati. Certo attraverso la venerazione della tecnica ma, anche, nella compassione per tutti gli esseri viventi, nel sentirci comunità, oltre la razza e le ideologie, per alimentare il sogno di un futuro, una storia, migliore per tutti quelli che avranno l’onere e il privilegio di abitare questa casa che chiamiamo Terra.

Raffaele Manduca

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