“Il delitto di Giarre”: la storia di Giorgio e Toni, un amore più forte della morte

“Il delitto di Giarre”: la storia di Giorgio e Toni, un amore più forte della morte

Emanuela Giorgianni

“Il delitto di Giarre”: la storia di Giorgio e Toni, un amore più forte della morte

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mercoledì 08 Settembre 2021 - 07:00

Messina. L’emozionante presentazione del libro di Francesco Lepore, giornalista di “Linkiesta”, al Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca

31 ottobre 1980, Giarre. Vengono ritrovati i cadaveri di due giovani, scomparsi da due settimane; le loro mani sono intrecciate e si stringono in un ultimo abbraccio. Accanto ai loro corpi i carabinieri vedono un biglietto, un apparente messaggio d’addio alle famiglie, «la nostra vita era legata alle dicerie della gente» riporta. I due giovani sono Giorgio Agatino Giammona di 25 anni e Antonio Galatola di 15 anni, conosciuti da tutti nella provincia catanese come gli “ziti”, “i due puppi”.

Il delitto di Giarre

Due colpi di pistola alla testa di Giorgio, uno a quella di Antonio. Si pensa ad un suicidio. In un successivo sopralluogo, però, una pistola viene trovata mezza sotterrata e con la sicura abbassata: la ricostruzione non può più essere quella del suicidio, i due ragazzi sono stati assassinati.

Il nipote di Toni, Francesco Messina, tredicenne e dunque impunibile, confessa di averli uccisi perché minacciato a farlo da loro stessi. Due giorni dopo, però, ritratterà, dichiarando di essere stato spinto dai carabinieri verso tale confessione. Si sospetta, allora, un omicidio voluto dalla famiglia di Toni; ancora oggi, 40 anni dopo, sul delitto di Giarre non si hanno certezze.

La sua atroce drammaticità, però, non è stata vana. La loro uccisione è stata motore per la costituzione del primo collettivo del Fuori! della Sicilia Orientale e per la fondazione dell’Arcigay.

La presentazione del libro

A raccontare la storia di Toni e Giorgio, del loro amore e di ciò che è riuscito a generare oltre e con più forza della morte, è Francesco Lepore, giornalista di “Linkiesta”, nel suo libro “Il delitto di Giarre”. La loro storia si intreccia, così, nelle sue parole, a quella di tutto il movimento omosessuale in Italia in questi ultimi 40 anni.

Il libro è stato presentato a Messina, al Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, in un evento coordinato da Angela Bottari, già deputata del PCI; insieme a Gaetano Silvestri, Presidente Emerito della Corte Costituzionale; Carmen Currò, Avvocata, Presidente Emerita CEDAV; Paolo Patanè, già Presidente Arcigay; Pina Bonanno, Fondatrice MIT, Movimento Italiano Transessuali; tutti in dialogo con l’autore.

“Il delitto di Giarre ci invita a più riflessioni: l’amore a dispetto del pregiudizio della società; la sconfitta della morte da cui nasce una reazione vitale; la storia di una generazione; il dibattito contro la violenza sessuale, per i diritti individuali, per la libertà; l’abrogazione della causa d’onore; la legge 164 del 1982 sulla transessualità; le conquiste di una generazione che, anche se in minoranza, ha saputo scontrarsi in tutte le sedi con i pregiudizi culturali e ha raggiunto tanti successi, modificando l’orientamento di partiti e Parlamento” dichiara Angela Bottari.

Durante l’incontro si è discusso, infatti, della storia di Giorgio e di Toni, ma anche di diritti, di ideali, di femminismo, delle conquiste del movimento omosessuale, della sua battaglia cruenta in Parlamento e di quelle battaglie ancora da realizzare, come il Ddl zan. “Riannodiamo fili di storie personali e collettive in un cerchio che non si è chiuso” dichiara Bottari.

La forza dell’amore

Il libro fa rivivere tutta la passione di quelle lotte, compiute nel nome di Giorgio e Toni e delle tantissime altre. Si apre con questo orrendo delitto ma si chiude con un lieto fine tra due persone che si amano e riconoscono il loro amore, proprio a Giarre, nello stesso luogo e nello stesso 31 ottobre, di 40 anni dopo. Sono i palermitani Massimo Milani e Biagio “Gino” Campanella, due tra gli storici fondatori di Arcigay, che decidono di unirsi civilmente proprio lì, rendendo omaggio con il loro amore a quello dei due giovani.

È un libro che insegna il valore della dignità, è un grido per la rivendicazione di questo diritto, appartenente alla persona in quanto entità unica e irripetibile; riconosciuto per quello che ogni persona è e non per quello che dovrebbe essere secondo determinate ideologie, religioni o culture. Ed è un libro che insegna il valore dell’amore; riflette Gaetano Silvestri sul suo significato profondo: proprio quel famoso “omnia vincit amor”.

Paolo Patanè racconta, invece, il ruolo fondamentale che Toni e Giorgio ebbero nella sua di vita: “Ai tempi del loro amore avevo 13 anni, ero troppo piccolo per dichiarare cosa sentivo, ma troppo grande per non capirlo; guardarli mi aiutava, mi dava coraggio. Erano scandalosi perché diversi, diversi per età, per estrazione sociale; erano scandalosi perché non erano solo amanti ma profondamenti innamorati. Amavano trascorrere il tempo insieme, ricordo i loro viaggi in motorino per andare a giocare a pallone. Il loro amore ha cambiato i costumi di questo paese, la loro rivendicazione è stata silenziosa ma esplicita, e loro c’erano, erano lì, fuori dal Parlamento; erano lì, in tutte quelle battaglie che il libro fa rivivere. Lepore ci insegna che vale sempre la pena cambiare per essere felici”.

Francesco Lepore ha, poi, ringraziato i presenti per le loro battaglie, ripercorse nel libro e fondamentali per la sua crescita personale e quella comune della società e ha concluso l’incontro con quegli stessi versi con cui ha deciso di aprire il suo libro. Sono i versi dell’Elegia 26 di Properzio: “Una stessa spiaggia ci sarà da riparo, avremo uno stesso albero a farci da ristoro e spesso ci disseteremo alla stessa fonte acqua”. Così riflette, infine, l’autore: “Ho dedicato il mio libro al mio compagno, ma il mio pensiero nella lettura di questi versi va anche a loro, a Giorgio e Toni. Ho immaginato per loro una vita così descritta, ed è lo stesso auspicio che faccio a tutti voi: che l’amore possa davvero costituire il motore della nostra esistenza, darci la forza necessaria per combattere ogni forma di discriminazione e per affrontare il cammino, ancora molto lungo da percorrere, verso una dignità piena”. 

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