«Adottare un cane vuol dire dare dargli una famiglia, cioè un gruppo affettivo stabile»

«Adottare un cane vuol dire dare dargli una famiglia, cioè un gruppo affettivo stabile»

«Adottare un cane vuol dire dare dargli una famiglia, cioè un gruppo affettivo stabile»

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venerdì 26 Dicembre 2014 - 09:12

Gaspare Petrantoni, medico veterinario comportamentalista, spiega che è necessaria la diffusione di una cultura cinofila per favorire un'adozione consapevole, attraverso programmi di educazione per i ragazzi nelle scuole e interventi programmati sul processo adottivo

Fino a quando i cani saranno considerati, specialmente dalla politica e dalle amministrazioni, come un problema, una seccatura di cui disfarsi, fino a quando l'integrazione del cane nella comunità non entrerà nel dibattito politico e al contempo non si porrà fine ad iniziative di dubbio “gusto” scientifico ed istituzionale, il randagismo ed i suoi correlati: abbandoni, adozioni, canili, sterilizzazioni, aggressioni, maltrattamenti non potranno trovare una soluzione.

Ci vuole un cambio di prospettiva, ma anche un po' di umiltà e non vergognarsi di negoziare il nostro diritto di cittadinanza con quello dell'alterità animale. La società è cambiata ed è in continua evoluzione, ci sono più anziani e meno bambini, aumentano gli immigrati e il numero dei disoccupati, mentre i redditi calano e le aziende chiudono o delocalizzano. Con tutte queste cose il legislatore e l'amministratore deve fare i conti. Ma ci sono anche più famiglie, tre su cinque, che hanno almeno un cane o un gatto e poi ci sono i cani vaganti e i canili che traboccano. Ma con queste cose il legislatore e l'amministratore non vuole averci a che fare, se non in maniera minimale e inadeguata.

Il problema del randagismo, che invoca a soluzione le sterilizzazioni, i canili e le adozioni, da un lato è figlio del vizio antropocentrico, incapace di capire l'alterità animale, dall'altro lato è figlio del pragmatismo e della miopia di legislatori e amministratori frettolosi, alla ricerca di soluzioni estemporanee senza capo né coda. Perché l'alterità animale è anche un bisogno dell'uomo, mentre le soluzioni del randagismo nascono dalla comprensione della complessità della relazione cane-padrone.

L'adozione è certamente uno strumento utile per ridurre i costi di mantenimento dei cani nei canili, ma per gli aspetti clinici e sociali la gestione del randagismo, e quindi delle adozioni, necessita l'apporto delle professionalità del medico veterinario zooantropologo, del medico veterinario comportamentalista e dell'educatore cinofilo, gli unici in grado di offrire un servizio professionale sia di diffusione di una cultura cinofila e quindi dell'adozione consapevole, attraverso programmi di educazione cinofila per i ragazzi nelle scuole, sia di interventi programmati sul processo adottivo.

Tali programmi si basano sulla valutazione comportamentale ed attitudinale del soggetto, sulla consulenza e assistenza alla famiglia adottante, sia in fase pre-adozione che post-adozione e sul training dei soggetti dichiarati adottabili. In questa maniera è possibile intervenire con professionalità e preventivamente sui soggetti che presentano turbe comportamentali, basse soglie di eccitabilità, paure, aggressività. In assenza di un servizio di medicina veterinaria comportamentale preventiva aumenta quindi la probabilità che il cane venga riportato in canile o abbandonato o che la famiglia adottante si trovi a convivere con un cane problematico, abbandonata a se stessa ed esposta a una condizione di stress e di pericolo per la propria incolumità fisica oltre alla condizione di sofferenza per il cane adottato.

Adottare un cane non vuol dire dare un cane ad una famiglia o un cucciolo ad un bambino, bensì dare una famiglia, cioè un gruppo affettivo stabile ad un cucciolo/cane.

Gaspare Petrantoni (Medico Veterinario Comportamentalista)

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