Sentenza Gramigna, stangata ai nuovi boss di Camaro, Giostra e Santa Lucia

Sentenza Gramigna, stangata ai nuovi boss di Camaro, Giostra e Santa Lucia

Sentenza Gramigna, stangata ai nuovi boss di Camaro, Giostra e Santa Lucia

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sabato 19 Ottobre 2013 - 16:24

Quasi 50 anni di carcere ai tre emergenti e tre gregari dei clan cittadini che gestivano usura, spaccio ed estorsioni secondo la regola della pax mafiosa ancora vigente. Il blitz di Carabinieri e Polizia scattó nell'estate 2011. Decisiva la denuncia di un commerciante strozzato dalla mala.

Sei condanne, abbastanza pesanti malgrado inflitte col rito abbreviato, cioè con la concessione di uno sconto di pena fino ad un terzo del massimo previsto. Sono quasi 50 gli anni di carcere inflitti agli imputati del processo Gramigna che hanno scelto questa strada. Tra loro tutti i principali protagonisti delle vicende ricostruite dalle indagini di Carabinieri e Polizia e sfociate nel blitz con oltre 40 arresti, a fine luglio 2011.
Ecco la sentenza della II sezione penale del Tribunale, presieduta da Mario Samperi, ottimo togato messinese che ha scritto importanti verdetti, alcuni storici. Vincenzo Pergolizzi dovrà scontare 18 anni, 12 anni per Lorenzo Micalizzi, 5 anni e 4 mesi per Francesco Pergolizzi, 4 anni a Domenico Arena e Vittorio Di Natale, infine 3 anni e 5 mesi per Orazio Faralla.
L’inchiesta, coordinata dai pm Angelo Cavallo e Fabrizio Monaco, ricostruisce la più recente geografia mafiosa dei clan cittadini, dove Camaro, Santa Lucia Sopra Contesse e Giostra la fanno ancora da padroni. E dove ai boss storici in carcere, tutti al 41 bis, erano subentrate le nuove leve che reggevano gli affari su loro investitura: Vincenzo Pergolizzi, Micalizzi e Arena. Almeno tre anni, alla fine del decennio, di estorsione, usura e spaccio di droga, gestiti di comune accordo secondo un accordo Pacifico tra i gruppi criminali cittadini che resiste da quasi un ventennio, e che rischió di scricchiolare solo nel 2005. Poi la faida si chiuse con 4 morti e una “emorragia” di pentiti e le armi tornarono a tacere. Ancor più decisive delle dichiarazioni dei collaboranti, fondamentali furono quelle di un commerciante che, vinta la paura, dopo un primo accenno nell’accontentare le richieste del clan, pur di lavorare in pace, decise poi di denunciare tutto e liberarsi del giogo mafioso.

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