L'MPA di Milazzo prova a salvare i Molini -Lo Presti-

L’MPA di Milazzo prova a salvare i Molini -Lo Presti-

Sframeli Serafina Serena

L’MPA di Milazzo prova a salvare i Molini -Lo Presti-

lunedì 01 Dicembre 2008 - 11:55

Il consiglio comunale di Milazzo continua le sue denunce. Ancora l’MPA con Massimo D’Amore, sempre più attenti alle problematiche ed esigenze della cittadinanza.

A finire in questione questa volta sono i Molini Lo Presti. Con un emendamento proposto dal consigliere Massimo D’Amore, unitamente ai colleghi Trio e Munafò (Mpa), Puliafito, Valenti, Scolaro, Alfino, Cacciola (PD), Pino e Di Bella (Misto) nel consiglio comunale del 28 novembre scorso si è voluto provare a salvare in extremis i “Molini Lo Presti- dalla vendita.

“Un atto politico più che una variazione tecnica– precisa D’Amore.

“Sebbene infatti la variazione sfruttasse le aperture delle maglie del Testo Unico EE. LL. – continua D’Amore-e le deliberazioni già assunte dal Consiglio Comunale su proposta dell’amministrazione, il dato politico che si è voluto affermare è che i Molini Lo Presti costituiscono il “vero- gioiello all’interno del patrimonio comunale.

Un patrimonio che si inserisce al centro dell’area portuale e che non può essere escluso dalla gestione politica per le straordinarie ricadute sul piano economico e dello sviluppo della città-. Un patrimonio che, a detta dei consiglieri, l’amministrazione ha deciso di alienare per pagare i debiti, accettando quindi la teoria delle dismissioni di edifici non più utilizzati, alla stregua del Macello o di qualche scuola materna. Sotto il profilo tecnico, la bocciatura dell’emendamento, che aveva ricevuto il parere favorevole sia del Ragioniere Generale che del Collegio dei Revisori dei Conti, consiste nel non poter rendere immediatamente disponibili le liquidità necessarie al pagamento del debito “Magnisi-.

Dei tre intervenuti nel pignoramento, infatti, due sono già stati oggetto di provvedimenti di bilancio capaci di soddisfare il debito. Il terzo, appunto “Magnisi-, con l’emendamento proposto avrebbe trovato immediata disponibilità determinando, in caso di vendita deserta, il mantenimento dei Molini alla proprietà comunale.

“A questo punto- spiega D’Amore- sorgono importanti e “pesanti- interrogativi: come mai l’amministrazione non ha provato “sua sponte- a salvare i Molini visto che i pareri hanno certificato come possibile e corretta la manovra dell’emendamento? e come mai la stessa amministrazione ha proposto, in sede di bilancio 2008, un documento contabile che copriva con alienazioni 5/6 milioni di euro di spese e successivamente, in sede di “salvaguardia- non solo riduce a 1,6 mln tale copertura ma rifiuta di “ri-estenderla“ per una cifra inferiore (il solo importo del debito “Magnisi-) per trattenere però un opera che vale il triplo?-.

“Se non vogliamo occultare ad ogni costo la verità va detto come sia perlomeno contraddittorio quanto appena evidenziato, specie alla luce del fatto che mentre le altre opere, come previsto, sono andate invendute, le possibilità che l’asta per i Molini si risolva positivamente è concreta. Certo chi si aggiudicherà l’asta non immagina un impegno finanziario di soli 6/7 milioni di euro, in quanto è verosimile immaginare che un qualsivoglia progetto che renda produttivo tale investimento passa da una spesa di almeno altri 10 mln di euro. Capire come un imprenditore possa affrontare in tempi di crisi un “affare- di tali dimensioni senza una qualche “concreta certezza- ci lascia francamente perplessi!- –queste le parole del consigliere dell’MPA.

“È quindi legittimamente ipotizzabile che se ciò non è stato fatto può rappresentare almeno due possibili evenienze: o l’amministrazione ha accettato l’idea di perdere i Molini per fare fronte alla disastrosa situazione debitoria non riuscendo a venirne a capo altrimenti, oppure l’amministrazione è stata incapace nel gestire la vicenda e ad essere protagonista secondo le proprie legittime prerogative vincolando l’opera a pubblica utilità o, perlomeno, ad un progetto concertato secondo gli interessi della comunità-.

“Le speranze e gli auspici che qui si vogliono rappresentare- termina D’Amore- sono in parte legate all’imbarazzato “no all’emendamento- dato da parti della maggioranza cui, in caso di mancata vendita, graverà l’onere di fare marcia indietro e il compito di far valere la politica vera, dei partiti, della responsabilità; un ruolo di passività che molti di noi hanno rifiutato e rifiutano in quanto volutamente limitato “nell’alzata e seduta incosciente- di una votazione in una qualsiasi stanca e “inutile- seduta di consiglio-.

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