“Nudo Shakespeariano” - 7 donne, 7 evocativi nomi di genesi Shakespeariana…ma non è il Bardo

“Nudo Shakespeariano” – 7 donne, 7 evocativi nomi di genesi Shakespeariana…ma non è il Bardo

Tosi Siragusa

“Nudo Shakespeariano” – 7 donne, 7 evocativi nomi di genesi Shakespeariana…ma non è il Bardo

mercoledì 11 Agosto 2021 - 09:14

Performance di suggestione onirica a chiudere la significante Rassegna 2021 “Festival Shakespeariano dello Stretto” a cura dell’artista messinese Daniele Gonciaruk.

La messinese Accademia di Belle Arti, di via Macello Vecchio, è stata prezioso scrigno, ideale contenitore della perturbante piece, in prima assoluta nella nostra Città.

D. Gonciaruk, di fervida e feconda immaginazione, ha messo a punto il novello progetto di scrittura intenso e convincente, che trae incipit dalle esistenze di sette personaggi femminili della drammaturgia shakespeariana, vicende in larga parte assai note e popolari nell’immaginario collettivo, (con l’eccezione di Tamora, la Regina della cruenta tragedia “Tito Andronico”).

A dimostrazione che sempre “nomen è omen”, dalla consolidata riferita derivazione si è scelto di dare vita e parola a donne, passate a miglior vita, che si sono raccontate in sommessi e talora passionali monologhi, sempre disarmanti, consentendo al pubblico di interagire quasi, a mezzo di empatica partecipazione alle vicissitudini che quelle vite hanno segnato.

Si sono riappropriate delle loro vicende, che hanno “confessato” per così dire, in una originale rilettura delle letterarie esistenze di eroine, esemplari nel comune sentire, in liberatorie auto-analisi, con le quali, volta per volta, ciascuna co-protagonista, ha svelato, ricomponendola pezzetto per pezzetto, la propria identità.

Hanno voluto essere ricordate, dunque, da quell’obitorio non luogo, ove adesso per lo più albergano e hanno alternato toni sommessi, di perdita, a spirito sferzante, a stento provando a contenere il ribollente magma sotteso. E sono state, hanno assunto sembianze di maschere, pallide parvenze degli aviti personaggi di finzione shakespeariana, resi per noi immortali dal genio del Bardo.

La strategia comunicativa del monologo, altamente efficace a livello narrativo, ha veicolato con immediatezza il messaggio da parte di ciascuna eccellente interprete del proprio personaggio, per così dire emittente, che, attraverso tale resa, ha descritto la propria storia, nell’ordine che i sentimenti e le emozioni sottese hanno imposto, consentendo agli spettatori, in situazioni di autentica prossimità, di immergersi in toto in quei “dramatic monologues” compositi.

Ogni narratore ha trovato coincidenza con il proprio personaggio, il tutto è stato impreziosito da una scelta consona di costumi e scenografie, minimaliste, ma ragionate, pertinenti ad ogni esistenza rappresentata.

Lodevole soprattutto la sapiente capacità introspettiva, che ha reso possibile ai presenti di entrare in ciascuno dei sette universi rappresentati.

E così, le sorelle, più una, hanno parlato alla nostra sensibilità, confidandoci particolari delle loro miserie mortali, fermate per noi nei frangenti più fatali….pene d’amore, ma non solo, gorghi di passione, uomini e donne crudeli che hanno condizionato quelle vite, amati traditori, violatori dei patti….Male di vivere, scene di commiato dalla vita, intrise di amarezza, ma anche di regale distacco, sconforto e animosità….tanti quindi i registri a far da sfondo alle narrazioni, che, partendo dalle eroine shakespeariane, hanno fatto leva su particolari connotazioni di similitudine più o meno accentuate, facendo sgorgare vite altre, sempre sacrificate in nome di qualcuno o qualcosa, sofferte e oppresse.

Gli spazi, veramente appropriati, di ciascuna delle sette stanze di ambientazione, hanno fatto il resto, e nel passaggio a ritroso dall’ultimo al primo vano, un custode/guardiano di quel luogo tristo, davvero inquietante, con fare volutamente minaccioso e torvo, ha introdotto il pubblico fra gli echi dolorosi di ciascun accadimento. Quei terribili segreti,individualmente tirati fuori,finalmente,sono stati afferrati dagli spettatori,secondo ogni personale sentire,comunque rendendo ciascuno testimone oculare di quelle riflessioni ad alta voce,declamate al culmine dell’angoscia,nelle fitte dell’incertezza che sempre la passione genera o all’apice del sacro ardore artistico,come nella sintesi finale,con davvero abile riannodare di quei fili, rappresentando l’ incapacità di gestire il successo professionale e raccordarlo ad una vita reale.

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