Operazione Acquewin, l'avvocato Laface si difende

Operazione Acquewin, l’avvocato Laface si difende

Alessandra Serio

Operazione Acquewin, l’avvocato Laface si difende

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mercoledì 20 Novembre 2019 - 07:30

Interrogatorio di garanzia per l'avvocato Francesco Laface, arrestato per corruzione al comune di Taormina dalla GdF

Si è difeso l’avvocato Francesco Laface. Al confronto col giudice MariaMilitello, il legale accusato di corruzione, accompagnato dal difensore, l’avvocato Salvatore Silvestro, ha scelto di rispondere fornendo la propria versione dei fatti. In particolare Laface ha giustificato alcuni passaggi della vicenda, difendendosi.

L’interrogatorio di garanzia è durato circa 20 minuti. Al termine l’avvocato Silvestro non ha depositato alcuna richiesta al giudice, che dovrà decidere se confermare o meno gli arresti domiciliari eseguiti lo scorso venerdì dalla Guardia Di Finanza. Dopo, il difensore valuterà se chiedere il riesame del provvedimento al Tribunale della Libertà.

Si è avvalso della facoltà di non risponder, invece, Giovanni Coco, dirigente comunale di Taormina in pensione, che da venerdì ha il divieto di dimora. Per la Procura di Messina ci sono pochi dubbi sul ruolo dell’ex responsabile del servizio riscossione acque.

“E’ confermato che Coco abbia consapevolmente adottato atti contrari ai propri doveri d’ufficio, avendo ricevuto, nei momenti di necessità, cospicui accrediti da parte del professionista”, scrive il giudice Militello nel provvedimento cautelare. Il dirigente ad esempio in una conversazione parla dei bonifici sul suo conto corrente e di alcuni assegni incassati dalla moglie, e spiega al suo interlocutore che le pezze d’appoggio dei passaggi di denaro saranno costituite da una vendita di mobili dello studio ricevuto in eredità dal genitore defunto, vendita effettuata all’avvocato Laface appunto. Della cosa dovrà però informare il fratello, che nulla ne sa.

Anche il pizzino sequestrato a casa di Coco, secondo gli inquirenti, parerebbe chiaro: appunti di uno schema di passaggi di denaro con relative giustificazioni, giustificazioni di comodo per mascherare la tangente, secondo la Procura. Accorgimenti che non sono bastati ai due per evitare la “mazzata” giudiziaria.

Neppure i tentativi del legale di evitare le conversazioni telefoniche con gli utenti morosi che avevano pagato lui sono bastate a sviare i finanzieri, così come i contatti che Laface aveva con gli stessi cittadini, che di volta in volta durante le indagini sono state convocate dalle Fiamme Gialle per spiegare i pagamenti delle bollette effettuate direttamente all’avvocato. Tentativi di pilotare o “edulcorare” le testimonianze anche in questo caso non riuscite.

LEGGI QUI: TUTTE LE ACCUSE CONTRO L’AVVOCATO LAFACE

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