Ente Porto, l’Ars “indaga” sul dietrofront di Lombardo

Ente Porto, l’Ars “indaga” sul dietrofront di Lombardo

Ente Porto, l’Ars “indaga” sul dietrofront di Lombardo

martedì 02 Febbraio 2010 - 09:14

Il presidente della III commissione parlamentare regionale Caputo: «Comunicheremo alla Corte dei Conti lo spreco di denaro pubblico». Lombardo: «Non l’ho sciolto per evitare la spoliazione di un patrimonio che appartiene alla Regione»

Perché la Regione ha fatto dietrofront rispetto all’Ente Porto? E’ la domanda che si pongono un po’ tutti, a prescindere poi da quello che si possa pensare sull’utilità o meno di questo ente, nato per realizzare il Punto Franco a Messina ben cinquantasette anni fa. Un dietrofront così repentino che ha colto di sorpresa osservatori politici e addetti ai lavori. Impossibile, infatti, non ricordare le due motivazioni addotte dalla Regione stessa (assessore era lo stesso Marco Venturi di oggi) quando comunicò a Comune e Provincia, nel luglio scorso, l’avvio delle procedure di liquidazione dell’Ente: l’impossibilità di realizzare un Punto Franco nella zona falcata di Messina, «a causa dell’intervenuta abrogazione tacita della legge 191/1951», che dichiarava incompatibile lo stesso Punto Franco con il Codice Doganale Comunitario; l’eccessivo costo dell’ente, «che continua ancora oggi a gravare annualmente sul bilancio della Regione Siciliana».

Dalla sua il presidente della Regione Raffaele Lombardo ha l’ultima sentenza del Cga che ha, di fatto, riesumato la possibilità che l’Ente Porto realizzi il Punto Franco nella zona falcata. Se poi questa soluzione sia la migliore per la città di Messina, sembra non importare proprio a nessuno, così come sembra molto lontana l’ipotesi di un accordo tra Autorità portuale ed Ente Porto circa un eventuale spostamento dell’idea Punto Franco, magari nella vasta (e più idonea) area del Mela. Ad ogni modo c’è una contraddizione evidente nel modo d’agire della Regione, tanto da indurre la III commissione parlamentare dell’Assemblea Regionale Siciliana (Attività produttive), su richiesta del messinese Nino Beninati, ad “indagare” su questo passaggio controverso.

«E’ assurdo – ha dichiarato il presidente della Commissione, Salvino Caputo – mantenere in vita un ente con un consiglio di amministrazione di 14 consiglieri ed un solo dipendente, che riceve somme di denaro dalla Regione per indennità e gettoni di presenza, per studi e consulenze, su una struttura mai realizzata». Va detto, a onor di cronaca, che la nuova formula verticistica dell’Ente prevede non un Cda ma un commissario attuatore, una sorta di amministratore unico, nella persona dello storico presidente Rosario Madaudo. «Chiederemo – ha aggiunto Caputo – perché il governo abbia revocato la nomina del Commissario chiamato a liquidare un ente totalmente inutile». Del resto proprio la commissione Attività produttive, nei mesi scorsi, aveva avviato una indagine sugli enti economici controllati dalla Regione. Tra questi fu considerato come caso simbolo proprio l’Ente Porto di Messina, risultato in assoluto quello tra i più improduttivi con altissimi costi. «In ogni caso – ha concluso Caputo – comunicheremo alla Corte dei Conti lo spreco di denaro pubblico e gli alti costi sostenuti dalla Regione per un Ente assolutamente inutile».

E Lombardo? Lui si dice convinto della bontà della sua decisione di non sciogliere l’Ente, motivandola con il fatto che «ho evitato la spoliazione di un patrimonio non indifferente, un terreno importante, che appartiene alla Regione. Lì, del resto, si può esercitare la funzione di Punto Franco con una convenzione Stato-Regione». Una novità, quest’ultima, mai presa in considerazione in tutti questi anni. E forse ci sarà stato il suo motivo.

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