Garofalo fa chiarezza sull’Ente Porto: «Ecco perché non è titolare delle aree della zona falcata»

Garofalo fa chiarezza sull’Ente Porto: «Ecco perché non è titolare delle aree della zona falcata»

Garofalo fa chiarezza sull’Ente Porto: «Ecco perché non è titolare delle aree della zona falcata»

giovedì 04 Febbraio 2010 - 16:23

Il deputato del Pdl ed ex presidente dell’Autorità portuale: «Ennesimo conflitto istituzionale che non può ostacolare i piani di sviluppo della città»

«La vicenda dell’Ente Autonomo Portuale torna invece ad inserirsi nel fastidioso capitolo dei conflitti istituzionali che vanno risolti e che non possono e non devono ostacolare i piani di sviluppo scelti dalla città». A intervenire sulla questione stavolta è Vincenzo Garofalo, che parla sia da deputato nazionale del Pdl (e componente della Commissione Trasporti) sia da ex presidente dell’Autorità portuale, nella quale, durante il suo mandato, ha di fatto “partorito” il Piano regolatore del Porto. Quello dell’Ente Porto è il caso politico del momento, inutile negarlo. Un conflitto di competenze che rischia di diventare conflitto istituzionale, con Messina che, politicamente, sembra su posizioni opposte, quantomeno a livello istituzionale, appunto, rispetto a quelle di Palermo. Un caso sul quale Garofalo intende fare chiarezza.

«Va preliminarmente detto, a scanso di equivoci – afferma il deputato – che l’Autorità Portuale (e non Vincenzo Garofalo), con tutti i rappresentanti che nel corso degli anni hanno diretto l’Ente, ha esaminato negli anni, con la dovuta attenzione, tutte le sfaccettature e le implicazioni relative alla titolarità delle aree o alle reali prospettive del “punto franco”, che brevemente cercherò di riassumere. L’Ente Autonomo Portuale di Messina, già prima della legge istitutiva dell’Autorità portuale del 1994, utilizzava le aree dove insistono il bacino di carenaggio, il cantiere Cassaro e la stazione di degassifica in forza di atti di sottomissione o atti equivalenti, rilasciati dalla Capitaneria di porto, che mai furono convertiti in concessioni regolari. Se l’Ente Porto fosse stato titolare di aree avrebbe mai avuto la necessità di ricevere atti di sottomissione o concessioni? Nei bilanci economici dell’Ente sono stati annualmente riportati gli importi dovuti dallo stesso Ente all’Autorità Portuale a titolo di canoni concessori dovuti. Anche ciò dimostra che le aree sulle quali insistono il bacino, la degassifica e il cantiere Cassaro non sono dell’Ente Porto. L’Autorità portuale, durante la ricerca di soluzione per rimettere in funzione il bacino di carenaggio, privo di un concessionario a causa del fallimento della Smeb, nel rispetto proprio dell’Ente Porto delegato della Regione Sicilia per la realizzazione del bacino, decise di concordare un affidamento congiunto (aree di pertinenza dell’Autorità e impianti dell’Ente Porto) a un nuovo concessionario. Sarebbe interessante andare a vedere se le entrate dell’Ente Porto degli ultimi anni consistono esclusivamente nelle somme versate dall’attuale concessionario del bacino. E se l’Autorità portuale non avesse insistito per l’affidamento congiunto, cosa sarebbe successo? Forse quanto si vede ancora alla stazione di degassifica? Desolazione! E comunque mai ci furono tentativi di spoliazione da parte dell’Autorità nei confronti dell’Ente Porto che, anzi, beneficiò dell’iniziativa dell’Ente statale».

Garofalo si sofferma anche sull’ipotesi del punto franco: «Basterebbe andare a rileggere le tante note presenti negli archivi del ministero dei Trasporti, del ministero dell’Economia, della Regione Sicilia, dell’Ente Porto, dell’Autorità Portuale per avere contezza della ormai inadeguatezza del luogo immaginato nel lontano 1951 (quasi 60 anni fa). Lo ribadisce tra gli ultimi il ministro dei Trasporti nella nota del 8 febbraio 2008 indirizzata al Presidente della Regione Sicilia. A supporto delle suindicate considerazioni vorrei pure ricordare che il demanio marittimo statale, quale è la Zona falcata, non è mai stato affidato all’Ente Autonomo Portuale. Difatti, prima del 1984, la gestione era affidata alla Capitaneria di porto alla quale subentrò l’Autorità Portuale; così come, per le attività marittime e portuali mai ci fu una competenza dell’Ente Porto, competenza che ricadeva,

invece, in capo all’Azienda Mezzi Meccanici alla quale, con la legge 84/1994, è subentrata l’Autorità portuale. Credo pertanto – conclude Garofalo – che la scelta condivisa espressa nel nuovo Piano Regolatore Portuale ed in tutti i programmi abbinati siano ormai lo scenario del nuovo modello di sviluppo in grado di esaltare le bellezze della città ed in particolare di quella parte di territorio troppo spesso mortificata da scelte inadatte e prive di una convenienza reale per i messinesi. Altre soluzioni già scartate come quella di un deposito costiero di combustibili non mi pare che siano in linea con quanto scelto dalla collettività. Questo credo e questo continuerò con convinzione a sostenere».

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