Palazzo Zanca rispetta il Patto di stabilità. Ma la dismissione degli immobili rischia di fallire

Palazzo Zanca rispetta il Patto di stabilità. Ma la dismissione degli immobili rischia di fallire

Palazzo Zanca rispetta il Patto di stabilità. Ma la dismissione degli immobili rischia di fallire

venerdì 29 Gennaio 2010 - 14:30

Il ragioniere generale Coglitore: «Dopo le gestioni commissariali, il 2009 è stato il primo anno in cui siamo stati soggetti al Patto». Intanto gli assessori Miloro e Corvaja investono il Collegio di difesa della problematica delle alienazioni

Un bel sorriso ma anche un cenno di preoccupazione. Luci e ombre a Palazzo Zanca, attorno ad una situazione finanziaria che per certi versi continua ad essere disastrosa (le continue emergenze lo testimoniano), ma comunque continua a tenersi alla larga dal fantasma del dissesto. Partiamo dalle luci. Attraverso una certificazione inviata dal Comune alla Ragioneria generale dello Stato è stato attestato che Messina ha rispettato il Patto di stabilità per l’esercizio 2009. «Dopo le gestioni commissariali – dichiara soddisfatto il ragioniere generale di Palazzo Zanca Ferdinando Coglitore – il 2009 è stato il primo anno in cui l’ente è stato soggetto al rispetto delle regole del patto». Ovviamente soddisfatto l’assessore alle Politiche finanziarie Orazio Miloro, secondo cui «la gestione economico-finanziaria condotta in questo primo esercizio dell’amministrazione Buzzanca può ritenersi “virtuosa” non già per nostra affermazione, ma per avere dimostrato con i fatti che il percorso di risanamento economico-finanziario intrapreso ad inizio consiliatura è coerente con gli obiettivi dichiarati e programmati, nonostante la estrema difficoltà per gli Enti locali, sottolineati anche dall’Anci, di rispettare i parametri imposti ritenuti estremamente rigorosi, soprattutto in un periodo di particolare congiuntura economica». Fondamentale, secondo Miloro, è stata «una condivisa e costante collaborazione, frutto anche di serrati confronti, tra la giunta ed il consiglio Comunale, che auspichiamo possano proseguire nell’interesse della nostra comunità».

Le “ombre” e la preoccupazione derivano, invece, dal piano di dismissione degli immobili del Comune. E non è roba da poco, visto che sull’alienazione dei “gioielli di famiglia” di Palazzo Zanca è fondato buona parte del bilancio. Il 30 dicembre scorso, infatti, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte dell’art. 58, comma 2, della legge n. 133/2008, sulla quale si basa la delibera approvata nei mesi scorsi dal consiglio comunale circa la dismissione. In particolare è stata cassata la parte che prevede che «la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale». Come sottolineato una decina di giorni fa dai consiglieri Calabrò (Pd) e Pergolizzi (Pdl), dunque, «l’inserimento nel piano e la previsione della destinazione urbanistica non costituiscono più immediatamente variante allo strumento urbanistico generale, quindi la deliberazione di modifica della destinazione urbanistica dell’immobile inserito nel piano delle alienazioni deve essere sottoposta alle procedure previste dalle disposizioni regionali vigenti in materia di governo del territorio e di varianti agli strumenti urbanistici comunali». Di fatto, insomma, la delibera approvata dal consiglio comunale sul piano di dismissioni diventa una variante al Prg a tutti gli effetti e dunque va sottoposta all’iter previsto in questi casi, dilazionandone i tempi e rendendo a dir poco aleatoria la previsione d’entrata inserita su questo capitolo del bilancio comunale.

Secondo gli uffici di Palazzo Zanca, però, è importante sottolineare che rimane in vigore la prima parte dell’art. 58, che dice: «L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica». Fatto che, secondo l’assessore al Bilancio Miloro, determina effetti diversi in relazione allo stato degli atti amministrativi posti in essere in vigenza della norma e che abbiano prodotto effetti non più modificabili ne impugnabili. Miloro, il sindaco Giuseppe Buzzanca e l’assessore all’Urbanistica Pippo Corvaja si sono già mossi in questo senso, con una interrogazione al presidente della Regione prima e con una sollecitazione di approfondimento all’Anci nazionale e regionale poi. Adesso vanno oltre, investendo della questione il Collegio di difesa del Comune. Buzzanca, Miloro e Corvaja chiedono, in particolare, un parere che determini il maggior rilievo tra l’esigenza di conservazione degli atti amministrativi posti in essere “nei rapporti e dei rapporti esauriti” che possono definirsi giuridicamente compiuti, rispetto alla efficacia retroattiva che la dichiarazione di incostituzionalità, indubbiamente, determina sugli atti amministrativi che non abbiano integralmente prodotto gli effetti loro propri e che siano ancora impugnabili.

Gli immobili per i quali la delibera sulle dismissioni aveva fatto scattare la variante sono gli ex Silos Granai, i Magazzini Generali e l’ex Scuola Pietro Donato. Senza contare che la delibera in questione costituisce parte integrante di quella relativa al bilancio di previsione 2009. Secondo Miloro e Corvaja «la sentenza avrà per ciascun Comune effetti diversi, in considerazione del momento in cui la stessa viene ad incidere sui diversi atti amministrativi, e per il Comune di Messina potrebbe non aver determinato quell’efficacia retroattiva incidente sulla variante urbanistica operata e sui suoi conseguenti effetti. Considerata la complessità giuridica dei problemi, il parere richiesto sarà di ausilio all’Amministrazione attiva sugli atti da porre in essere per il prosieguo».

(nelle foto Sturiale: Miloro e Corvaja)

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