Reggio, dietro il turismo c’è sempre qualche rinuncia

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mario meliado

Reggio, dietro il turismo c’è sempre qualche rinuncia

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mercoledì 14 Luglio 2021 - 10:45

Aloisio (Confesercenti): i bisogni di chi va in vacanza sono diversi da quelli dei residenti, che debbono sopportarne i costi per averne i vantaggi

«Reggio città turistica?». Torna a chiederselo il presidente di Confesercenti Reggio Calabria Claudio Aloisio. Che in un lungo post diffuso sui suoi social network evidenzia soprattutto un dato. Non si può neanche pensare di diventare turisticamente appetibili, lucrandone i vantaggi, senza sopportarne un costo.

Futuro incerto

Quello reggino, riflette Aloisio, è «un territorio povero, ogni anno di più, che stenta ancora a capire cosa vuole diventare da “grande”». Un’incertezza sulla direzione da imboccare – non reversibile, naturalmente – che celerebbe una verità spiacevole con cui confrontarsi: «Stiamo morendo d’inedia. Reggio non ha il cibo che le è necessario per sopravvivere e si sta lentamente ma inesorabilmente consumando».
Un agroalimentare in espansione, il commercio e i servizi offrono «risorse insufficienti anche solo per tentare di sopravvivere, figuriamoci crescere».

Mantra-turismo

Ecco perché, anno dopo anno, in tanti prospettano una «soluzione salvifica che tutto può risolvere: il turismo». Considerazione piena più d’amarezza che d’ironia.
Ma certo gli slogan, «per quanto suggestivi, rimangono quello che sono se non seguiti da azioni conseguenti: parole. Parole vuote e inutili», osserva il presidente provinciale di Confesercenti. E il turismo «non è qualcosa che nasce per magia, non basta avere uno splendido mare e la montagna a pochi minuti da esso» né tutti gli altri asset che Reggio e l’intera Calabria sanno bene di possedere.
Un movimento turistico economicamente significativo, invece, «è programmazione e duro lavoro». Significa strumenti normativi, ma anche societari in grado di gestire il fenomeno, dettaglia Aloisio; turismo significa mettere in rete l’offerta esistente e la creazione di nuovi servizi d’accoglienza e d’incoming. E dunque intercettare la domanda, destagionalizzare, diversificare i target, ottimizzare le proposte, potenziare le strutture ricettive, sensibilizzare i residenti.

Croce & delizia

Ecco allora il punto-chiave della riflessione di Claudio Aloisio: lo sviluppo turistico, se esiste “davvero”, per la comunità di riferimento non può che essere “croce e delizia”.
«Il turismo, così come qualsiasi volano economico, non è “gratis” – evidenzia in modo assai opportuno Aloisio –. Se gestito bene porta ricchezza, benessere, posti di lavoro ma, come qualsiasi altra “industria”, per quanto pulita, ha un impatto socioeconomico rilevante nel territorio dove progredisce. Impatto che unisce agli immensi benefici anche alcuni “costi” che spesso sono a scapito dei residenti».
Il nodo è proprio qui. Si parla molto degli inconvenienti dei dehors su corso Matteotti, per esempio. In realtà, godere al 100% del beneficio di un turismo sviluppato continuando a godere al 100% delle prerogative di un’ordinata (ammesso che lo sia) vita “da residenti” è impossibile. «I bisogni di un turista sono diversi e spesso antitetici rispetto a quelli dei residenti»: e occorre prenderne atto. Senza animosità, ma senza confutare questo principio-base, che è “un dato”. Un dato da cui partire.

Al bivio

Ecco perché il presidente provinciale di Confesercenti sollecita a trovare d’urgenza «un punto di equilibrio». Da un lato, ci sono «le esigenze di una terra, ancora solo potenzialmente turistica, che deve sgomitare in un mercato altamente competitivo per farsi notare ed essere appetibile». Dall’altro le aspettative dei reggini, che vorrebbero «usufruire degli evidenti vantaggi dovuti ad un notevole e costante flusso di risorse finanziarie (servizi efficienti, decoro urbano, migliore qualità della vita, nuova occupazione, opportunità per i giovani) senza pagarne alcun prezzo».
E, semplicemente, non si può.

Qualche esempio? «Chi va in vacanza non ha le stesse necessità di un residente. Non deve svegliarsi presto, non deve lavorare e non ha incombenze da svolgere. Il suo unico scopo è divertirsi e rilassarsi e questo passa anche dal poter ascoltare buona musica fino a tarda notte o nel fare shopping la sera sapendo, inoltre, di poter usufruire dei servizi pubblici di trasporto senza che essi terminino come adesso alle 20,30».
Di lavoro ce n’è, da fare. Anche senza ambire a diventare la Riviera romagnola (che peraltro propone un modello turistico ben diverso da quello implementabile qui). L’importante è saperlo e imboccare una strada, sapendo però che electa una via, non datur recursus ad alteram. Se Reggio vuol crescere turisticamente, deve imboccare questa via con grinta, sapendo però che parecchi altri percorsi in questo modo se li lascerà alle spalle. Ed è giusto così.

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