Profughi somali a Messina: a muoversi tra i primi, per solidarietà ed accoglienza, chi magari non ti aspetteresti: i bistrattati (altrove) Rom, che ne accolgono una decina nel loro Campo
Entriamo al Campo Nomadi di Via S. Ranieri in una giornata da lupi: piove a dirotto e ci rendiamo ancora più palesemente conto di come sia difficile gestire delle residenze come quelle che andiamo a visitare. “Ci piove l’acqua dentro- – ci dicono. Chiediamo di Isuf Ferizay, uno dei leader più carismatici della comunità, per quanto la stessa sia una realtà abbastanza complessa, comprendente 20 famiglie, per una popolazione complessiva di circa 130 persone e, come le mille sfaccettature degli animi umani ovunque, una realtà che comunque abbiamo voglia di approfondire, di conoscere meglio, recandoci sul posto ancora in futuro. Isuf, responsabile anche dell’associazione Baktolò Drom (La strada della fortuna), che collabora con Arci e Cesv Messina su temi umanitari e sociali, ci accoglie nella sua dimora, fatta di povere cose, aggiustate alla meglio da lui stesso e dal proprio figlio. “Abbiamo aggiustato anche il cancello fuori- – ci confessa. “Ci diamo da fare- – continua – “anche se senza un lavoro effettivo non puoi stare: l’uomo non può stare.- ‘Allora non è vero’ – gli faccio provocatoriamente ma ammiccando, per fargli capire che scherzo – ‘ che gli Zingari non vogliono lavorare’. Mi guarda e sorride, dicendomi: “Noi facciamo tutto. Abbiamo proposto al Comune che ci facciano ripulire le spiagge, che ci facciano svolgere lavori manuali di qualsiasi tipo ma… niente. Ho mio figlio che studia per diventare cuoco, un altro studiava ma ha smesso. Non cambia niente. Restiamo qua a vivere di elemosina, vicino al mare che consuma la terra.- E prosegue: “Io sto qua dal 1988. Noi siamo profughi kossovari, più qualcuno che viene dal Montenegro. Ho visto alternarsi 3 sindaci e due commissari straordinari: tutti a prometterci, con le stesse parole – incredibile – che presto la situazione sarebbe cambiata. Stiamo in queste baracche nelle quali d’inverno ci piove dentro e nient’altro.- Ferizay non ce l’ha con i cittadini messinesi, tiene subito a precisare: “ I Messinesi sono brava gente: in vent’anni non posso raccontare un solo episodio personale di razzismo nei nostri confronti. Io ce l’ho con le Istituzioni, che promettono, prendono in giro e nient’altro. Ci spostarono di qua per portarci un paio di mesi a Tarantonio, una fiumara, dove non avevamo luce né acqua potabile. Qui almeno queste cose le abbiamo.- ‘Ne è valsa la pena di lasciare il Kossovo per venire qui’, gli chiedo. “Si-, mi risponde senza dubbi. “Io ho lasciato lì un pezzo del mio cuore, la mia casa, la terra ma non avevo nient’altro. Qui riusciamo a vivere almeno di carità, cosa che non riuscivao a fare lì. Dopo la morte del Maresciallo Tito cominciarono a cambiare tante cose, anche per noi kossovari: il periodo d’interdizione fu di grande confusione. Poi, con Milosevic, la situazione peggiorava ogni giorno di più.- ‘Ma voi non avete lo status di profughi?’, gli chiedo. “Non possiamo averlo- – mi risponde. “Per averlo ci vogliono le convenzioni internazionali e la Serbia non firma nulla perché non ci riconosce-.
Discutiamo anche delle loro tradizioni: non condivido, da animalista, quella di uccidere gli agnelli a maggio, in occasione di una loro festa ma mi fa notare come anche noi Cristiani abbiamo il sacrificio dell’agnello in comune. Una barbaria in comune di cui farei volentieri a meno, gli faccio notare. Si stringe nelle spalle. Mi fa notare a tal proposito che ha chiesto un contributo per la festa che gli è stato di fatto negato. Ne ha per la Croce Rossa (“Mai vista qui-) ed anche per la Caritas: a suo dire farebbero poco, recando solo occasionalmente pochi aiuti e creando problemi d’ordine pubblico tra gli stessi Rom, che litigherebbero per gli aiuti ricevuti. “Loro hanno la lista delle famiglie: mi chiedo perché non facciano a rotazione, piuttosto che chiamare sempre alcuni e alimentando di fatto lamentele. Devono organizzarsi meglio.-
Parliamo dei ragazzi della Somalia giunti nel Campo. “Che ti devo dire- – mi racconta. “Li ho visti che non sapevano dove andare, prepararsi a dormire per strada e ne ho presi una decina, portandoli da noi. Mia moglie ha messo in pentola 5 chili di maccheroni con il sugo ed è stata una festa per tutti.- Sorride. “Se io mi taglio un dito- – continua – “se tu ti tagli un dito… se uno di quei ragazzi si taglia un dito… esce sangue. Il mio sangue, il sangue di quel ragazzo, il tuo sangue… è sangue.
Io sono Mussulmano ma credo come voi in nostro Signore Gesù Cristo che ha detto una grande cosa: noi siamo tutti fratelli.- Guardo i poster in casa sua, la maggior parte di immagini sacre o calcistiche: “Tifo per il Milan- – mi anticipa – “Mio figlio per la Juve. Ho guerra sportiva in casa.
Uno dei ragazzi somali gioca bene a calcio ma proprio bene. Parlatene in giro. Dovrebbe vederlo una squadra.- Magari il Messina: hai visto mai?
(Foto di Dino Sturiale)
