Blitz antidroga Biancaneve, uno dei "nani" confessa. I retroscena

Blitz antidroga Biancaneve, uno dei “nani” confessa. I retroscena

Alessandra Serio

Blitz antidroga Biancaneve, uno dei “nani” confessa. I retroscena

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giovedì 26 Giugno 2014 - 23:30

Vuota il sacco uno dei pusher di Tavilla, emergente nipote del boss che il padre pregiudicato metteva in guardia dai "soldi facili" della droga. Tutti i particolari del giro di cocaina e marjiuana che "correva" anche su Facebook.

Sono andati al faccia a faccia con il giudice che li ha arrestati, i giovani coinvolti nel blitz Biancaneve, l’inchiesta dei Carabinieri sul gruppo di spaccio diretto da Antonio Tavilla, gestore della sala scommesse Gold Moon di Santa Margherita.

La trasferta in carcere del giudice Salvatore Mastroeni non è durata a lungo: quasi tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, tacendo. Qualcun altro, invece, ha deciso di parlare, rispondendo alle domande del giudice e confessando di aver fatto parte del gruppo e di aver spacciato droga per Tavilla.

Un emergente di spessore, il giovane Antonio Tavilla. Forte dei suoi rapporti con trafficanti messinesi, spacciava marijuana ma anche tanta cocaina, secondo l’accusa. Un destino criminale segnato, quello di Tavilla. Il ventiduenne è infatti figlio di Nicola, pluripregiudicato per usura, la magistratura ha più riprese gli ha sequestrato numerosi beni. Nicola Tavilla è stato anche accusato dell’omicidio di Francesco Castano, eliminato nella faida interna ai clan messinesi, tra gli anni ’80 e ’90. Meccanico, un uomo “tranquillo e pulito”, come detto dai pentiti, Castano era stato eliminato mentre passeggiava col cane in via Siracusa, reo soltanto di essere il cugino del pentito La Torre, che con le sue dichiarazioni tanti problemi stava creando al gruppo del boss Domenico Cavó. La figlia di Cavó, Rosa, è la moglie di Nicola Tavilla, madre di Antonio.

Intercettando il figlio e nipote “d’arte”, i carabinieri intercettano una significativa conversazione tra i due Tavilla: il padre per via dei suoi guai con la giustizia da tempo risiede nel Lazio, dove avrebbe continuato a prestare denaro a strozzo. Non vede di buon occhio, peró, gli affari del figlio, la droga e i soldi facili che produce. Il 7 aprile 2011 lo redarguisce così, invitandolo ad essere cauto: “…potrei comandare la malavita di Messina, ma che me ne faccio, la mia vita è galera galera, sorveglianza, guarda come sono combinato…sto diventando pazzo”. Il figlio sembra peró fare orecchie da mercante tanto che, scrive il Gip, l’indomani organizza l’ennesimo approviggionamento di stupefacente.

Per eludere le possibili indagini, quando compravano e vendevano droga o impartivano ordini, Tavilla e i fedelissimi al telefono si chiamavano con i nomi dei nani, circostanza che ha dato il nome al blitz. “Ma Brontolo dov’è? dorme vero? quel cesso!” lamenta Tavilla jr in una conversazione del 2011 con il braccio destro Danilo Lo Paro “Sceriffo”, chiedendo di Emanuele Sorrenti, anche lui arrestato.

Il telefono non era certo l’unico mezzo adoperato dai pusher per comunicare. Tutti giovanissimi, adoperavano il social network anche per i traffici loschi. Continui i loro riferimenti ai messaggi su Facebook, nella immensa mole di conversazioni tra Tavilla e i suoi, intercettate dai Carabinieri. E anche il blitz di lunedì scorso non è rimasto esente da “post”. “Adesso siamo veramente nella m…”, è stato il commento, con tanto di cuoricino, postato sulla bacheca di uno dei principali protagonisti dalla sua compagna.

Le 600 pagine di provvedimento cautelare che compendia l’inchiesta Biancaneve, oltre a scoperchiare il rilevante giro di spaccio di Tavilla, offrono uno spaccato del modo di vivere di molti dei giovani della zona sud di Messina alle prese con la droga e la criminalità.

Così, insieme ai messaggi su Facebook, saltano fuori anche un “inno alla bestemmia” pronunciato da una delle ragazze del gruppo, commentando il fermo di un’amica, incappata nei carabinieri al ritorno da “Pezzol city” (il villaggio Pezzolo). “E tu l’hai tirata una bestemmia?”
“No, ma…”
“Sbagliato, dovevi bestemmiare!”.

Ma c’è anche la “divertita battuta sui giudici”, che il Gip Mastroeni riprende nel provvedimento, sottolineando che secondo gli indagati: “si dividerebbero in due gruppi, figli di puttana e quelli che volano, e l’autore della sapiente frase non ha mai visto giudici volare, resta inevitabile per lui la prima ipotesi”.

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