Il nuovo documentario dal titolo "Change" realizzato sul percorso verso il campo base del Nanga Parbat
MESSINA – Matteo Arrigo l’ha fatto di nuovo. Il giornalista e documentarista messinese è stato in Pakistan e ha raccontato il suo viaggio verso il campo base del Nanga Parbat, una delle vette della catena dell’Himalaya. Un percorso impervio verso quella che è conosciuta anche come il Diamir, la “montagna degli dei”, o “la montagna della morte”, per l’alto tasso di decessi (1 su 3) tra chi prova a scalarla. Per di più in un periodo complicato, con il Paese flagellato dalle alluvioni e da una stagione dei monsoni più forte del solito. Il documentario, dal titolo “Change” (qui il link per vederlo), lancia un messaggio forte.
Arrigo in Pakistan: “Tanti villaggi colpiti dalle alluvioni”
“Siamo arrivati lì il 16 (agosto, ndr) e abbiamo subito scoperto che c’era stata l’ennesima alluvione – ha raccontato Matteo Arrigo – e che la nostra guida era bloccata da un fiume in piena. Siamo andati lì per raggiungere il campo base di Nanga Parbat, nel nord del Paese, ma il viaggio si è mischiato a questa situazione. La nostra guida è arrivata in ritardo. Poi una notte le forti piogge hanno fatto crollare il serbatoio del nostro alloggio e siamo rimasti senza acqua. Per strada abbiamo visto molti ponti crollati, deviazioni e colate di fango ovunque. Abbiamo fatto la Karakorum Highway, una delle strade più pericolose al mondo, che cammina al fianco del fiume Indo, in quel periodo in piena. Abbiamo attraversato villaggi colpiti dalle alluvioni di fine luglio, rimasti totalmente senza acqua. Abbiamo ascoltato racconti di morti, feriti e case distrutte”.
Il problema delle temperature alte in Pakistan
“Parliamo di centinaia di persone disperse – ha proseguito Matteo Arrigo -. Abbiamo fatto alcune donazioni ai villaggi più colpiti. La nostra guida ci raccontava che mai era successo qualcosa di simile, pur essendo zona di monsoni. Ma soprattutto c’erano 30 gradi. Abbiamo attraversato un ghiacciaio, a causa della caduta di un ponte, e c’erano continuamente crolli. Ci raccontavano che nessuno quest’anno è riuscito a scalare il K2 per colpa delle temperature alte, perché il ghiaccio non è compatto”.
Arrigo: “Percorso pieno di spazzatura”
Tra monsoni, alluvioni e cambiamento climatico, il cammino di Arrigo ha “incontrato” un altro problema: le discariche. Il messinese ha raccontato: “Il percorso era pieno di spazzatura. Ho chiesto alla guida se fosse colpa dei turisti ma mi ha spiegato che sono gli stessi pakistani a lasciarla in giro. Come gesto simbolico abbiamo preso una busta ciascuno, io ed Eleonora, la ragazza che era con me. All’arrivo le abbiamo depositate nei cassonetti e una persona del luogo ci ha ringraziati. Ho deciso di concludere così il video per lanciare un messaggio”.
Il messaggio di “Change”
Da qui anche il titolo “Change”. Arrigo ha spiegato: “Change testimonia non soltanto il cambiamento climatico ma anche un cambiamento che ognuno di noi deve compiere nello stile di vita”. Al netto del racconto del giornalista e documentarista, sono le sue immagini a mostrare una realtà che appare distante dall’Italia ma che testimonia come il pianeta stia reagendo al cambiamento climatico. Ma anche come un semplice gesto gentile possa fare la differenza.
Chi è Matteo Arrigo
Arrigo non è nuovo a scalate e camminate simili. Diversi mesi fa ha pubblicato il documentario “La montagna più alta. Dalla porta di casa al campo base dell’Everest”. Una sfida personale, quella in Nepal, ma non l’unica visto che il messinese ha scalato anche il Kilimangiaro. Il videomaker, inoltre, ha realizzato diversi reportage in giro per il mondo, dalla Palestina a Chernobyl. Da alcuni anni collabora con il Centro di Cardiochirurgia Pediatrica di Taormina, con i quali è stato in missione umanitaria anche in Iraq, Libia, India, Tanzania.
