Italicum: l'intervento di Vincenzo Palumbo davanti alla Corte Costituzionale

Italicum: l’intervento di Vincenzo Palumbo davanti alla Corte Costituzionale

Italicum: l’intervento di Vincenzo Palumbo davanti alla Corte Costituzionale

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martedì 24 Gennaio 2017 - 23:08

Riportiamo alcuni ampi stralci dell'intervento dell'ex senatore Palumbo all'udienza in Corte Costituzionale. In allegato la relazione integrale. Nei mesi scorsi erano già state presentate le memorie difensive in occasione dell'udienza del 4 ottobre poi rinviata per il Referendum

Nella prima parte Palumbo prende spunto dalla sentenza 1-2014 sul Porcellum e su quei principi che l’attuale Parlamento e il governo Renzi avrebbero disatteso nel formulare l’Italicum

Nel confezionare la legge 52-2015, il parlamento ha totalmente disatteso tutti i principi costituzionali che presidiano la materia, quali sono stati affermati in tutta la risalente giurisprudenza costituzionale d’indirizzo, da ultimo richiamata nella sentenza n. 1-2014, e così:

Ø Non ha tenuto conto che non era ragionevole deliberare una normativa elettorale per la sola camera, in termini assolutamente incoerenti con un sistema bicamerale;

Ø Non ha tenuto conto che privilegiare la governabilità significava subodinarle la rappresentanza;

Ø Non ha tenuto conto che il voto in uscita non poteva valere due o tre volte quello in entrata.

Ø Non ha tenuto conto che non si poteva limitare la scelta degli elettori a una parte minoritaria dei deputati (per la prima lista, almeno 100 su 340 , ma anche di più per le opzioni post voto, e quasi tutti per i 278 delle alle altre liste).

Ø Non ha tenuto conto che il sistema delle pluricandidature e delle opzioni post-voto metteva l’elezione di moltissimi parlamentari nell’assoluta discrezionalità dei leader dei partiti.

Ø E, tra l’altro, non ha tenuto conto che quel parlamento, sia pure legittimo, era ormai politicamente delegittimato, e non poteva continuare a operare come se niente fosse, utilizzando come giustificazione che esso sarebbe stato pienamente abilitato a fare tutto, perché così aveva stabilito la corte costituzionale; cosa questa parzialmente, ma non del tutto vera.

e così, affievolendosi via via, il ricordo di quelle precise indicazioni, questo parlamento:

– ha prima convalidato deputati e senatori, come non avrebbe nemmeno potuto fare applicando una normativa non più esistente nell’ordinamento;

– poi si è fatto addirittura costituente deliberando una riforma costituzionale; e buon per tutti noi che a bocciare questa riforma ci hanno pensato gli elettori, come dieci anni prima avevano già fatto bocciando la riforma di allora.

– e nel frattempo ha deliberato una nuova normativa elettorale, reiterando i difetti già censurati dalla corte con la sentenza n. 1-2014.

Delle criticità di questa normativa elettorale, sia di quella per la camera, sia di quella per il senato residuata a seguito della sentenza n. 1-2014, abbiamo ampiamente trattato nelle nostre difese scritte.

Tuttavia, ci sia consentito di affrontare alcune questioni di ordine generale, che in qualche modo costituiscono la cornice in cui le singole questioni all’esame s’inquadrano.

Sta di fatto che l’italicum, oltre che costituzionalmente illegittimo nelle sue singole previsioni, oggetto dei dubbi dei giudici remittenti, lo è anche nella sua totalità, per le seguenti ragioni:

Perché nasce male, giacché il suo iter parlamentare è stato costellato da illegalità incostituzionali che abbiamo gia’ dettagliatamente evidenziato;

Perché produce effetti irragionevoli, alla luce della costituzione allora e ancora oggi vigente.

Quanto alle singole illegalità costituzionali che hanno accompagnato l’iter legislativo dell’italicum, le abbiamo singolarmente illustrate nella nostra memoria.

Ci limiteremo quindi qui a richiamarne i passaggi salienti, che dimostrano come quell’iter sia stato assai poco rispettoso della procedura “normale”, che è sempre richiesta in materia dall’art. 72, ultimo comma, cost.; e lo faremo:

– partendo da ciò che è avvenuto nella commissione aa. Cc. Del senato, quando il ddl è stato licenziato senza l’approvazione della rituale relazione;

– proseguendo con ciò che è avvenuto nell’aula del senato, allorché un singolo senatore si è fatto lecito di utilizzare la tecnica del c. D. “supercanguro”, che è prerogativa della presidenza, applicandola a un emendamento premissivo con natura precettiva, in luogo della sua normale natura ordinamentale, finalistica o definitoria, sino ad allora nota alla prassi parlamentare, così precludendo la discussione di emendamenti e subemendamenti, e quindi impedendo ai senatori di discutere e affrontare le singole norme risultate pregiudicate da quel singolare espediente;

– passando poi nella commissione aa. Cc. Della camera, i cui lavori si sono anch’essi conclusi senza relazione, dopo avere visto l’epurazione di dieci deputati presunti dissenzienti sostituiti da altrettanti deputati presunti consenzienti, in chiara violazione del divieto costituzionale del mandato imperativo;

– e concludendo con ciò che è avvenuto nell’aula della camera, allorché il ddl è stato approvato con tre voti di fiducia per appello nominale, e cio’ sulla base di una bizantina e inesistente distinzione tra voto segreto prescritto ed opzionale.

Basta dare una lettura sistematica a tutte le norme in materia per capire che, assecondando quella interpretazione, si dovrebbe concludere che il voto di fiducia sarebbe ammissibile su tutto tranne che nelle VOTAZIONI SULLE PERSONE; UNA conclusione fantasiosa, posto che nessun governo ardirebbe di porre la fiducia sull’elezione di persone destinate a rivestire ruoli in organi monocratici o collegiali.

Invece, operando come ha fatto, il parlamento ha adottato, per la legge elettorale, un iter formativo che ha assunto i caratteri della “specialità e anormalità” in luogo della “normalita” prescritta, e quindi senza alcun voto di fiducia, come per altro la bozza di regolamento in itinere si preoccupa di precisare, codificando la prassi regolamentare sempre osservata dopo la votazione sulla legge c. D. Legge-truffa del 1953, che, confrontata con quella di oggi, beneficia di una postuma riabilitazione.

Ciò che qui ci preme di sottolineare è che l’occasione che oggi si presenta è propizia per dire una parola chiara su come debba essere condotto l’iter legislativo di disegni di legge in materia elettorale, per evitare che in futuro simili forzature abbiano a ripetersi.

La corte, già in occasione della sentenza n. 1-2014, ha trovato il modo di rischiarare quella zona d’ombra che sino ad allora aveva impedito di valutare la legittimità costituzionale delle leggi elettorali, sulla considerazione che l’esigenza di garantire il principio di costituzionalità rendeva imprescindibile affermare il sindacato della corte, e che, diversamente ragionando, si sarebbe finito per creare una zona franca nel sistema di giustizia costituzionale.

A noi sembra che, muovendo dalle medesime considerazioni, la corte potrebbe cogliere l’occasione per rischiarare con la luce della costituzione anche la procedura parlamentare, che non può restare nell’esclusiva disponibilità delle furbizie e delle decisioni degli “interna corporis”, le une e le altre inevitabilmente influenzate dall’interesse della politica, dico meglio, dei politici, che spesso sono portati ad abusarne.

Insistiamo quindi perche’ la corte voglia, in autoremissione, preliminarmente dubitare, e poi eventualmente decidere, che gli art. Li 1, 2 e 4 della legge 52-2015 sono stati approvati con un procedimento legislativo incostituzionale, in violazione di plurime norme della costituzione e della cedu.

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4) UNA LEGGE CHE PRODUCE EFFETTI IRRAGIONEVOLI.

L’esito del referendum del 4 dicembre, che ha visto rigettata con ampia maggioranza popolare la riforma costituzionale e ha quindi implicitamente confermato l’attuale impianto istituzionale — con le due camere paritariamente deputate alla produzione legislativa e parimenti titolari del rapporto fiduciario col governo — ha radicalmente mutato la situazione istituzionale nella quale la vostra decisione ora e’ destinata a collocarsi.

L’esito referendario ha reso palese ciò che prima era prevedibile: la rappresentanza e la governabilità, se si decide di coniugarle insieme, ancorché in diversa misura e pur sempre con prevalenza della prima sulla seconda, devono essere caratteristiche riferite all’intero sistema parlamentare, e non più alla sola camera, come il legislatore aveva preteso di fare commettendo quello che è stato recentemente definito un “clamoroso errore politico-strategico[1].

L’impianto maggioritario dell’italicum e l’impianto proporzionale della legge 270-2005 non possono convivere nell’ordinamento istituzionale, e quindi, essendo oggi all’esame l’italicum, è di esso che l’ordinamento dovrà liberarsi utilizzando l’occasione di questo giudizio incidentale di costituzionalità, che si celebra quando è divenuto assolutamente conclamato “a regime” ciò che era prima semplicemente prevedibile, per la sua contraddittorietà intrinseca (rispetto agli scopi della legge) ed estrinseca (rispetto all’ordinamento nel quale era destinata ad inserirsi).

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5) AUSPICIO CONCLUSIVO: RIPRISTINARE IL CONSULTELLUM, CON IMPLICITO SUGGERIMENTO AL PARLAMENTO

Se la corte riterrà quindi di adottare un intervento totalmente demolitorio, per una delle due ragioni testé esposte, sarà allora agevole ridare all’italia una legislazione elettorale autoapplicativa.

Ed e’ appena il caso di osservare che un intervento di tal genere, eliminando del tutto l’italicum e riportando indietro le lancette dell’orologio all’indomani della sentenza n. 1-2014, sarebbe il miglior viatico perche’ il parlamento si sentisse investito della necessita’ di riformulare una nuova normativa elettorale, nell’esercizio di quella quota di sovranita’ che il popolo gli ha delegato in occasione delle ultime elezioni, sia pure coi limiti cui abbiamo accennato.

.

La normativa di risulta sarà in tal caso quella risultante dalla sentenza n. 1-2014, sia per la camera sia per il senato, e per quest’ultimo, se così riterrà la corte, con in più l’eliminazione delle eccessive soglie di accesso, a suo tempo non scrutinate perché non comprese nell’ordinanza di remissione, e oggi invece ritualmente impugnate.

Rappresentanza politica, partecipazione democratica, voto libero, diretto ed eguale sono le pietre angolari del sistema democratico disegnato nella costituzione, ne definiscono la natura e la forma e sono i parametri di valutazione di ogni normativa elettorale che ha l’obbligo di attuarli, e, se non lo fa, deve essere ricondotta ai canoni costituzionali.

L’essenza della democrazia, quella con la d maiuscola, è la contendibilità del potere, del cui esito l’unico decisore è il popolo, chiamato periodicamente a esercitare la sua sovranità, sancita dal secondo comma dell’art. 1 cost., in libere elezioni che devono di volta in volta svolgersi attraverso una competizione non suggestionata da regole elettorali che siano, o anche solo possano apparire, predisposte per favorire qualcuno, o danneggiare qualcun altro, o per impedire ad altri ancoradi affacciarsi sulla scena politica.

Con la legge 270, approvata alla fine del 2005, quella definita “porcellum” dal suo stesso principale autore, si era chiaramente perseguito lo scopo di rendere impossibile la vita alla coalizione che, sulla base di tutti i sondaggi, si apprestava a vincere le elezioni del 2006, come poi è effettivamente accaduto a quella legislatura, sciolta dopo appena due anni,

E la legge 52 del 2015, l’italicum e’ nata, almeno nel patto d’origine, coi seguenti presupposti:

“1) sterilizzare le chances elettorali di un nuovo movimento politico;

2) restringere la competizione elettorale a due soli protagonisti;

3) mantenere il controllo dei rispettivi partiti attraverso la nomina dei parlamentari

Esattamente il contrario di ciò che dovrebbe fare una buna legge elettorale, il cui scopo dovrebbe invece essere quello di:

1) non danneggiare alcuno dei soggetti in campo;

2) consentire la partecipazione nuovi soggetti politici per implementare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica;

3) garantire la contendibilità interna ai soggetti politici.

I boatos mediatici di questi giorni, specie quelli dei giornali economici, provando ad attribuire alla corte i loro propri desideri, hanno cercato di abituarci all’idea che il presente scrutinio di costituzionalità sia destinato a concludersi con la sola eliminazione del ballottaggio e della discrezionalita’ post-voto dei pluricandidati plurieletti; che e’ qualcosa, ma che non basta per rimettere insieme il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.

Uno scenario minimalista che sembrerebbe fatto apposta per perpetuare la situazione di questo parlamento, in cui centinaia di deputati e di senatori sono passati da una parte all’altra, non gia’ per avere cambiato idea (cosa piu’ che lecita) ma solo per avere cambiato convenienza (cosa assolutamente immorale).

A noi corre il dovere di dire a voi, che siete i giudici di ultima istanza, che salvare la soglia del 40% al primo turno di votazione vorrebbe dire generare un sistema in cui:

un solo competitore può vincere;

– un altro, se gli va bene, può solo pareggiare;

– un terzo è comunque destinato a perdere;

– e nessun altro può ardire di affacciarsi sulla scena elettorale, proponendo una nuova e diversa piattaforma politica;

vorrebbe dire, in conclusione, sclerotizzare il sistema politico, contribuendo al crescente distacco dei cittadini dalle istituzioni, di cui tanto si parla per stigmatizzarla, savo poi fare di tutto per provocarlo.

Se cosi’ fosse, se l’italicum superasse, anche solo in parte, lo scrutinio di costituzionalita’, questo scenario manterrebbe al paese l’apparenza della democrazia, ma ne negherebbe la sostanza; che e’ poi cio’ che e’ avvenuto nel momento in cui questo parlamento si e’ fatto lecito di varare una nuova costituzione che il popolo ha rigettato, e una legge elettorale che ha reiterato i difetti ai quali la sentenza n.1-2014 aveva pensato di aver posto rimedio, quei difetti da cui ho preso le mosse in questo mio intervento, che sto per concludere.

E quindi, al di la’ delle tecnicalita’ attraverso cui una decisione totalmente demolitaria puo essere adottata, la ragione sociale del vostro compito, di cui noi ricorrenti e difensori siamo solo l’occasionale strumento, e’ quella di restituire agli italiani la sovranita’ che le ultime leggi elettorali hanno espropriato, ed e’ quella di ripristinare i danni provocati dai continui furti di democrazia che il popolo sovrano subisce da anni.

La vostra decisione deve rispondere alle aspettative di un popolo, che ha il diritto di esercitare la sua sovranita’, nei modi e termini stabiliti dalla costituzione, che e’ la carta fondativa del patto sociale, e non nei modi e termini che possano convenire agli attori politici del momento, quali che essi siano.

Ed e’ per questo che auspico che la vostra decisione faccia precipitare l’italicum nel cestino (stavo per dire nella pattumiera) della storia, a cui l’ha destinato, il voto referendario del 4 dicembre, che ha bocciato sonoramente l’italicum insieme alla riforma costituzionale, per il combinato disposto tante volte evocato e che gli italiani, anche quelli digiuni di diritto, hanno ben compreso.

A quel punto, dopo che l’arbitro avra’ fischiato il fallo, le squadre in campo torneranno a giocare la loro partita, con regole piu’ chiare, sapendo che c’e’ qualcuno che guarda, vede e, all’occorrenza, interviene.

Vincenzo Palumbo


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