Omicidi di mafia, la sentenza per i boss di Barcellona

Omicidi di mafia, la sentenza per i boss di Barcellona

Alessandra Serio

Omicidi di mafia, la sentenza per i boss di Barcellona

mercoledì 29 Gennaio 2025 - 17:22

Ergastolo ai capi storici del clan di Barcellona compreso il "dissociato" Sam Di Salvo. Il suo braccio destro è stato però scagionato

Messina – Sono condanne pesanti quelle decise alla fine del processo su l’operazione Inganno,l’indagien del Ros dei Carabinieri che ha svelato i retroscena di 13 omicidi risalenti a diversi anni fa, grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Alla sbarra c’è il gotha del clan di Barcellona.

La sentenza

Nel pomeriggio la Giudice per l’udienza preliminare Arianna Raffa ha deciso: ergastolo per lo storico boss Giuseppe Gullotti  e per il reggente Sam Di Salvo, 30 anni Vincenzo Miano e Giuseppe Isgrò. Chieste le condanne anche dei collaboratori di giustizia: 15 anni per Carmelo D’Amico, 12 anni per Salvatore Micale.

La decisione si discosta poco dalle richieste dei PM della Dda Fabrizio Monaco, Vito Di Giorgio e Francesco Massara, ad eccezione che per le posizioni di Di Salvo, assolto da una delle accuse ma condannato al carcere a vita malgrado l’Accusa avesse chiesto 30 anni di reclusione, e per Stefano “Stefanino” Genovese e Carmelo Mastroeni, scagionati da tutte le accuse.

La sentenza è arrivata dopo la discussione dei difensori, gli avvocati Tommaso Autru Ryolo, Diego Lanza Giuseppe Lo Presti, Antonino Pirri, Tino Celi, Luca Cianferoni, Gianluca Currò, Rosolino Ulizzi, Franco Bertolone, Filippo Barbera, Giuseppe Cicciari e Cettina Fasolo.

Gli omicidi di mafia al cimitero

L’operazione viene denominata Inganno perché con un inganno sono stati attirati nella trappola mortale Antino Accetta e Giuseppe Pirri. Un delitto degno di un film dell’orrore, titolarono i giornali quel giorno di fine gennaio del 1992. Era la mattina del 21 e una telefonata anonima avvisò le forze dell’ordine del fatto che all’ingresso del cimitero di Barcellona c’erano due cadaveri. Quando le divise arrivarono, trovarono i corpi senza vita dei due giovani stesi sotto un altare di pietra sormontato da una enorme croce. Due giovanissimi, puniti con la morte per piccoli furtarelli.

Il boss si dissocia “a metà”

L’operazione Inganno, oltre a fare luce su una serie di delitti rimasti per anni nell’ombra, ha fatto registrare un’altra pagina clamorosa: ovvero il primo episodio di “collaborazione” tra Sam Di Salvo e lo Stato. Chiuso nel silenzio al 41 bis per anni, il “colletto bianco” Di Salvo, ha reso la sua versione anche su episodi che non lo vedono direttamente coinvolto. In sostanza Di Salvo ha “smentito” D’Amico su alcuni punti specifici. Dopo di lui anche Mastroeni, considerato legato a doppio filo a Di Salvo anche nelle attività nelle costruzioni, ha rilasciato dichiarazioni ai Pubblici Ministeri rivelando i retroscena di alcuni dei delitti e confermando così il suo ruolo. “Sono stato costretto, l’ho fatto per paura di essere ucciso”, ha detto in sostanza il costruttore dissociatosi. Sembrava una apertura ad una collaborazione vera e propria, quella di Di Salvo, che però non ha avuto poi ulteriori sviluppi, almeno per il momento. Oggi per lui la condanna è quella del carcere duro.

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