Carte false per l'eredità dello zio, nipote condannato e testamento annullato

Carte false per l’eredità dello zio, nipote condannato e testamento annullato

Alessandra Serio

Carte false per l’eredità dello zio, nipote condannato e testamento annullato

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mercoledì 24 Marzo 2021 - 08:30

Un 60enne di Terme Vigliatore era stato accusato dai parenti di aver adoperato un falso testamento in cui lo zio lasciava a lui casa e terreni

Un sessantenne di Terme Vigliatore, nel messinese, è stato condannato per aver adoperato un falso testamento dello zio. L’intento era assicurarsi la lauta eredità: casa, appezzamenti di terreno e denaro, oltre i 100 mila euro.

La sentenza è del giudice monocratico onorario di Barcellona Giovanni Mannuccia, che ha condannato l’uomo ad 8 mesi per uso improprio di un atto falso, il testamento appunto. Il testamento è stato dichiarato falso e quindi nullo.

Sullo sfondo del processo c’è la lite per l’eredità scoppiata tra i nipoti. Il sessantenne, che ha accudito lo zio negli ultimi anni di vita, aveva sempre sostenuto che tutti i beni del parente, quando sarebbe passato a miglior vita, sarebbero dovuti andare a lui. Ma gli altri parenti non erano d’accordo.

Alla fine il giorno del trapasso è arrivato. E poco dopo il funerale la baruffa in famiglia è scoppiata presto. E’ infatti saltato fuori un testamento olografo con le ultime volontà dell’anziano zio passato a miglior vita: “Va tutto al nipote che si è preso cura di me vecchio e malato”.

“Che c’è di strano? L’ho accudito, ha disposto come si sentiva di fare”, ha risposto grosso modo il nipote agli altri eredi legittimi, che hanno subito sentito “puzza di bruciato”. Malgrado i sospetti, il nipote è andato avanti chiedendo di eseguire il testamento olografo sospetto.

La denuncia è scattata subito e da lì il processo. I parenti rimasti “gabbati” si sono rivolti all’avvocato Tonino Aliberti, mentre il nipote accusato è stato difeso dall’avvocato Alessandro Imbruglia.

Il giudice alla fine ha dato ragione agli altri parenti: in cinque anni di processo, in aula la battaglia è stata sul testamento e sulle perizie, effettuate dai consulenti di parte per lo più su fotocopie del documento originale.

Il giudice Mannuccia invece ha nominato un proprio consulente di esaminare il presunto testamento in versione originale. La risposta è stata lapidaria: la scrittura è palesemente artefatta, non corrispondente a quella dello zio.

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