Coronavirus in Calabria, se un'ordinanza quasi genera il caos

Coronavirus in Calabria, se un’ordinanza quasi genera il caos

mario meliado

Coronavirus in Calabria, se un’ordinanza quasi genera il caos

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mercoledì 12 Gennaio 2022 - 18:32

Quarantena & C., parecchi Comuni calabresi si sono determinati "a fantasia" sul "chi fa cosa" dopo l'esecuzione di un tampone rapido con esito negativo

REGGIO CALABRIA – L’ordinanza numero 5 di lunedì 10 gennaio del Presidente della Regione Roberto Occhiuto è un po’ l’icona delle cose urgenti e sagaci da fare che, purtroppo, talora vengono deliberate in modo incompleto o parzialmente incongruo.

Accade infatti che, per non ingolfare più le Aziende sanitarie provinciali (e segnatamente le Usca), completamente “in palla” per via delle centinaia di richieste di recarsi a domicilio di persone positive al Covid – anche in luoghi oggettivamente difficili da raggiungere il cui raggiungimento implica ovviamente dispendio di tempo e d’energie – per effettuare il famigerato tampone molecolare di conferma dell’uscita dal periodo di positività, Occhiuto ha ben pensato d’emanare ordinanza il cui senso ultimo è: “liberi tutti”, basta un tampone rapido, senza necessità di un molecolare a confermarne l’esito.

Basta molecolare a domicilio? Contatti potenzialmente insidiosi

Ok ma, intanto, la necessità di recarsi a eseguirlo «presso gli erogatori pubblici e privati, anche in modalità domiciliare», può significare contribuire a diffondere una variante contagiosissima del virus come la Omicron.
Non era infatti “per divertimento” che i soggetti positivi, asintomatici fin dall’inizio o magari senza neanche più i sintomi della malattia, già in passato non si recavano ad esempio ai vari drive-in per sottoporsi lì al tampone di probabile conferma della loro negatività; ma proprio perché, nell’intenzione del legislatore, si volevano minimizzare i rischi di far circolare – e venire persino a contatto con operatori sanitari, in maniera involontariamente assai insidiosa per il resto dell’utenza – un soggetto tuttora positivo al virus ma che ritenesse di non esserlo più in ragione del numero di giorni trascorsi e, magari, dell’esito negativo ottenuto tramite test rapidi effettuati a domicilio col sistema del fai-da-te.

Sì, ma: “chi fa cosa”?

In second’ordine, il gravissimo problema dell’ordinanza emerso istantaneamente agli occhi di Asp e amministratori dei vari Comuni calabresi è l’indeterminatezza del “chi fa cosa”.
Va bene, tampone rapido eseguito da operatori accreditati pubblici o privati; e poi? Per completare la trafila burocratica dell’abbandono dello status di positività, l’ex-positivo al Coronavirus cosa andrà a fare? Il testo non lo dice.
Ed ecco: paese che vai, usanza che trovi (più o meno).

Caso 1 – Reggio città

A Reggio Calabria città, in mattinata ci segnalano diversi casi in cui i soggetti rimasti “in cattività” a causa dell’enorme mole di lavoro in capo all’Azienda sanitaria sono stati contattati dalle Usca, che hanno suggerito di effettuare il tampone rapido attraverso il proprio medico di famiglia, al quale sarebbe toccato l’onere di comunicare il tutto all’Asp (perché senza un “ok” dell’Azienda saCanitaria provinciale non c’è nessun addio allo stato burocratico pregresso di positività: proprio questo pare in realtà uno dei “nodi” che l’ordinanza presidenziale non scioglie).

Caso 2 – Scido (RC)

Ordinanza adottata a Scido (RC)

A Scido, minuscolo centro della Tirrenica reggina, il sindaco Peppe Zampogna – che peraltro è pure un consigliere metropolitano che, a Palazzo Alvaro, siede sui banchi dell’opposizione – ha pensato d’agire in maniera singolare e un po’ fantasiosa.

E, come da foto…, con sua ordinanza ha disciplinato non il caso del test rapido negativo, bensì del test rapido di fine-quarantena il cui esito risultasse invece positivo (!), invitando gli utenti che incappassero in tale circostanza – evidentemente, sempre nell’intento di non ingolfare strutture e personale dell’Azienda sanitaria provinciale; e, alla fine della fiera, di non generare ulteriori escalation nei contagi – a «comunicare prontamente» quest’informazione… «al sindaco», in quanto massima autorità sanitaria sul territorio cittadino.

Caso 3 – CoriglianoRossano (CS)

Ordinanza adottata dal Comune di CoriglianoRossano (CS)

In un centro fondamentale del Cosentino come CoriglianoRossano (parliamo della terza città calabrese per popolazione, con poco più di 77mila residenti), il primo cittadino Flavio Stasi ha emanato l’ordinanza sindacale numero 3 giusto oggi e proprio su questo tema.
Visto che «l’accavallarsi, in sequenza, delle ordinanze d’isolamento e di quelle successive di revoca dello stesso, mediante la fliera istituzionale Asp – Centro operativocomunale – Servizio di notifica potrebbe determinare ulteriori aggravi all’interno degli uffici preposti alla relativa istruttoria rispetto ai tempi di notifica e al decorso della quarantena, con conseguenti disagi alla popolazione», richiamando quanto già disposto in «molti altri territori d’Italia» il sindaco Stasi ha sancito che le comunicazioni “istituzionali” fin qui veicolate per disporre o revocare la quarantena “da Coronavirus” «possono essere sostituite con l’inoltro di una mail ordinaria e/o di un sms – a mezzo di un semplice cellulare – con ricevuta d’invio e di consegna del messaggio».

…E non finisce qui

E ci dicono ci siano altri casi ancora – se ne verremo meglio edotti, ovviamente ve li documenteremo qui su Tempostretto – di centri reggini e calabresi nei quali la “catena di comando” relativa al post-tampone rapido avrebbe avuto ulteriori deviazioni. Un po’ come la pizza “fantasia del pizzaziolo”: ognuno fa quel che gli pare.
In sintesi, quello che un’ordinanza di un Presidente della Regione dovrebbe impedire, invece di causarlo.

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