Covid, l'appello delle Comunità Terapeutiche: "Aiutateci a restare aperti"

Covid, l’appello delle Comunità Terapeutiche: “Aiutateci a restare aperti”

Chiara Cenini

Covid, l’appello delle Comunità Terapeutiche: “Aiutateci a restare aperti”

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lunedì 14 Dicembre 2020 - 08:26

Il lockdown e le misure di lotta al covid hanno causato disagi alle comunità che si occupano di dipendenze. E ora lanciano l'allarme

Comunità Terapeutiche abbandonate causa  Covid, l’appello dei presidenti arriva come un grido Silenzioso , da parte di una realtà che da decenni viene “dimenticata” quando sopravvengono situazioni difficili come la Pandemia del Covid19

L’allarme da marzo

.Una circostanza disastrosa che ha reso complicata la realtà delle comunità che si occupano di dipendenze soprattutto al sud Italia. Già a marzo 2020,con il primo lockdown, Luciano Squillacioti, presidente della FEDERAZIONE ITALIANA COMUNITÀ TERAPEUTICHE, (FICT)  aveva raccontato e fatto un appello per poter avere REGOLE PRECISE E FONDI.

I problemi delle comunità

Visto l’abbandono in cui si versava, ad oggi, in tutta Italia infatti operatori e utenti di questo settore, sono messi a prova durissima, come sottolineato dalla dottoressa Annamaria Garufi  presidente della comunità di recupero diurno per tossicodipendenti Lelat, infatti la comunità che da anni opera sul territorio messinese, pur continuando il proprio cammino, è stata colpita e ha dovuto fronteggiare limitazioni ma sopratutto ha dovuto interrompere i gruppi  TERAPEUTICI con familiari e parenti che si svolgevano in Lelat e che erano di fondamentale necessità per il percorso di un recupero più sereno ed armonioso. Infatti, come aggiunge la Garufi, il gruppo familiare da modo ai ragazzi di prendere più confidenza con i propri componenti della famiglia e da modo agli operatori, PSICOLOGI  e addetti ai lavori di stabilire un filo continuo con mogli genitori che garantiscono una sicurezza in più ad una comunità solo Diurna come la Lelat.

Il divieto di visite

Diversa e più complicata invece è la situazione della Faro, comunità H24 che,come racconta il presidente Mimmo Incorvaia, si è trovata a fronteggiare la difficoltà più grande, quella di dover dire a ragazzi che vivono all’interno di un regime di recupero per l’intera giornata, che non avrebbero per un periodo non definito, ricevere visite e prendere parte a gruppi con genitori, mogli, figli.Ad oggi le visite sono ancora limitate, ma gli utenti riescono a vedere i familiari. Molte le precauzioni che tutte le comunità hanno dovuto affrontare come presidi necessari, mascherine, disinfettanti, divisori in plexiglass e sopratutto tamponi.

Servono regole e servizi

L’appello fatto già da tempo dal presidente delle comunità Terapeutiche Squillaci è lo stesso della prima ondata di covid 19, “Sono necessarie regole precise, i ragazzi e gli operatori delle comunità hanno urgente bisogno di più attenzione e sopratutto di aver garantiti indispensabili dispositivi di protezione individuale (DPI), presidi sanitari.” Presidi  più volte chiesti alle ASL di competenza ma, che come vuole sottolineare Incorvaia, sono stati motivo di una arcaica sensazione di abbandono da parte delle istituzioni, che da sempre  aleggia sulla storia delle comunità di recupero che NON VENGONO INSERITE nei piani di intervento previsti dallo STATO.

Aiutateci a restare aperti

Proprio per queste mancanze, la comunità Faro ha acquistato circa 300 tamponi a proprie spese e soprattutto nel primo lockdown  sia la Lelat che la Faro si sono viste mancare i presidi necessari alla prevenzione del covid. “AIUTATECI AD AIUTARE I NOSTRI RAGAZZI, AIUTATECI A RIMANERE APERTI.” PER IL RESTO, Nonostante la paura, I PRESIDENTI DELLE 2 STORICHE COMUNITÀ MESSINESI, ANNAMARIA GARUFI E MIMMO INCORVAIA, continuano il proprio lavoro, con massima attenzione, ma non trascurando il fine principale che è l’attenzione al recupero.

TUTTI I GIORNI TANTI  OPERATORI  SI VESTANO DI UN’ARMATURA FATTA DI CAMICI GUANTI  E MASCHERINE E SCENDONO IN CAMPO CON UNO SCUDO DI FORZA, PROFESSIONALITÀ E PASSIONE, per far sì che tanti ragazzi, giunti a fine percorso, ed altri in fase iniziale, non vedano sgretolarsi QUELL’ULTIMA SPERANZA DI VITA, ALLA QUALE  SOLO UNA COMUNITÀ DI RECUPERO AD OGGI POTREBBE CONDURLI, ACCOMPAGNANDOLI CON AMORE  “ALL’ USCITA DAL TUNNEL”. 

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