Gli Affari di famiglia a Mojo Alcantara, la sentenza dopo il commissariamento per mafia

Gli Affari di famiglia a Mojo Alcantara, la sentenza dopo il commissariamento per mafia

Alessandra Serio

Gli Affari di famiglia a Mojo Alcantara, la sentenza dopo il commissariamento per mafia

mercoledì 10 Luglio 2024 - 07:05

Una sola assoluzione, poi condanne per tutti al processo che vede alla sbarra anche l'ex sindaco Bruno Pennisi, assolto dall'accusa di mafia

Messina – E’ arrivata nella tarda serata di ieri la sentenza al processo Affari di Famiglia, l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia e la Guardia di Finanza di Messina sulla gestione di alcuni appalti tra Mojo Alcantara e Malvagna.

La sentenza

Mancavano una manciata di minuti alle 20 quando il Tribunale ha letto il verdetto, disponendo prima per gli imputati che hanno optato per il rito abbreviato: 10 anni e 9 mesi la condanna per Giuseppe Pennisi, interdetto dai pubblici uffici e la libertà vigilata per 3 anni, dopo aver scontato la pena. Scagionata invece Clelia Pennisi, assolta per non aver commesso il fatto. Per lei è stata disposta la liberazione immediata.

Per gli imputati che hanno optato per il rito immediato la sentenza è: 6 anni per Antonio D’Amico, 4 anni per Santo Rosario Ferraro, 10 anni e 4 mesi in continuazione Luca Giuseppe Orlando, 6 anni di reclusione per l’ex sindaco Bruno Pennisi, 13 anni per Carmelo Pennisi. La Corte ha inoltre disposto la trasmissione degli atti alla Procura per valutare le dichiarazioni rese al processo da alcuni testimoni.

Le richieste dell’Accusa

Lo scorso 19 giugno l’Accusa, rappresentata dai pubblici ministeri Liliana Todaro e Antonella Fradà, aveva sollecitato condanne per tutti: 10 anni e mezzo di reclusione per l’ex primo cittadino Bruno Pennisi, 9 anni di reclusione per Antonio D’Amico, 6 anni per Santo Rosario Ferraro, 12 anni per Luca Giuseppe Orlando, 13 anni per Carmelo Pennisi, 8 anni e mezzo per Giuseppe Pennisi, infine 7 anni e 3 mesi per Clelia Pennisi.

Le infiltrazioni mafiose a Mojo e Malvagna

L’indagine della Guardia di Finanza è sfociata nella sospensione del sindaco di Mojo, Bruno Pennisi, nella primavera del 2022, poi la Prefettura di Messina ha commissariato il Comune per infiltrazioni mafiose.

Il dibattimento chiuso ieri con la sentenza di primo grado è stato caratterizzato proprio dalle schermaglie tra Accusa e difese sulle presunte ombre della mafia. Al processo ha deposto il pentito Carmelo Porto, che ha confermato che il clan catanese Laudani gestiva i lavori e i cantieri nella zona jonica del messinese. La Procura ha poi incluso nel fascicolo processuale anche le novità rivelate dall’inchiesta catanese “Terra bruciata”. Nell’indagine sulla famiglia mafiosa dei Laudani infatti, secondo l’Accusa, ci sono intercettazioni che testimoniano chiaramente gli interessi di quel clan nell’area dell’Alcantara.

Ma per il Tribunale (presidente Adriana Sciglio) l’accusa di mafia non è totalmente provata. I giudici hanno infatti escluso l’aggravante di appartenere all’associazione, pur riconoscendo la responsabilità per quasi tutte le altre accuse contestate.

Appello in vista

La sentenza riconosce la totale estraneità del sindaco Bruno Pennisi dalla grave accusa di mafia che lo ha condotto all’arresto. Il tribunale ha anche riconosciuto che nel comune di Mojo non c’è stato alcun condizionamento dell’attività politico amministrativa da parte della mafia e le accuse ipotizzate dagli investigatori si sono rivelate del tutto inconsistenti e prive di riscontro come dimostrato anche dall’assoluzione del vice sindaco Clelia Pennisi oggi assolta e finalmente scarcerata. Sarà certamente appellata la condanna per l’ipotesi di corruzione che a giudizio di questa difesa non è condivisibile”. commentano gli avvocati Nunzio Rosso e Franco Rosso.

Impegnati nelle difese gli avvocati Nunzio Rosso, Franco Rosso, Vittorio Basile, Giancarlo Padiglione, Salvatore Pagano, Francesco Strano Tagliareni, Carlotta La Spina, Giovanni Spada e Giuseppe Testa.

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