Medici cubani, j'accuse degli Ordini provinciali

Medici cubani, j’accuse degli Ordini provinciali

Redazione

Medici cubani, j’accuse degli Ordini provinciali

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domenica 21 Agosto 2022 - 08:00

Presidente della Regione nel mirino. «La deroga alle procedure consuete? Non vuol dire che i titoli non saranno verificati, ma solo che a verificarli saranno le Regioni anziché il Ministero»

REGGIO CALABRIA – Medici cubani negli ospedali calabresi? Gli Ordini dei medici non ci stanno. E dopo l’intervento-apripista del presidente dell’Ordine provinciale di Cosenza Eugenio Corcioni, stavolta le istituzioni ordinistiche intervengono con una pesantissima nota congiunta rivolta al Presidente della Regione e commissario governativo alla Sanità calabrese Roberto Occhiuto.

«Fondamentale la qualità dei medici e delle cure prestate»

La premessa già fa subodorare il tono della missiva: preliminarmente, si chiarisce che gli Ordini dei medici sono «organi sussidiari dello Stato “al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale”, impegnati quindi, oltre che negli aspetti etico deontologici professionali, soprattutto nelle garanzie di qualità dei professionisti, al fine della tutela della salute dei cittadini costituzionalmente garantita».

Ecco quindi che i cinque Ordini e i loro presidenti (lo stesso Corcioni per Cosenza, Vincenzo Ciconte per Catanzaro, Enrico Ciliberto per Crotone, Antonio Maglia per Vibo Valentia e Pasquale Veneziano per Reggio Calabria) si dichiarano «prioritariamente interessati a che il Ssr offra servizi di qualità, corrispondenti agli standard di salute a cui hanno diritto i calabresi, nonché disponibili ad essere coinvolti in ogni iniziativa che persegua tali finalità».

L’interlocuzione preventiva con gli Ordini non c’è stata…

Vincenzo Ciconte, presidente dell’Ordine dei medici di Catanzaro

Quanto poi all’«indiscutibile carenza di personale sanitario» che esercita sul territorio calabrese, evidenziano i cinque Ordini che «sarebbe stata opportuna un’interlocuzione propositiva con le Istituzioni ordinistiche, che avrebbero saputo fornire il proprio contributo nell’affrontare tale problematica, così come di recente dimostrato, con molto lavoro e sacrificio, nelle attività di monitoraggio, verifica e controllo inerenti all’obbligo vaccinale!

Nel merito della decisione assunta dal Presidente della Regione Calabria, riguardante l’accordo per il reclutamento di circa 500 medici cubani, in deroga alle procedure consuete, esprimiamo forti perplessità – così i presidenti dei cinque Ordini dei medici calabresi – in merito alle garanzie di qualità nell’assistenza che verrà fornita da questi operatori sanitari stranieri.

La deroga? Significa solo che i titoli li verificheranno le Regioni

La norma che si cita, riguardante una deroga temporanea alle procedure consuete che sono richieste per il riconoscimento dei titoli conseguiti in Paesi stranieri, non vuol dire che tale riconoscimento non è necessario, ma soltanto che detta norma sposta l’onere d’effettuarlo dal Ministero alle Regioni. In ogni caso, i titoli vanno rigorosamente verificati per poter esercitare la professione in Italia e in Calabria sempre con regole trasparenti e procedure certe, evitando il pericolo di sfociare nell’esercizio abusivo e, di fatto, di sfasciare l’intero sistema che regola l’esercizio di questa professione e che per il resto non è cambiato!».

Non sapere bene l’italiano può impedire di salvare vite

E dopo questa ‘lezione’ giuridico-sanitaria, lo scontro prosegue.
«È solo il caso di ricordare che la conoscenza adeguata della lingua italiana, nell’esercizio di qualunque professione e, a maggior ragione, nel campo dell’emergenza sanitaria (come precisa l’accordo firmato), è d’importanza fondamentale: la mancanza, ma anche la sola insufficiente conoscenza di questo strumento essenziale di comunicazione – rilevano i cinque presidenti – può risultare drammaticamente dannosa e ritardare o non individuare tempestivamente diagnosi e cure appropriate o, peggio, perdere vite umane anziché salvarle. Così com’è molto preoccupante l’inevitabile ignoranza riguardante le nostre pratiche di medicina legale (ad esempio: i referti che per legge è obbligatorio vengano redatti dal professionista che ha constatato il fatto, la certificazione formale della morte ecc.) da parte di colleghi stranieri, al pari di tante regole in materia sanitaria che il nostro sistema sanitario pone a tutela dei cittadini, che hanno il diritto di trovare competenza e non solo un pronto soccorso “aperto”!».

«Si vaglino prima altre soluzioni»

Gli Ordini firmatari della missiva, pertanto,«chiedono che vengano vagliate prima altre soluzioni e percorsi che tengano conto, intanto, del coinvolgimento dei medici di continuità assistenziale, degli specializzandi (non solo dell’unica Facoltà di Medicina calabrese), dei medici in formazione per la medicina generale, dei medici in quiescenza ecc. e soprattutto che si facciano reali e attrattive manifestazioni d’interesse nei confronti di nostri iscritti che lavorano in altre regioni d’Italia.

Tanti medici calabresi lavorano fuori. Chiedetevi perché

Pasquale Veneziano
Pasquale Veneziano, presidente dell’Ordine dei medici di Reggio Calabria

Al riguardo, si legge ancora in missiva, «è necessario che si faccia anche una seria analisi sui motivi per i quali centinaia di medici, pur conservando la residenza in Calabria e l’iscrizione negli Ordini della nostra regione, hanno preferito le opportunità di lavoro offerte in altre regioni. In considerazione degli aspetti emergenziali generali relativi alle carenze di personale sanitario e all’intera questione attinente al potenziamento dell’offerta sanitaria, è necessario che ogni professionalità sanitaria attualmente operante nelle nostre strutture, a ogni livello d’impegno e ruolo, venga realmente incentivato, nel rispetto delle norme italiane ed europee vigenti, a poter fornire un contributo supplementare volontario, teso al raggiungimento degli obiettivi d’assistenza sanitaria poste dalla Regione Calabria.

Si auspica quindi un’interlocuzione propositiva permanente tra Regione ed Ordini su temi sanitari di tale rilevanza».

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