Reggio. Un terreno e un capannone confiscati saranno un'impresa sociale

Reggio. Un terreno e un capannone confiscati saranno un’impresa sociale

elisabetta marciano

Reggio. Un terreno e un capannone confiscati saranno un’impresa sociale

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mercoledì 10 Novembre 2021 - 07:08

Approvato il progetto esecutivo per la bonifica dell'area, che sarà assegnato ad una cooperativa sociale tramite procedura di selezione pubblica

La Giunta comunale ha approvato il progetto definitivo che porterà al recupero ed alla rigenerazione di un’ex azienda agricola confiscata a San Giovanni di Pellaro per la realizzazione di un’impresa sociale in campo agroalimentare. L’intervento rientra fra gli assi finanziati dal Pon-Poc Metro. A margine della riunione di Giunta, il sindaco Giuseppe Falcomatà si è detto particolarmente compiaciuto per il via libera al programma che ha la finalità di «sostenere un modo di fare impresa che si connette alla volontà di cambiamento sociale».

Settore agroalimentare

«Un’attività – ha spiegato il sindaco – che si inserisce nell’ambito del lavoro per la rigenerazione ed il riutilizzo dei beni confiscati, in grado di promuovere un progetto di grande valore sociale, capace di coinvolgere startup attive nel campo dell’agroalimentare, uno dei settori più in espansione sul nostro territorio, incidendo quindi in positivo sulla qualità della vita dei cittadini di quell’area ed in generale per un’attività strategica in grado di supportare il tessuto socioeconomico produttivo della città».

I passaggi

Il programma approvato dalla Giunta e finanziato con i fondi del Pon-Poc Metro prevede che il bene confiscato, un terreno agricolo con capannone, sia bonificato e ristrutturato direttamente dall’Ente e poi assegnato, in seguito a procedura di selezione pubblica, ad una cooperativa sociale, già attiva o di nuova formazione, capace di coinvolgere professionalmente soggetti svantaggiati e creare occupazione sul territorio, avviando un’attività nel settore agroalimentare. La stessa attività produttiva sarà anche sostenuta, successivamente, nella sua fase di startup, da un altro progetto, sempre finanziato con fondi del Pon-Poc Metro, per dare un concreto supporto alla cooperativa sociale che sarà selezionata per l’avvio dell’attività commerciale.

Il valore

«Da sottolineare – ha spiegato il sindaco – è l’obiettivo qualificante per il quale l’esecutivo si approccia a simili interventi, tesi a supportare le categorie solitamente considerate “svantaggiate”, fornendo soluzioni efficaci a problemi concreti per il raggiungimento di una più alta forma di benessere sociale, ridestinando beni che un tempo sono stati appannaggio dell’economia criminale».

Il trionfo della legalità

«Sul tema dei beni confiscati – ha aggiunto – questa amministrazione è diventata un esempio su scala nazionale. Siamo da sempre convinti infatti che una proprietà sottratta al malaffare e che torna alla legalità producendo sviluppo, economia e socialità è la vittoria più grande per una comunità, non solo dal punto di vista simbolico ma anche sostanziale. Un segno di come l’amministrazione virtuosa dei beni tolti alla criminalità possa costituire un’occasione per far trionfare il bene di fronte alla prepotenza, alla prevaricazione ed alla violenza delle mafie».

Grandi passi in avanti

«Del resto – ha concluso il sindaco Falcomatà – sulla gestione di questi patrimoni abbiamo ingaggiato battaglie per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati. Uno strumento, quest’ultimo, di fondamentale importanza e che riconosce in uomini straordinari come Giuseppe Di Lello, magistrato ex componente del pool antimafia di Falcone e Borsellino, e Don Luigi Ciotti la propria fonte d’ispirazione. Da quell’esempio dobbiamo tratte la forza del pensiero successivo ed è, dunque, tempo di fare un passo avanti destinando parte del “Fondo unico della giustizia”, dove confluiscono i capitali confiscati alle ‘ndrine, alla ristrutturazione dei beni che, spesso, arrivano ai Comuni o alle associazioni privi di agibilità, incompleti o in stato di degrado e che devono essere quindi ristrutturati come oggi stiamo facendo, nel caso del bene di San Giovanni di Pellaro, attraverso l’utilizzo dei fondi europei».

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