I 39 scalini in scena al Vittorio Emanuele sino a domenica pomeriggio

I 39 scalini in scena al Vittorio Emanuele sino a domenica pomeriggio

I 39 scalini in scena al Vittorio Emanuele sino a domenica pomeriggio

giovedì 12 Marzo 2009 - 14:21

Queste spie degli anni '30 oggi fanno solo ridere e divertire

MESSINA (gi.gi.).- I 39 scalini (The thirty-nine steps) è uno dei più bei film del periodo inglese di Hitchcock. E’ una spy-story del 1935 in cui una donna viene accoltellata e nel cui delitto viene coinvolto casualmente un giovanotto che non c’entra nulla. Il suo continuo fuggire da un luogo all’altra dell’Inghilterra si protrarrà sino a quando non verranno catturati i veri colpevoli. Il titolo dell’opera allude ad una pericolosa setta di stampo nazista capitanata da un feroce professore senza scrupoli. Il thriller scritto da John Buchan, adattato da Patrick Barlow e messo in scena con ritmi frenetici da Maria Aitken, è stato accolto con entusiasmo dal pubblico del Vittorio Emanuele, in particolare da quel nutrito gruppo di sordi che tramite l’interpretariato di quattro donne-interpreti che s’avvicendavano in un lato del proscenio, hanno potuto capire e gioire, col solo movimento delle mani, di tutte le battute che gli attori pronunciavano sul palcoscenico. Certamente non era facile che solo quattro attori, Nini Salerno, Roberto Ciufoli, Barbara Terrinoni e Manuel Casella, potessero calarsi in un paio d’ore almeno in una decina di personaggi ciascuno, ma visti gli esiti felici, li si può annoverare nel parentado dei vari Fregoli e Brachetti. Come del resto non era facile che in un battibaleno si potessero spostare le varie location dell’azione, creando con alcune luci viola o rosa-fucsia atmosfere sinistre ed entrava in scena un lampione acceso o una porta fornita di stipite o quando tra fumogeni e rumori di treni i bagagli diventavano sedili d’uno scompartimento o della stazione di Edinburgo e quattro sedie uno sgabello e uno sterzo potevano tramutarsi in una comoda macchina a quattro posti e una lunga striscia di lenzuolo bianco poteva ben rappresentare un fiumiciattolo: raggiungendo lo spettacolo il massimo del non-sense e dell’ironia quando sul palchetto della scena di Ludovico Riario Sforza ( i costumi erano di Tony Gonzales e il disegno luci di Stefano Pirandello) veniva ucciso a colpi di pistola il capo della setta segreta e spirando Ciufoli diceva che moriva per mano d’un quinto attore non contemplato nel cast. Molti applausi finali e repliche al Vittorio sino a domenica pomeriggio.-Gigi Giacobbe

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