Riforma universitaria: incassato l' -ok- del Senato, l'esame passa adesso alla Camera. Il mondo universitario si prepara al cambiamento

Riforma universitaria: incassato l’ -ok- del Senato, l’esame passa adesso alla Camera. Il mondo universitario si prepara al cambiamento

Riforma universitaria: incassato l’ -ok- del Senato, l’esame passa adesso alla Camera. Il mondo universitario si prepara al cambiamento

venerdì 30 Luglio 2010 - 10:24

Dai ricercatori ai Cda nulla sarà come prima. E per gli studenti la Gelmini punta sul merito

L’Università italiana è ad un passo da un cambiamento radicale. Nonostante la dura e ferma opposizione di sindacati, ricercatori, studenti e professori, che in questi mesi hanno più volte ed attarverso varie forme di protesta osteggiato il provvedimento, il Ddl presentato dal ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, composto da 22 articoli, è stato approvato dal Senato. L’aula ha esaminato oltre 400 emendamenti, 80 dei quali presentati dalla maggioranza. Incassato l’ok a Palazzo Madama, l’esame passa adesso alla Camera.

Particolarmente soddisfatta la Gelmini , convinta più che mai si tratti di -un evento epocale che rivoluziona i nostri atenei e che permette all’Italia di tornare a sperare-. -L’università – ha aggiunto il Ministro – sarà più meritocratica, trasparente, competitiva e internazionale. Il ddl segna la fine delle vecchie logiche corporative: sarà premiato solo chi se lo merita-.

Analizziamo i punti salienti della Riforma, soffermandoci su alcune voci in particolare .

Ricercatori. Nonostante gli emendamenti apportati in corso di approvazione, è stato confermato il limite temporale di sei anni entro il quale i ricercatori dovranno riuscire ad abilitarsi all’insegnamento come professore associato. Se in quei sei anni non risciranno a fare il salto di categoria, non potranno più continuare l’attività accademica.

Cattive notizie anche per i precari della cultura : l’accesso alla docenza non prevede infatti deroghe o sanatorie per i circa 20mila attuali ricercatori a tempo determinato, che dovranno ripartire da zero e seguire il medesimo iter di coloro che entrano per la prima volta a far parte del mondo accademico, senza accessi privilegiati e con un numero di posti diponibili sempre più esiguo.

Quanto ai fondi pubblici per la ricerca, questi verranno assegnati sulla base di una valutazione tra pari: la procedura, introdotta da un emendamento proposto dal senatore Ignazio Marino, prevede che a valutare i progetti siano dei comitati composti per almeno un terzo da professionisti che lavorano all’estero, così da garantire l’obiettività del giudizio.

Professori ordinari. La riforma toccherà da vicino anche i professori ordinari, a partire da quelli a tempo pieno: per la prima volta saranno chiamati a svolgere attività formativa per almeno 1.500 ore nell’anno solare, di cui 350 di didattica. Per i docenti accademici inquadrati a tempo determinato, le ore di attività previste diventeranno 750: di queste, almeno 250 dovranno essere spese per la didattica.

Per chi fa attività didattica è prevista anche una valutazione: -I professori e i ricercatori – c’è scritto nel testo – sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte-. Se la relazione dovesse risultare negativa scatterà lo stop al previsto aumento stipendiale. Per quanto riguarda l’età pensionabile dei professori ordinari, il limite massimo è stato ridotto, ma di soli due anni: da 72 a 70. Per gli associati la soglia scende invece a 68 anni.

Concorsi. Novità in vista anche sul fronte concorsi. Le selezioni saranno affidate ad una commissione composta da quattro docenti ordinari estratti a sorte. Particolare attenzione sarà rivolta alla produzione da parte dei candidati di pubblicazioni, esperienze internazionali, didattica svolta: a verificarne la rilevanza sarà una commissione ad hoc che potrà -acquisire pareri scritti pro veritate sull’attività scientifica dei candidati da parte di esperti revisori in possesso delle caratteristiche-.

I vincitori delle procdure concorsuali otterranno l’abilitazione all’insegnamento ed entreranno a far parte di un’unica lista nazionale, da cui le università di tuto il territorio nazionale dovranno attingere i propri docenti. I professori da prescegliere saranno eletti a loro volta da una lista di docenti ordinari del settore disciplinare oggetto del bando e da un solo ordinario nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando.

Consigli d’amministrazione. Il ddl rivoluzionerà anche i Cda, dove andranno a sedere un minimo di tre esperti esterni. Ai Consigli di ammnistrazione spetterà soltanto la gestione dell’ateneo. Il senato accademico, invece, dovrà esaminare esclusivamente gli effetti della didattica e della ricerca. Negli atenei arriva poi per la prima volta la figura del -direttore generale-, a cui sarà affidato il delicato ruolo di gestione effettiva della struttura accademica.

Atenei. La riforma prevede l’accorpamento degli atenei più piccoli, al fine di ridurre le spese e migliorare l’offerta formativa. Ogni università potrà avere, ad esempio, non oltre 12 facoltà. Saranno spazzati via anche i mini-corsi accademici cui sono iscritti pochissimi studenti.

Vita dura avranno atenei, facoltà e dipartimenti accademici poco efficienti: in caso di seri problemi finanziari, scatterà il commissariamento. Le università che dirotteranno oltre il 90% dei finanziamenti statali (fondo di finanziamento ordinario) negli stipendi del personale, non potranno bandire concorsi. Infine, il 7% dei fondi che annualmente lo Stato trasferisce alle università verranno stanziati solo se darà l’assenso l’Anvur, la nuova Agenzia nazionale di valutazione dell’università, istituita di recente dal governo per classificare gli atenei in base al merito. All’Anvur, -nel rispetto del principio della coesione territoriale del paese-, spetterà in particolare verificare e valutare -i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attività svolte da ciascun ateneo-.

Meritocrazia. Secondo il ministro Gelmini, la vera svolta riguarderà la valorizzzione del merito, unico vero strumento che consentirà agli studenti di fare strada : attraverso le risposte a test nazionali standardizzati, i più meritevoli e competenti beneficeranno di un fondo statale, ma anche regionale ed eventualmente privato per l’erogazione di borse di studio. In questo caso non saranno previsti requisiti di reddito. Rimarranno in vita, comunque, le borse di studio rivolte agli studenti meno abbienti (appartenenti a famiglie al di sotto di 15mila euro).

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