Trasporti sullo Stretto, tra logiche di mercato e ipotesi dismissioni, disservizi e diritti violati

Trasporti sullo Stretto, tra logiche di mercato e ipotesi dismissioni, disservizi e diritti violati

Trasporti sullo Stretto, tra logiche di mercato e ipotesi dismissioni, disservizi e diritti violati

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lunedì 11 Luglio 2016 - 22:47

ocumento congiunto del circolo P.Impastato - PRC Messina e della Casa Rossa sulla questione dei traspoti nello stretto di Messina e sulle ultime vicende che hanno colpito le navi ferroviarie con conseguenze di disservizi e disagi.

L’ispezione della Capitaneria del 30 giugno scorso sulla nave traghetto Scilla e la “perentoria“ quanto confusionaria disposizione del 1° luglio del Gruppo RfI, che obbligò i passeggeri degli Intercity a scendere dai convogli durante la traversata sullo stretto e salire sul ponte della nave, sta producendo, in questi giorni, strascichi spiacevoli. L’azienda che inizialmente estese prontamente il provvedimento su tutte le navi, tornò su suoi passi, escludendo la nave Messina che tutt’ora è autorizzata ad effettuare il traghettamento con i passeggeri a bordo treno.

Secondo i sindacati e gli addetti ai lavori, l’ispezione della Capitaneria “fa riferimento ad ordinanze ministeriali risalenti agli anni 95/98 con cui si norma il “camperaggio” nelle navi Ro-Ro attraverso il divieto per i passeggeri di sostare nei veicoli motorizzati provvisti di serbatoio per il carburante, quindi, potenziali agenti infiammabili, pertanto è indispensabile una normativa ad hoc che disciplini la sicurezza nelle nostre navi traghetto che imbarcano treni ( un unicum nel mondo assieme alle NN/T che uniscono le coste di Puttgarden -DK- a quelle Danesi).

Ad intervenire sulla questione sono il circolo Impastato – PRC Messina e la Casa Rossa che hanno stilato un documento in cui elencano, tra le tante cose, le varie segnalazioni giunte da parte di utenti con disabilità. Dal 1° luglio in molti hanno disdetto le prenotazioni, altri sono stati costretti dagli uffici competenti di Trenitalia ed RFI a farsi rimborsare il biglietto e scegliere altre soluzioni, magari più costose. Tutto questo in spregio a tutte le normative.

“In questi giorni regna il caos. La nave Messina, programmata per caricare e scaricare quasi tutti gli InterCity da e per la Sicilia, non riesce per una questione di tempo ad imbarcare l’ICN 1959 che arriva a Messina alle 7:10 di mattina. Tanti disabili stanno subendo fortissimi disagi perché nonostante abbiano il biglietto, “per questioni di sicurezza” e per l’assenza di dispostivi idonei per assistere le persone a ridotta mobilità sulla nave l’assistenza non gli è garantita. Una vera e propria discriminazione! Inoltre tale è il livello di confusione che alcune “Sale Blu di RFI” del centro e del nord Italia, ovvero gli uffici che informano, prenotano e garantiscono i servizi di assistenza per queste persone in 230 stazioni italiane, in queste ore, rifiutano assistenze tout court da e per la Sicilia”.

Problemi di comunicazione o indicazioni dall’alto? Sono le prove generali per riproporre la famosa rottura di carico? Sono quesiti che si pongono i comunisti del circolo Impastato e della Casa Rossa: “Saremo maliziosi, ma dietro queste dinamiche scorgiamo in filigrana il tentativo, stoppato il 14 febbraio 2015 a Messina da una grande manifestazione, di attuare la rottura di carico, che a sua volta diventa l'elemento per innescare lo smantellamento completo dei treni a lunga percorrenza – lasciando in Sicilia i treni regionali – e per contrarre la flotta FS – rendendo operativa una sola nave: la “Messina”. E quali sarebbero le ricadute occupazionali? Abbiamo la netta impressione che la Sicilia resti sempre più isolata. Adesso, anche se in forma larvata, sotto attacco ci sono nuovamente i trasporti sullo Stretto. La progressiva disincentivazione all’utilizzo degli InterCity a causa di ritardi, vetustà di carrozze e locomotori e di sistematici guasti dell’aria condizionata in periodi torridi come questi, serve un ghiottissimo assist all’azienda che utilizzando l’arcinoto argomento del “calo passeggeri” taglia ancora servizi e risveglia parallelamente in città pruriti “neopontisti”. Una serrata lotta contro chi mira alla negazione della mobilità e al diritto alla continuità territoriale soprattutto per i soggetti più vulnerabili, però, non può non ravvisare nell’ultimo stadio di questi fenomeni i segni di una lontana malattia che ha trasfigurato via via le finalità e gli obiettivi sociali di un vettore pubblico come FSI contagiato dalle pericolose esigenze di mercato”.

Per Prc e Casa rossa ci sono un paio di segni inequivocabili di una riorganizzazione neoliberista e socialmente violenta dei principali asset strategici dello Stato., dalla privatizzazione in corso della concessione per gestire le aree commerciali di Cento Stazioni per un incasso di 1 mld di euro alla cessione a TERNA S.P.A. della rete elettrica ad alta tensione di proprietà di RFI per un valore di 757 milioni di euro;

“Politiche aziendali e di governo mirano così alla stabilità dello Stato debitore, garante del debito pubblico e privato, con una politica fiscale che utilizza le entrate per salvaguardare il debito sovrano e togliere alla spesa pubblica risorse ed ogni funzione sociale; un passaggio, questo, sancito con il pareggio di bilancio in Costituzione. Eppure è in tutt’altra direzione che dobbiamo andare! La legge 538/93 sancisce ad FSI il ruolo di vettore pubblico chiamato a garantire la continuità territoriale. A tal proposito ogni anno RFI incassa dallo Stato circa 1 mld di euro per svolgere questa funzione. Soldi della collettività che dovrebbero servire a rendere efficiente il servizio per tutti, da nord a sud del Paese. Invece l’azienda ragiona in termini esclusivamente privatistici di fatto non rischiando capitali propri, investendo i contributi esclusivamente in quei settori che possono garantire profitti facili e carriere per super-manager che si atteggiano ad imprenditori coi soldi pubblici. RFI non offre servizio ai pedoni per motivazioni tecniche sconosciute, Bluferries offre un servizio limitato, mentre la continuità territoriale viene affidata inspiegabilmente ai vettori privati che la garantiscono h24. Questo stato di cose va cambiato perché il diritto alla mobilità è un diritto di civiltà ed anche in questa direzione la lotta va impostata. Non possiamo assistere alla lenta consunzione del servizio pubblico e alle inderogabili esigenze aziendali di profitto in cui tutto è monetizzato e monetizzabile. Dobbiamo virare bruscamente”.

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