Il Caravaggio rubato, dal "cold case" al rapporto tra mafia e arte

Il Caravaggio rubato, dal “cold case” al rapporto tra mafia e arte

Alessandra Serio

Il Caravaggio rubato, dal “cold case” al rapporto tra mafia e arte

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domenica 12 Dicembre 2021 - 07:18

La mafia ha distrutto il Caravaggio rubato a Palermo nel '69? La tesi del procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia

“Caravaggio era un latitante, un assassino. Ma qualunque giudice di fronte ad un simile talento universale riconoscerebbe tutte le attenuanti esistenti”. E’ il procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia ad assolvere il pittore che ha consegnato a Messina le due “perle” che consegnano al MuMe un potenziale di attrattiva enorme e mai abbastanza sfruttato.

“Messina è una città di luci ed ombre, ma sicuramente questo Museo, che è uno dei più belli d’Italia, rappresenta una perla che la città ha il dovere di sfruttare meglio”, dice il capo degli inquirenti messinesi intervenendo al dibattito organizzato da “Cara Beltà” al MuMe e incentrato proprio sul giallo della “Natività” rubata a Palermo nel 1969 e mai più ritrovata. Un caso che De Lucia conosce bene per aver raccolto le dichiarazioni di Salvatore Cucuzza, pentito della famiglia mafiosa palermitana di Porta Nuova.

L’occasione è la presentazione del libro di Michele Cuppone, che ha ricostruito la genesi del quadro poi le indagini sul furto, attraverso soprattutto il lavoro della Commissione parlamentare antimafia, che ha tirato le fila delle diverse inchieste che si sono succedute negli anni.

La Commissione arriva alla conclusione che il quadro esiste ancora e che potrebbe essere recuperato, malgrado da quel giorno di ottobre del ’69 siano passati più di 50 anni e a parte una flebile traccia in Svizzera l’anno e non ci sono fino ad oggi altri spunti da seguire. I vari pentiti che ne hanno parlato, infatti, raccontano del furto commesso con l’assenso e la partecipazione di Cosa Nostra, ma non svelano chi lo ha commissionato né la sorte successiva. Molti, come Cucuzza, affermano addirittura che andò distrutta.

“La Commissione propende per una tesi ottimistica che tiene aperta l’inchiesta, ovvero che il quadro esista ancora, a differenza dei pentiti che dicono che l’opera venne distrutta nella incuria della criminalità. E’ una lettura interessante come interessante è ricostruire il rapporto di Cosa Nostra con l’arte, alla luce anche del cambiamento della stessa Cosa Nostra. Quella degli anni del furto è la Cosa Nostra di Bontade, certamente più “colta” di quella che poi prese il potere, quella dell’ala dei corleonesi. Ecco, indagare il rapporto di Cosa Nostra con l’arte, che è il canale attraverso il quale la mafia “parla” con lo Stato ci da indizi per inquadrarla: è una mafia “raffinata” in grado di trattare con lo Stato o è una realtà che non sa quello che fa? Dopo il caso della Natività rubata a Palermo, il salto è di parecchi anni all’attentato dei Georgofili, nella lettura di questo rapporto. Un luogo non noto a tutti se pur di grande richiamo, così come non è largamente noto San Giorgio al Velabro a Roma, rispetto ai tanti monumenti di maggior richiamo”, spiega De Lucia.

Maurizio De Lucia

Quello di sabato 11 organizzato al MuMue è l’ennesimo appuntamento della rassegna Cara Beltà, curato da Milena Romeo, che è riuscito a richiamare un discreto pubblico e centrare certamente l’obiettivo di mettere in campo una serie di iniziative di indubbio interesse, come questo libro di Cuppone che si legge come un giallo, malgrado la sicura erudizione e cura dei documenti che sta alla base del lavoro.

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